Tribunale Ordinario di Catanzaro, Sezione dei Giudici per le Indagini Preliminari, Ordinanza 7 ottobre 2004
Proc. Pen. n. 1518/01 RGNR – n. 8043/01 RG GIP – n. 891/01 Dec. Pen.
TRIBUNALE ORDINARIO DI CATANZARO
Sezione dei giudici per le indagini preliminari
Il presidente,
provvedendo sull’incidente di esecuzione nell’ambito del procedimento in oggetto;
a scioglimento della riserva formulata in udienza camerale;
Premesso in fatto
L’avv. Concetta Nunnari, del foro di Catanzaro, nella qualità di difensore di fiducia di omissis, nato a Catanzaro il 00.00.0000 ed ivi residente alla Via omissis, attinto dal decreto penale di condanna in epigrafe emarginato (emesso il 6 dicembre 2001, notificato il 18 aprile 2002 e divenuto esecutivo in data 8 maggio 2002), conseguentemente condannato alla pena di L. 6.250.000 di multa per il reato di cui agli artt., 81 c.p., 171 ter, comma 1, lett. e), e 171 octies L. 633/41, ha esposto quanto segue.
In data 18 marzo 2001, a seguito di controllo effettuato dalla Polizia Postale all’interno dell’esercizio commerciale CO.SE., del quale il omissis era gestore, veniva segnalato all’A.G. che il medesimo, in assenza di accordo con il distributore Stream Italia, diffondeva in pubblico, all’interno di detto locale commerciale, le immagini relative all’incontro di calcio Lazio-Juventus, pur essendo titolare di un abbonamento Stream per uso esclusivamente privato, utilizzando, così, per uso pubblico gli apparti di decodificazione costituiti da un decoder modello Italtel MPEG2 e Smart Card n. 000000000000000.
Il sostituto Procuratore della Repubblica di Catanzaro, dott. Francesco Raffaele, con richiesta del 23 ottobre 2001, pervenuta all’ufficio giudicante il successivo 26, chiedeva l’emissione di decreto penale di condanna per i reati di cui agli artt. 81 c.p., 171 ter comma , lett. e, 171 octies, L. 633/41.
Il decreto era emanato in data 6 dicembre 2001 e notificato il 18 aprile 2002.
Avverso il predetto decreto penale di condanna non veniva interposta opposizione, di tal che il medesimo diveniva definitivo in data 8 maggio 2002.
In merito alla condanna irrogata all’imputato era sottolineato quanto appresso.
Il reato di cui all’art. 171 octies, L. 633/41, è stato depenalizzato dal D.lgs. 15,11.00 n. 373, recante attuazione della direttiva CE sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato.
Ed invero, l’art. 1 dei citato D.lgs., nel chiarire l’ambito di applicazione della norma, include nel novero dei servizi ad accesso condizionato le trasmissioni televisive, cioè le trasmissioni via cavo o via radio,, anche via satellite, di programmi destinati al pubblico.
Il successivo art. 4, vieta l’installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi di cui all’art. 1, comma 1, lettera ovvero di ogni “apparecchiatura o programma per elaboratori elettronici concepiti o adottati al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l’autorizzazione del fornitore del servizio.
Infine, l’art. 6 della citata normativa, nel sanzionare la condotta di chi viola l’appena illustrato art. 4, prevede la sola sanzione amministrativa del pagamento di una somma nell’importo determinato, oltre al versamento di somma per ciascun dispositivo illecito.
Ebbene, addirittura una smart card pirata, in quanto idonea a consentire l’accesso in forma intelligibile ad un servizio protetto senza l’autorizzazione del fornitore, rientra nella definizione dei dispositivi illeciti di cui all’art. 1, lett. g) dei d.lgs. 373/00, vietati dall’art. 4 e sanzionati in via esclusivamente amministrativa, dall’art. 6 dello stesso decreto.
E dunque, a seguito della depenalizzazione dell’art. 178 octies, L. 633/41, le condotte di installazione ed utilizzo dei dispositivi illeciti a fini privati, cui la norma stessa collegava la sanzione penale, non appaiono corrispondenti a quelle sanzionate dal D.lgs. 373/00, e quindi, non sono punite neppure con la sanzione amministrativa.
Nella specie, poi, la condotta del condannato si era esaurita prima dell’entrata in vigore della norma depenalizzante, sicché doveva escludersi non solo l’applicabilità della sanzione penale, ma anche di quella amministrativa, poiché, a mente dell’art. 1, L. 689/81, nessuno può essere assoggettato ad una sanzione amministrativa se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione.
Quanto, poi, al reato di cui all’art. 171 ter comma 1, lett. E), anch’esso, in base alla novella di cui al D.lgs. 373/00, doveva ritenersi depenalizzato per effetto della norma menzionata.
Ciò, in quanto la mera trasmissione in pubblico di programmi codificati attraverso l’utilizzazione di abbonamenti ad uso residenziale non costituiva reato.
Ed invero, in tal senso si era pronunciata anche la Suprema Corte di Cassazione, la quale aveva ritenuto depenalizzate tutte le condotte di acquisizione, installazione o detenzione di apparecchi e strumenti idonei ad eludere i sistemi di protezione delle trasmissioni televisive codificate (Cass. Pen. sez. III, 28.11.02 n. 42561), ulteriormente suffragando anteriori pronunce di merito.
In considerazione di quanto sopra esposto, ritenendo che nel caso di specie, sussistessero i presupposti di cui all”art. 673 c.p.p., si chiedeva la revoca del decreto penale di condanna n. 891/01 emesso nei confronti di omissis, con ogni consequenziale provvedimento di legge, anche in ordine alla restituzione delle somme già versate a titolo di multa al Ministero della Giustizia.
OSSERVA e RILEVA
1. La situazione di fatto è pacifica ed incontestata.
Si è proceduto a carico di omissis per il reato di cui agli artt. 81 c.p. e 171 ter, comma 1, lett. e) e 171 octies della legge n. 633/41, in quanto egli, quale gestore di esercizio commerciale, in assenza di accordo con il legittimo distributore, perché abilitato alla ricezione in solo ambito familiare, trasmetteva un servizio televisivo criptato, ricevuto per mezzo di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni ad accesso condizionato.
In punto di fatto gli organi di Polizia Giudiziaria constatarono la presenza, nel pubblico esercizio, di un televisore che trasmetteva una partita di calcio mandata in onda dall’emittente Stream Italia, e rilevavano che la smart card inserita nel decoder connesso al predetto apparecchio televisivo era abbinata a contratto ad esclusivo uso domestico stipulato dal gestore.
3. In punto di diritto l’illecito è unitario e rileva nell’ambito della normativa richiamata, con le specificazioni che seguono.
La legge fondamentale, 22 aprile 1941 n. 633, in tema di “Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio” è stata più volte sottoposta ad interventi normativi non omogenei, la cui successione nel tempo ha ingenerato non pochi problemi esegetici.
Per quel che interessa, l’art. 14 della L. 18/8/2000 n. 248 ha sostituito l’art. 171 ter della legge citata con quello attualmente in vigore, il quale prevede al comma 1 lett. e) l’ipotesi contravvenzionale per la quale essenzialmente si è proceduto.
D’altro canto, gli artt. 4 e 6 del D.L.vo 15/11/2000 n. 373 hanno introdotto sanzioni amministrative in relazione all’uso improprio di strumenti atti a rendere possibile l’accesso a servizi criptati senza l’autorizzazione del fornitore dei servizio, e l’art. 1 della L. 7/2/2003 n. 22 ha aggiunto all’art. 6, co. I del D.L.vo 373/2000 un periodo finale in cui si prevede espressamente che alle condotte precedentemente sanzionate solo in via amministrativa fossero aggiunte le sanzioni penali e altre misure accessorie.
La diffusione a fini commerciali di trasmissioni criptate, in relazione alle quali l’accordo con il gestore era di tipo domestico integra, in forza di una giurisprudenza consolidata, il reato contestato di cui all’art. 171 ter, primo comma, lett. e) della legge richiamata.
La Corte Suprema di Cassazione, sez. III, con sentenza n. 31579 del 23/09/2002 (Cc. 17/05/2002 n. 00741) Rv. 222308 (Presidente: Savignano G. Estensore: Marini L. Imputato: Martina) nell’affrontare la problematica della configurabilità del reato di cui all’art. 171 ter della legge 22.4.1941, n. 633 relativamente alla disponibilità di scheda per l’accesso alla “pay tv” destinata ad utilizzo personale o familiare e specificamente, della utilizzazione presso un circolo privato gestito da altra persona con abusivo sfruttamento, ha statuito che “in tema di tutela del diritto d’autore, l’uso di una scheda elettronica (smart card) che consente la ricezione dei programmi televisivi a pagamento in un locale e nell’ambito dell’attività di un circolo privato, cui più persone accedono dietro pagamento di una quota associativa, configura il reato di cui all’art. 171 ter della legge 22 aprile 1941, n. 633, qualora il contratto posto in essere con la società di trasmissione dei programmi preveda l’uso strettamente personale e familiare di tale strumento, con esclusione di finalità commerciali.
Parimenti ha statuito Cassazione, sez. III, sentenza 18.05.2004 n. 23221, per la quale, “l’uso di una scheda elettronica (smart card), che consente la ricezione dei programmi televisivi a pagamento in un locale nei quale la gente accede a pagamento, configura il reato di cui all’art. 171 ter della L. 22/4/1941 n. 633, precisando che quando il contratto posto in essere con la società di trasmissione dei programmi preveda l’uso strettamente personale e familiare di tale strumento, inibisca l’esclusione di una qualunque utilizzazione a fini commerciali.
Vero è che la entrata in vigore, in data 30 dicembre 2000, del Decreto Legislativo 15-11-2000 n. 373 (di attuazione della direttiva 98-84 CEE sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato) ha inciso sulla normativa in esame. Detta normativa, con l’art. 1, da un lato definisce il servizio protetto, inteso come servizio di accesso condizionato; dall’altro, con la lettera g) del citato art. 1, individua come dispositivo illecito l’apparecchiatura o programma per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l’autorizzazione del fornitore del servizio. L’art. 4, 1 comma lett, a), D.Lvo 373/2000 proibisce, come attività illecite, la fabbricazione, l’importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio ovvero il possesso ai fini commerciali di dispositivi di cui all’art. 1, comma 1 lett. g) (ossia dei dispositivi atti a rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l’autorizzazione del fornitore del servizio).
Ed è vero ancora che l’attività illecita di cui all’art. 4 citato è sottoposta a sanzione amministrativa del pagamento di una somma pecuniaria, sicchè, dal momento che gli elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 171 octies, sono stati riprodotti negli artt. 1 e 4 D.Lvo 373-2000 (successivo alla introduzione dell’art. 171 octies, di cui all’art. 17 L.81-08-2000 n. 248) che prevede, con l’art. 6, l’applicazione della sola sanzione amministrativa, va affermato che, in base alla normativa vigente, il reato di cui all’art. 171 octies L. 633-41 e successive modifiche è stato depenalizzato [vedi anche Cass. Sez. III Sent. n. 1143 del 03-12-01 (cc 09-11-01) ricorrente Capra].
Ma l’argomentazione, ai fini del giudizio, non rileva in quanto il fatto in contestazione va qualificato ai sensi dell’art. 171 ter ed il richiamo al successivo art. 171 octies è ridondante e non pertinente: diversa è la fattispecie perché diverso è l’ambito applicativo del reato di cui all’art. 171 octies (come introdotto dall’art. 17 L. 18-08-2000 n. 248), concernente il possesso di materiale utilizzabile per realizzare fraudolentemente apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato.
4. In tali termini delineata la situazione di fatto, cristallizzata nel giudicato, e chiarito il profilo giuridico della vicenda, posto che l’illecito è riconducibile esclusivamente al disposto dell’art. 171 ter, primo comma, lett. e), della legge n. 633/40, nel testo vigente ed integra reato, insorge questione di costituzionalità della normativa in esame ed all’uopo risulta pertinente la normativa diversamente inquadrata.
In effetti, nel raffronto tra le due fattispecie, risalta l’iniquità del regime e la disparità di trattamento, sanzionato in via deteriore, rispetto a condotta di minor disvalore.
4.1 La questione è rilevante poiché investe la norma da applicare, che, se si reputasse legittima, comporterebbe, il rigetto dell’incidente, stante la persistenza della rilevanza dal fatto, quale illecito penale, nei termini condivisibilmente decisi dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata con la conseguente infondatezza della principale pretesa difensiva.
4.2 La questione non è manifestamente infondata.
Di particolare rilievo, in proposito, risulta la pronuncia delle SS.UU. della Cassazione in data 20 febbraio 2003 n. 33 (c.c. 18 dicembre 2002), n. 33 (Pres. Trojano –Rel. Gironi ? PM. Palombarini (concl. parz. diff.) – Scuncia) la quale, nel pronunciarsi sul tema delle attività illecite previste dall’art. 171?octies L. n. 663 del 1%1 e dall’art. 4 d.lgs. n. 373 del 2000 ha statuito che “limitatamente alle condotte tipiche sovrapponibili o sostanzialmente assimilabili elencate nei due testi normativi, coincidendo l’oggetto materiale delle stesse ed essendo l’elemento psicologico previsto dalla fattispecie di cui all’art. 4 d.lg. 15 novembre 2000, n. 373 comprensivo di quello previsto dalla fattispecie di cui all’art. 171?octies 1. 22 aprile 1941, n. 633, la prima ipotesi, presidiata da semplice sanzione amministrativa, deve ritenersi speciale rispetto alla seconda, penalmente sanzionata, contemplando quali elementi specializzanti il fine di commercio nonché la fornitura a pagamento del servizio ad accesso condizionato (nella specie trasmissioni televisive) e deve, pertanto, applicarsi in via esclusiva, a norma dell’art. 9 della l. 24 novembre 1981, n. 689 (1).
La Corte ha avuto modo di precisare che la conclusione cui è pervenuta, alla cui stregua l’ordinamento consentirebbe la permanenza nell’ambito dell’illiceità penale di comportamenti confinati nella sfera privata del soggetto agente o, comunque, non sorretti da fini di arricchimento patrimoniale e concernenti servizi erogati senza corrispettivo economico, sanzionando, invece, come illecito amministrativo condotte di evidente maggior disvalore giuridico e sociale perché lesive anche degli interessi patrimoniali degli erogatori dei servizi protetti ed attuate essenzialmente a scopo di lucro, autorizza fondati dubbi di legittimità costituzionale con riferimento all’art. 3 Cost. ma non ha sollevato la questione per difetto di rilevanza.
Nel caso di specie, ferma l’illiceità penale del fatto, emerge l’evidente rilevanza della questione, avuto riguardo alla irragionevolezza della disciplina da applicare al caso ed alla ingiustificata disparità di trattamento tra chi realizza un fatto di maggior disvalore, punito come illecito amministrativo, e chi realizza un fatto di minor disvalore, autore di un illecito penale e come tale sanzionato.
In effetti, chi versa in situazione di manifesta e totale pirateria elettronica, in quanto fraudolentemente produce, pone in vendita, importa, promuove, installa, modifica, utilizza per uso pubblico e privato apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica che digitale, è punito con sanzione amministrativa pecuniaria.
Chi invece, munito di regolare contratto e lecito detentore di siffatte apparecchiature, viola il contratto operando una diffusione ad utilizzo improprio, si espone a sanzione più grave, sicché, paradossalmente, un comportamento confinato nella sfera privata del soggetto agente o, comunque, non sorretto da fini di arricchimento patrimoniale e concernente servizi erogati senza corrispettivo economico, resta sottoposto a sanzione penale.
P. Q. M.
Visti gli gli artt. 1 della legge costituzionale n. 1/1948 e 23 della legge n. 87/1953;
provvedendo d’ufficio;
dichiara rilevante e non manifestamente infondata:
a) la questione di legittimità costituzionale del disposto dell’art. 171 ter, primo comma, lett. e) della legge 22 aprile 1941 n. 633, nel testo vigente, in relazione all’art. 3 Cost., in quanto prevede come illecito penale il fatto di chi, gestore di esercizio commerciale, in assenza di accordo con il legittimo distributore, perché abilitato alla ricezione in solo ambito familiare, trasmetta un servizio televisivo criptato, ricevuto per mezzo di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni ad accesso condizionato, rispetto a chi non sia munito di alcun regolare contratto e non sia lecito detentore di apparecchiature, sicché chi opera una diffusione ad utilizzo improprio si espone a sanzione più grave, mentre, paradossalmente, la condotta di disvalore più grave resta sottoposta a meno grave sanzione amministrativa.
Dispone che a cura della Cancelleria copia della presente ordinanza venga notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei Deputati, al pubblico ministero ed all’imputato.
Ordina la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e sospende il presente procedimento.
Così deliberato in Catanzaro, addì 7 ottobre 2004
Il cancelliere Il presidente
(Anna Sorridente) (Antonio BAUDI)
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