TRIBUNALE DI AREZZO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Arezzo, Sezione Penale, in composizione monocratica, in persona del Dr.
Giampiero Borraccia, Magistrato all’udienza del 18/3/03 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nei confronti di: V.F. , nato ad XXXX il XXXXXXXXXX, residente in XXXXXXXXXXXXXXXXXX – elettivamente domiciliato in Arezzo presso studio Avv.
Marco Amatucci LIBERO- CONTUMACE
Difensore di fiducia Avv. Marco Amatucci del Foro di Arezzo.
IMPUTATO A) del reato p. e p. dall’art. 171 bis legge 633/1941 perché riproduceva, trascriveva, diffondeva ponendo altrimenti in commercio un’opera altrui e nella fattispecie software e materiale ludico sonoro tramite rete internet costituito da 35 Cd-Rom masterizzati riproducenti programmi gioco per la Play Station.
B) del reato p. e p. dall’art. dall’art. 648 c. p. perché, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, acquistava o comunque riceveva con la consapevolezza della provenienza delittuosa i dischi di cui al capo A).
Fatto commesso in Arezzo in data antecedente al 24/8/2001.
CONCLUSIONI P. M.: riqualificato il reato sub a) in quello ex art. 16 L. 248/00 richiede la sanzione amministrativa di Euro 155,00 e la confisca e la distruzione del materiale in sequestro e la pubblicazione su un quotidiano; per il capo b) richiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste.
Difensore: richiede per il capo a) l’applicazione della sanzione amministrativa; per il capo b) richiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste.
FATTO E DIRITTO
Con decreto del P. M. di Arezzo del 24. 7. 2002 veniva tratto a giudizio V. F. per rispondere dei reati in epigrafe.
All’udienza del 16.1.2003, venivano ammesse le prove richieste dalle parti ed in particolare l’esame dei testi di lista e dell’imputato.
Nel corso dell’istruttoria venivano escussi l’agente Ciresa e l’assistente Giordano, entrambi della Polizia Postale e delle Comunicazioni, il P.
M. produceva l’elenco dei compact disc sottoposti a sequestro ed infine le parti rinunciavano all’esame dell’imputato.
All’esito del dibattimento il Giudice, sulle conclusioni delle parti come in epigrafe riportate, decideva come da separato dispositivo del quale si dava lettura in udienza.
L’assistente Giordano ha riferito che a seguito di indagini esperite a Roma per la vendita di software presumibilmente piratato vennero rinvenuti, in sede di perquisizione a carico di tale D. L., 350 bollettini relativi alla spedizione in contrassegno a più soggetti di software mediante corriere SDA.
Destinatario di una di queste spedizioni era l’odierno imputato il quale era incluso in una mailing list detenuta dall’indagato D. e risultava aver acquistato diversi CD per un importo di £.88.000.
Al fine di accertare il ruolo dei destinatari delle spedizioni, vennero interessate le sezioni di Polizia Postale competenti per territorio tra cui quella di Arezzo che richiese personale tecnico al compartimento di Firenze insieme al quale eseguì una perquisizione nell’abitazione di XXXXXXXXXXX di V..
Come riferito dall’agente Ciresa furono rinvenuti, nella stanza dell’imputato vicino ad una consolle “PlayStation” della SONY, circa 30-35 cd che furono sottoposti a sequestro e che a seguito di successive analisi risultarono contenere copie masterizzate di video games per “PlayStation” tutti in copia singola e contrassegnati con il nome del gioco e le iniziali del possessore (cfr.elenco prodotto dal P. M., redatta dal teste in sede di indagini, e verbali di perquisizione e sequestro in data 24.8.2001).
Il teste ha precisato infine che all’interno dell’abitazione non vennero rinvenuti né computer né masterizzatori.
Da questi primi elementi sembra potersi desumere agilmente che l’imputato ha acquistato dal coimputato D.al prezzo di £. 88.000 n.
34 CD masterizzati contenenti video games per consolle “PlayStation” non originali e pertanto privi del contrassegno SIAE.
Sembra altresì pacifico, per la collocazione dei CD vicino alla consolle e per il fatto che l’imputato non detenesse apparecchiatura idonea alla loro duplicazione, che i supporti venissero utilizzati da V.al solo scopo di farne uso personale e cioè di giocare con la consolle in suo possesso.
Deve escludersi pertanto che l’imputato abbia riprodotto, trascritto, diffuso o altrimenti posto in commercio tramite la rete Internet il software contenuto nei CD, così come gli è stato contestato al capo A dell’imputazione, né che egli detenesse i CD per scopo commerciale o imprenditoriale.
Queste considerazioni consentono senza dubbio di escludere la responsabilità dell’imputato in ordine al reato di cui all’art.171 bis della legge sul diritto d’ autore.
Un maggiore approfondimento richiede invece la condotta posta in essere da V., chiaramente accertata nel corso del dibattimento, relativa all’acquisto di CD contenenti copie masterizzate di video games protetti dal diritto d’autore.
Dal punto di vista dello svolgimento storico dei fatti non occorre effettuare ulteriori indagini, mentre sono necessari alcuni approfondimenti in ordine alla qualificazione giuridica della condotta dell’imputato alla luce della complessa legislazione in materia di tutela di diritto d’autore relativa ai programmi per elaboratore così come delineata con la recente l.18.8.2000 n. 248 che ha apportato notevoli modifiche alla legge del diritto d’autore, sulla quale, nelle more della pubblicazione della sentenza, è ulteriormente intervenuto il legislatore con il d.l.vo 9 aprile 2003, n.68 (Attuazione della direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione).
Anzitutto occorre chiarire se i supporti trovati in possesso dell’imputato debbano o meno qualificarsi come programmi per elaboratore trattandosi di CD utilizzabili esclusivamente mediante consolle per giochi.
Sul punto sembra potersi dare risposta positiva per due ordini di motivi, uno di ordine empirico e l’altro più strettamente giuridico.
E’ infatti noto che dal punto di vista dell’utente normale non è apprezzabile la differenza tra l’esecuzione di un videogame mediante elaboratore elettronico oppure attraverso una consolle di giochi, sebbene quest’ultima non presenta le potenzialità elaborative del computer e di norma si limita ad eseguire il programma (video game) direttamente sul supporto (cd).
E’ peraltro risaputo che le case software realizzano frequentemente lo stesso prodotto in più versioni a seconda che siano eseguibili su elaboratore elettronico (personal computer) o consolle per giochi (nelle differenti versioni presenti in commercio: Playstation, Gamecube, Xbox etc.).
Queste ultime, a loro volta, per la continua evoluzione della tecnologia tendono più ad assomigliare ad un vero e proprio elaboratore che non ad una semplice stazione ludica poiché è data la possibilità ad esempio di visualizzare supporti DVD video e di connettersi ad Internet ed esistono in commercio addirittura dei kit aggiuntivi che consentono di trasformare la consolle in vero e proprio personal computer con disco rigido, mouse, tastiera e sistema operativo.
Il secondo motivo per cui sembra corretto qualificare i video giochi per consolle come veri e propri programmi si desume dalla normativa tecnica dettata dal D.P.C.M.11.7.2001, n.338 (regolamento di esecuzione delle disposizioni relative al contrassegno della S.I.A.E. di cui all’articolo 181-bis della legge 22.4.1941, n.633, come introdotto dall’articolo 10 della legge 18.8.2000, n. 248) il quale accomuna, ai fini dell’applicazione dell’art.
181 bis cit., i supporti contenenti programmi per elaboratore ovvero multimediali ed indica in via esemplificativa “i programmi destinati alla lettura ed alla fruizione su apparati specifici per videogiochi, quali playstation o consolle comunque denominati” utilizzando la denominazione “programmi” in modo onnicomprensivo.
La chiara presa di posizione del legislatore non sembra lasciare margine per una qualificazione dei video giochi per consolle diversa da quella di programma e pertanto non appare condivisibile la qualificazione, da taluno prospettata, come opere audiovisive.
Passando ai profili sanzionatori si ricorda come l’art.171 bis punisce la condotta di chi «abusivamente duplica, per trarne profitto, programmi per elaboratore o ai medesimi fini importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla societa’ italiana degli autori ed editori (SIAE)» La norma in questione non riguarda dunque la condotta di chi acquista i programmi abusivamente copiati per cui si pone il problema se essa possa essere ricondotta o meno nel reato di ricettazione, così come contestato all’imputato al capo B.
E’ evidente che se si ritiene che l’opera dell’ingegno (software) sia incorporata nel supporto (cd) che la contiene in copia abusivamente realizzata si può anche sostenere la configurabilità del reato di ricettazione di cosa proveniente da delitto (quello di cui all’art. 171 bis citato).
Tale interpretazione è in linea con l’orientamento della Cassazione che ha sempre ammesso la ricettazione di videocassette o musicassette contraffatte, anche se va oltre il senso letterale dell’art.648 c.p. – poiché consente di configurare la ricettazione di beni immateriali, qual è il software in quanto opera dell’ingegno – e comporta un trattamento sanzionatorio più severo per chi acquista il supporto contenente software abusivo e non piuttosto per chi ha commesso il reato presupposto (la relativa questione di legittimità costituzionale, sempre in materia di videocassette, è stata ritenuta manifestamente infondata da Cass. , sez. II, 22.10.1993-12.1.1994, n.184).
Il legislatore del 2000 ha fatto propria l’esigenza di disciplinare espressamente tale fattispecie prevedendo all’art. 16 della legge che «Chiunque […] acquista o noleggia supporti audiovisivi fonografici o informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni della presente legge è punito, purché il fatto non costituisca concorso nei reati di cui agli articoli 171, 171-bis, 171-ter, 171-quater, 171-quinquies, 171-septies e 171-octies della legge 22 aprile 1941, n. 633, come modificati o introdotti dalla presente legge, con la sanzione amministrativa pecuniaria di lire trecentomila e con le sanzioni accessorie della confisca del materiale e della pubblicazione del provvedimento su un giornale quotidiano a diffusione nazionale».
La norma di cui all’art. 16 dunque sottrae dall’alveo della tutela penale, prevedendo una semplice sanzione amministrativa, alcune condotte – tra cui l’acquisto – sempre che l’autore non abbia comunque concorso nella commissione dei reati previsti dalla disciplina a tutela del diritto d’autore.
Trattasi dunque di norma residuale con la quale il legislatore ha sanzionato in modo meno rigido la condotta di chi acquista software illegale per uso personale, quasi prendendo atto del fatto che tale pratica è ormai assai diffusa in tutti i paesi, come il nostro, ove la tecnologie è divenuto fenomeno di consumo di massa.
Si ricorda incidentalmente che il d. l.vo n. 68/2003 abrogando l’art. 16 ha ulteriormente precisato la norma inserendola organicamente nella legge sul diritto d’autore all’art. 174 ter, mantenendo il regime sanzionatorio vigente.
Né può sostenersi che le due fattispecie concorrano tra di loro perché in virtù del principio di specialità di cui all’art. 9 della legge sulla depenalizzazione (n. 689/1981) si applica la fattispecie speciale rispetto a quella generale.
Il principio è sicuramente utilizzabile in questa materia poiché vi è identità di condotta nelle due fattispecie (acquisto al di fuori dell’ipotesi di concorso), solo che mentre l’art. 648 c.p.ha portata generale (acquisto di cose provenienti da qualsiasi delitto), l’art.16 si riferisce all’acquisto di supporti informatici non conformi alle prescrizioni sul diritto d’autore sempre che non vi sia concorso nelle fattispecie penali previsti da tale legge, ivi compreso l’art. 171 bis.
Non essendovi dunque prova che V. abbia comunque concorso nella duplicazione abusiva del software in suo possesso deve ritenersi che la condotta di acquisto non costituisca reato e che lo stesso debba essere assolto anche dalla fattispecie contestata al capo B.
L’accertata commissione dell’illecito amministrativo non comporta la trasmissione degli atti alla competente autorità amministrativa non avendo il legislatore espressamente previsto tale evenienza come in altre leggi di depenalizzazione (cfr.Cass., sez.III, 15.12.1997, n. 2640, Brandimarte).
Ne consegue che non può essere mantenuto neppure il sequestro sui cd e pertanto la misura cautelare deve essere revocata con restituzione degli oggetti sequestrati all’imputato.
P.Q.M.
Il Giudice, visto l’art.530 c.p.p., assolve V.F.dal reato ascritto al capo A perché il fatto non sussiste e dal reato ascritto al capo B perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Dispone il dissequestro e la restituzione all’imputato di quanto in giudiziale sequestro (verbale della Polizia postale in data 24.8.2001).
Visto l’art.544, comma 3 c.p.p., indica il termine di giorni 45 per il deposito della sentenza.
Arezzo, 18.3.2003
Il Giudice Penale
dott.Giampiero Borraccia
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