Il tribunale di Milano dà ragione al Garante per la Privacy e giudica illecita la prassi di Tim di richiamare due milioni di ex clienti che non avevano espresso il consenso a essere contattati dopo la disdetta. “Non può farlo, neanche per ottenere quel consenso”
E’ una decisione sbagliata perche’ il trattamento dei dati personali non è un diritto assoluto e – come dicono la direttiva 95/46 e il GDPR – va bilanciato con altri diritti fondamentali, come la libertà di impresa che la nostra Costituzione espressamente protegge.
Poco importa, dunque, che i nominativi degli ex clienti fossero inclusi in uno specifico data-base piuttosto che in un archivio più generico. L’unica discriminate dovrebbe essere, semmai, la presenza o meno del nominativo nel registro delle opposizioni.
Ma di tutto questo né il Garante, né il Tribunale di Milano – a quanto parte – si sono voluti rendere conto. E questa decisione non fa altro che confermare guasti e pericoli di una interpretazione teocratica e fideistica delle norme sul trattamento dei dati personali.
Chissà quando scoppierà una rivoluzione francese che ci libererà da una visione cieca di norme alle quale ci si ostina a far dire quello che non dicono.
Nel frattempo, pagate, popolo, pagate (in sanzioni, inefficienza e burocrazia) e coltivate una sana paura del Potere.
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