Trib. Verona Ord. 9 marzo 2003

Tribunale civile di Verona

Ordinanza del 9 marzo 2003

Il Giudice designato per la trattazione del procedimento cautelare promosso ante causam, sciogliendo la riserva di cui al verbale di udienza del 28 febbraio 2003, esaminati gli atti ed i documenti di causa, osserva quanto segue.

I.                     L’ A.C. Chievo Verona s.r.l. ha chiesto, con un ricorso ex art. 700 c.p.c., che venisse inibito alla Telecom Italia Mobile s.p.a. e alla A.N.S.A. la trasmissione e la diffusione sui telefoni cellulari con tecnologia GPRS, nonché con qualsiasi altro genere di tecnologia sui mezzi di comunicazione mobile, di immagini, statiche e/o in movimento, della partita di calcio Chiedo/Inter del giorno 15 febbraio 2003 alle ore 18.00 e inibiva la trasmissione e la diffusione sui telefoni cellulari con tecnologia GPRS, nonché con qualsiasi altro genere di tecnologia sui mezzi di comunicazione mobile, di immagini delle partite casalinghe del Chievo Verona s.r.l., deducendo che la TIM -che ha acquisito, a fronte di un elevato corrispettivo, i diritti di diffusione attraverso telefono cellulare delle partite casalinghe del Campionato di calcio italiano organizzate da talune squadre- ha la pretesa di fare identico uso, senza chiedere alcuna autorizzazione al   Chievo Verona s.r.l., anche delle immagini delle partite casalinghe da questo organizzate e, in relazione alle quali, il Chievo Verona s.r.l., aveva ceduto in esclusiva alla MP WEB, che era in procinto di entrare sul mercato, i diritti di sfruttamento economico delle immagini. Peraltro, la società ricorrente, sosteneva che la diffusione da parte della TIM di immagini audiovisive (i c.d. MMS e, cioè, i Multimedia Message Service su piattaforma GPRS) delle partite casalinghe del Chievo Verona s.r.l., in formato slideshow (sequenza di fotogrammi scattati in tempi ravvicinati tra loro) e in tempo reale (o in near live e cioè in leggera differita), non rappresentando un legittimo esercizio del diritto di cronaca e integrando un’ipotesi di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 n.2 c.c., provocava “una turbativa nelle relazioni contrattuali altrui” e generava “un pregiudizio patrimoniale sofferto dal titolare del diritto di credito”, esponendo “il Chievo Verona s.r.l. a possibili azioni da parte di MB WEB, quest’ultima in procinto di entrare sul mercato proprio facendo uso dei diritti GPRS che impunemente TIM continua a pubblicizzare e utilizzare”.

II.                  Nell’immediatezza della partita casalinga Chievo Verona/ Inter del 15.2.2003, il Giudice designato emetteva, inaudita altera parte, il provvedimento cautelare richiesto e fissava l’udienza di comparizione delle parti nel corso della quale i resistenti si costituivano ritualmente in giudizio chiedendo il rigetto delle domande attoree ed evidenziando le omissiva, infondata e in veritiera prospettazione in fatto della società ricorrente.

III.                La Telecom Italia Mobile s.p.a. deduceva, in rito, a) l’incompetenza territoriale del giudice adito in quanto, avuto riguardo a ciascuno dei diversi criteri di collegamento suscettibili di determinare la competenza territoriale, sussisteva rispetto a ciascuno di essi la competenza territoriale del Tribunale di Roma, b) il difetto di legittimazione attiva della società ricorrente in quanto, se il diritto che il Chievo Verona s.r.l. intendeva tutelare in via d’urgenza nel presente giudizio era il diritto allo sfruttamento economico delle partite di calcio – come sembrava emergere dalla confusa ricostruzione di parte ricorrente – anziché il diritto di credito conseguente e connesso al contratto dalla stessa sottoscritto con MB WEB, la stessa era allora carente di legittimazione attiva, e c) l’inammissibilità del provvedimento inibitorio ex adverso richiesto, dato il rimedio non generale dell’inibitoria. Sosteneva, nel merito, l’assoluta insussistenza del fumus boni iuris  della domanda cautelare proposta (atteso che, contrariamente a quanto sostenuto dalla società ricorrente in una rappresentazione dei fatti artatamente fuorviante ed in veritiera, il servizio “ SERIE A TIM LIVE” – oggetto di censure da parte della società ricorrente- non rappresentava lo sfruttamento economico di un evento spettacolare bensì il legittimo esercizio del diritto di cronaca, come tale mai censurabile. La Telecom Italia Mobile s.p.a. sosteneva che, in virtù di uno specifico contratto, ANSAWEB forniva alla TIM un prodotto composto da fotografie e news relative alle partite di calcio di alcune squadre partecipanti al campionato di calcio di serie A (attualmente solo Juventus, Torino, Inter, Milan, Lazio e Roma) allo scopo di fornire un aggiornamento sui risultati parziali dell’incontro in occasione della realizzazione di ciascun goal: tecnicamente il servizio consisteva nell’invio di una serie di frames, quali la copertina del servizi, il risultato parziale della partita, tre immagini fisse di diverso contenuto, non in sequenza, relative al goal realizzato (una relativa all’azione, una successiva al goal e un primo piano del calciatore che ha segnato ed il commento in formato testo) e l’assoluta insussistenza del periculum in mora (atteso che il pregiudizio lamentato dalla società ricorrente e di cui verrà chiesto il risarcimento nel successivo giudizio di merito – esposizione del “Chievo Verona s.r.l. a possibili azioni da parte di MP WEB, quest’ultima in procinto di entrare sul mercato proprio facendo uso dei diritti GPRS che impunemente TIM continua a pubblicizzare e utilizzare” – era collegato alla lesione di un diritto di credito, vantato dal Chievo Verona s.r.l. nei confronti della MP WEB in virtù del contratto di cessione dei diritti di sfruttamento economico delle immagini delle partite casalinghe, e consisteva in un danno di carattere patrimoniale per sua natura pienamente risarcibile tenuto, altresì, conto delle dimensioni e consistenze economiche delle società resistenti).

IV.                L’ANSA coop.a.r.l. deduceva, in rito, l’incompetenza territoriale del giudice adito in quanto, avuto riguardo a ciascuno dei diversi criteri di collegamento suscettibili di determinare la competenza territoriale, sussisteva rispetto a ciascuno di essi la competenza territoriale del Tribunale di Roma, e, nel merito l’insussistenza del fumus boni iuris della domanda cautelare attorea in quanto, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente la quale ha prospettato che i servizi MMS Calcio di TIM venivano realizzati attraverso la trasmissione di sequenze di immagini in movimento con la tecnica delle slide-show, gli MMS oggetto della presente controversia diffondevano una o due immagini dell’evento, statiche e non in sequenza tra loro (non riproducenti in alcun modo l’azione) a corredo dell’informazione testuale e venivano inviate quasi sempre a fine partita e a notevole distanza di tempo dell’evento raffigurato, tutto ciò nell’esercizio del diritto di cronaca e senza alcuna lesione di diritti di sfruttamento economico altrui. L’A.N.S.A. precisava di aver scientemente scelto, nella realizzazione del sevizio “SERIE A TIM”, di non impiegare la tecnica degli “slideshow”, ovvero fotografie scattate in sequenza in tempi ravvicinati tra loro, idonee queste, ad evocare il movimento e l’”evento”, in quanto potendo essere assimilate alla videoclip di un’azione necessitavano per la loro diffusione, la titolarità del diritto di sfruttamento economico. Deduceva, infine, l’insussistenza del periculum in mora  per difetto dell’irreparabilità del pregiudizio avendo, il diritto vantato dal Chievo Verona s.r.l. nei confronti della cessionaria dei diritti allo sfruttamento economico, contenuto patrimoniale con conseguente piena risarcibilità dei danni conseguenti e non essendo stato prospettato alcun rischio di lesione interessi non patrimoniali.

V.                  La ricorrente, sollecitata nel corso dell’udienza di comparizione a prendere posizione sulle eccezioni avversarie di incompetenza territoriale del giudice adito ed a fornire chiarimenti, uscendo dell’ambiguità, sulla natura del diritto a cautela del quale aveva chiesto la tutela d’urgenza – diritto di credito avente la sua fonte nel rapporto contrattuale concluso con la MP WEB, cessionaria del diritto di sfruttamento economico delle immagini delle partite casalinghe del Chievo Verona s.r.l., oppure proprio diritto assoluto allo sfruttamento economico delle predette immagini – e sulla natura del pregiudizio lamentato, nella memoria autorizzata del 3.3.2003 ha dedotto, in ordine a questi ultimi due profili, a) la sussistenza in capo a sé di un diritto assoluto ed esclusivo – allo sfruttamento commerciale delle immagini degli eventi sportivi da esso organizzati – leso dalla TIM e dall’A.N.S.A. le quali, ponendo in essere atti di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 n. 2 c.c. (appropriazione dei pregi sotto forma di appropriazione dei prodotti altrui) e n. 3 (contrarietà alla correttezza professionale), non facevano cronaca ma svolgevano attività di sfruttamento commerciale delle partite di calcio organizzate dal Chievo Verona s.r.l., da quest’ultimo non autorizzata e quindi lesiva del suo diritto assoluto e b) la irreparabilità del danno che coincideva con la perdita definitiva dell’esclusiva con preclusione per “il Chievo Verona s.r.l., in via definitiva ed irreparabile, della facoltà di scegliere il soggetto cui cedere il diritto esclusivo per il futuro” (cfr. pag. 22 della memoria 3.3.2003).

VI.                Alla luce di quanto emerso dagli scritti difensivi delle parti questo giudicante ritiene che non ricorrono i presupposti, in ragione della infondatezza della domanda cautelare proposta, per la conferma del provvedimento cautelare emesso inaudita altera parte.

VII.             Preliminarmente e pregiudizialmente deve affermarsi la competenza territoriale del giudice adito quale giudice del locum commissi delicti in relazione al fatto illecito dedotto dalla ricorrente. Al riguardo si osserva che, in termini generali, la competenza territoriale nel caso di fatto illecito è disciplinata, nel nostro ordinamento, dal codice di procedura civile che prevede, in capo all’attore, la facoltà di scegliere di adire il giudice del luogo in cui il danneggiante ha la residenza, il domicilio o in via residuale, la dimora (art. 18 e 19), ovvero, alternativamente, quello del luogo in cui l’obbligazione “è sorta o deve eseguirsi” (art. 20). Ai sensi di quest’ultimo articolo l’attore, in caso di fatto illecito, ha a disposizione due criteri alternativi: quello del forum commissi delicti e quello del forum destinatae solutionis. Questo secondo criterio si rivela peraltro inutile in quanto comporta la competenza del giudice del luogo in cui il debitore ha il domicilio al tempo della scadenza dell’obbligazione (operando, in proposito, l’art. 1182 comma 4 c.c.), così come nella maggior parte dei casi ai sensi degli artt. 18 e 19 c.p.c.. Pertanto, il solo criterio che consente, in caso di fatto illecito, la individuazione di un foro territoriale alternativo al domicilio del danneggiante è quello del forum commissi delicti, in relazione al quale la Suprema Corte, in un recente ordinanza emessa in occasione della proposizione di un regolamento di competenza in materia di diffamazione a mezzo Internet (8 Maggio 2002 n. 6591), ha sancito una serie di principi suscettibile di applicazione generale in tema di competenza territoriale a conoscere di tutte le fattispecie di illecito extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c.. Prima di tale autorevole intervento giurisprudenziale in materia di fatto illecito commesso in rete – particolarmente significativo in un momento storico caratterizzato da una massiccia diffusione di nuove tecnologie della comunicazione (in particolare la diffusione attraverso Internet di immagini, testi scritti, filmati, materiali sonori consente di raggiungere in pochi istanti milioni di personale collegate ad un terminale ed ubicate in ogni parte del mondo), dal conseguente verificarsi di fatti illeciti con danni territorialmente diffusi e dalla inadeguatezza degli strumenti normativi tradizionali a regolamentare tutti gli aspetti di tali complessi fenomeni telematici – la giurisprudenza si era divisa tra quanti sostenevano che in virtù del predetto criterio, “la competenza spetta al giudice del luogo in cui si trova il server sul quale sono caricate la pagine contenenti le dichiarazioni diffamanti, salvo che manchino prove certe riguardo all’ubicazione del server, nel qual caso la competenza va radicata presso il foro del luogo di residenza del danneggiante” (cfr. Trib. Lecce 24.2.2001), “il comportamento da reprimere non consiste nella disponibilità sulla rete del sito in cui perpetra la violazione, ma nella predisposizione del sito stesso e nella sua gestione” (cfr. Trib. Verona 22.6.2001). La Suprema Corte, ponendo fine alle incertezze ed adottando una soluzione interpretativa ampiamente motivata, articolata e condivisibile, ha ritenuto che “in materia civile il luogo rilevante, ai fini del sorgere dell’obbligazione risarcitoria da fatto illecito, e quindi del foro facoltativo di cui all’art. 20 c.p.c., non è il luogo dell’evento illecito ma il luogo del danno conseguente (o se si vuole del successivo evento di danno), per cui proprio dal coordinamento dell’art. 20 c.p.c. e degli artt. 2043 e 2059 c.c., si giunge alla suddetta interpretazione, senza la necessità di un ulteriore intervento legislativo”. Pertanto il locus commissi delicti coincide con il luogo in cui il fatto illecito genera realmente il danno economico (inteso quale danno-conseguenza o evento di danno patrimoniale o non patrimoniale) cosicché, in caso di danneggiato-imprenditore, tale luogo coincide con il luogo in cui ha sede l’impresa in cui si sono verosimilmente prodotti i danni. Tale soluzione interpretativa a) fa sì che la causa venga incardinata dove l’illecito è giunto a compimento causando concretamente il danno; b) impedisce ad entrambe le parti in causa di compiere attività di forum shopping e si precostituisce il giudice naturale territorialmente competente e c) evita che il danneggiato debba sopportare spese legate alla necessità di individuare il luogo di gestione del sito nonché il rischio di non riuscire in tale individuazione, e appare pienamente in linea e armonia con l’evoluzione normativa comunitaria – v. il riferimento al “luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto” utilizzato dall’art. 5 n. 3 della convenzione di Lugano 16(?).9.1988 sulla giurisdizione ratificata dalla L. 10.2.1992 n. 198 analogamente all’art. 5 n. 3 della convenzione di Bruxelles del 27.9.1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e, recentemente, l’art. 5 n. 3 del regolamento comunitario n. 44/2001 che ha previsto che la persona domiciliata nel territorio di uno stato membro può essere convenuta in un altro stato membro “in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti al giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire”. Nel caso sottoposto all’esame di questo giudicante si ritiene che sebbene la società ricorrente abbia dedotto, dapprima, che la condotta lesiva delle società resistenti potrebbe causare dei danni sotto forma di possibili reazioni contrattuali della MP WEB – esponendo “ il Chievo Verona s.r.l. a possibili azioni da parte di MP WEB, quest’ultima in procinto di entrare sul mercato proprio facendo uso dei diritti GPRS che impunemente TIM continua a pubblicizzare e utilizzare” (cfr. pag. 22 della memoria 3.3.2003), deve comunque affermarsi che competente a conoscere della domanda risarcitoria per i danni–conseguenze è il Tribunale di Verona, città dove ha sede la società del Chievo Verona s.r.l., luogo in cui dovrebbero verosimilmente verificarsi i danni futuri paventati dalla società ricorrente.

VIII.           Dall’esame della memoria autorizzata di parte ricorrente del 3.3.2003 si evince che il Chievo Verona s.r.l. ha posto alla base della domanda cautelare proposta ante causam la lesione, ad opera delle condotte di concorrenza sleale delle società resistenti, del suo diritto, assoluto ed esclusivo, allo sfruttamento commerciale delle immagini delle partite di calcio da esso organizzate allo stadio “Bentegodi” di Verona. In realtà, dall’esame della stessa documentazione prodotta dalla società ricorrente, emerge l’infondatezza di una simile domanda in ragione dell’insussistenza, attuale, del predetto diritto in capo al Chievo Verona s.r.l. Al riguardo si osserva che in data 22(?).9.2002 la Plusmedia Trading s.r.l. (PMT) ha stipulato, per se stessa e in nome e per conto dell’A.C. Chievo Calcio s.r.l., un contratto (cfr. doc. 13 fasc. ricorr.) con cui PMT ha ceduto a MP WEB la licenza esclusiva d’uso dei diritti concernenti le clips delle partite del Chievo Verona s.r.l. “disputate nel periodo di durata compreso tra le stagioni 2002/2003 e 2007/2008, al fine di utilizzarle e sfruttarle liberamente mediante Tecnologia di Comunicazione Mobile, anche mediante la concessione in sublicenza a terzi. In qualità di licenziatario esclusivo dei suddetti diritti, MP WEB avrà pertanto il libero esercizio di ogni facoltà e diritto (ma non l’obbligo) di sfruttale le immagini delle Partite per produrre clips e distribuirle a terzi, al fine di consentirne la ricezione finale su terminali mobili…i diritti licenziati alla sola MP WEB e ai suoi aventi causa ai sensi del presente contratto includono senza limitazioni anche tutti i diritti riferiti a: le immagini fisse e/o i commenti audio delle Partite; (ii) le immagini delle partite destinate a scopi informativi o di cronaca che potranno essere gestiti dalla sola MP WEB o di suoi cessionari” (cfr. clausole n. 2.1 cit. contratto). In forza di tale contratto la Plusmedia Trading s.r.l. ha assunto un preciso obbligo di garanzia per fatto di terzi – “a tutela di tale esclusiva PMT garantisce che le squadre vieteranno espressamente ai terzi (agenzie, emittenti, fotografie, ecc.) qualsiasi diffusione, distribuzione o veicolazione di morta, mediante Terminali Mobili, di immagini trasmesse con modalità in contrasto con i diritti oggetto del presente contratto, compresa la veicolazione a Terminali Mobili di immagini delle partite fisse o in movimento anche solo a titolo sperimentale, gratuito o di cronaca o di immagini delle partite realizzati in forma grafica, animata e non” – nei confronti della MP Web mentre le squadre di calcio, nella specie il Chievo Verona s.r.l., si sono unicamente impegnate “a non tollerare in alcun modo l’operato di terzi che possa in alcun modo risultare in concorrenza con i legittimi utilizzi delle clips da parte di MP WEB e dei suoi aventi causa e ad assistere MP WEB nelle azioni da essi intraprese a tutela dei propri Diritti” (cfr. clausola n. 23 cit. contratto). E’ evidente che con la conclusione del predetto contratto l’unico titolare del diritto allo sfruttamento commerciale delle immagini delle partite di calcio casalinghe del Chievo Verona s.r.l. è la MP WEB o i suoi aventi causa, dovendo il Chievo Verona s.r.l. soltanto non tollerare l’operato di terzi in concorrenza con i predetti cessionari (il Chievo Verona s.r.l., deve dunque, in caso di ritenuti atti di concorrenza sleale, porre in essere iniziative stragiudiziali di divieto e diffida ma non può in alcun modo agire in giudizio per la tutela di diritti di cui con ha, al momento del ricorso, alcuna titolarità) e potendo, eventualmente, assistere MP WEB o i suoi aventi causa nelle azioni da questi ultimi, e solo da questi, intraprese a tutela dei propri Diritti. Dunque, attesa l’attuale inesistenza del dedotto diritto allo sfruttamento commerciale delle immagini delle proprie partite casalinghe in capo alla società ricorrente deve procedersi al rigetto, nel merito, della domanda cautelare proposta –e non alla declaratoria, in rito, di difetto di legittimazione attiva come richiesto dai resistenti in quanto sussiste carenza di legittimazione attiva (la quale, insieme con l’esistenza del diritto e l’interesse ad agire, costituisce una delle condizioni per la proposizione di un’azione giudiziaria) allorquando taluno, al di fuori dai casi si sostituzione processuale espressamente previsti dalla legge, faccia valere in nome proprio un diritto altrui, ma non anche quando agisca a tutela di un diritto altrui prospettandolo come proprio. Sicchè, in tale ultimo caso, quando già nella domanda risulti l’inesistenza in capo all’attore del diritto da lui vantato, la domanda deve essere rigettata come infondata per inesistenza del diritto dell’attore e non per mancanza di legittimazione ad agire. Cfr. Cass.civ. sez. I, 29 aprile 1998, n.4364). Quanto alla prospettazione della domanda cautelare contenuta nel ricorso introduttivo – lesione del diritto di credito vantato dal Chievo Verona s.r.l. nei confronti della MP WEB – questo giudicante osserva che, anche qualora la società ricorrente non avesse precisato la proprio domanda nei termini di cui sopra, la domanda cautelare sarebbe stata comunque rigettata, senza bisogno di entrare nel merito del fumus boni iuris della stessa, per insussistenza del periculum in mora in quanto i danni futuri ed incerti prospettati dalla ricorrente –eventuali reazioni contrattuali della MP WEB- sono ipotetici, generici e neppure precisati dalla successiva memori integrativa autorizzata (peraltro, ai sensi della clausola n. 2.3 del cit. contratto, la MP WEB potrà eventualmente reagire nei confronti della sola PTM, che ivi ha assunto un preciso obbligo di garanzia per fatto di terzi, mentre nessuna violazione contrattuale potrà essere imputata al Chievo Verona s.r.l. tanto più che, nel caso in esame, quest’ultimo non ha certo tollerato –avendo espresso stragiudizialmente la propria contrarietà alla raccolta e diffusione delle immagini de quibus – la condotta da esso ritenuta integrante atti di concorrenza sleale posta in essere dalle società resistenti).

IX.                In ragione della soccombenza, la società ricorrente deve essere condannata rifondere alla Telecom Italia Mobile s.p.a ed all’A.N.S.A. le spese del presente procedimento che, tenuto conto del valore della causa, dell’attività processuale svolte e alla natura e complessità delle questioni trattate, si stima congruo liquidare in complessivi euro 5.240,00 di cui euro 4.500,00 per onorari, oltre IVA E CPA, in favore di ciascuno dei resistenti.

 

P.Q.M.

 

1.       Rigetta la domanda cautelare proposta del Chievo Verona s.r.l. nei confronti della Telecom Italia Mobile s.p.a e dell’A.N.S.A. e per l’effetto revoca il provvedimento emesso inaudita altera parte in data 14 febbraio 2003;

2.       condanna il Chievo Verona s.r.l. a rifondere a Telecom Italia Mobile ed all’A.N.S.A. le spese del procedimento che si liquidano in complessivi euro 5.240,00 di cui euro 4.500,00 per onorari, oltre  IVA e CPA, in favore di ciascuno dei resistenti.

Verona, 9 Marzo 2003

Il Giudice

Dott.ssa Agnese Di Girolamo

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