“Spionaggio industriale? Ipotesi improbabile”…
di Giancarlo Mola
Parla Andrea Monti, esperto del mondo degli hacker “Il furto a Microsoft mi sembra un’azione dimostrativa”
“Spionaggio industriale? Ipotesi improbabile”
“Vogliono far vedere che il gigante ha i piedi d’argilla”
Tutti i diritti riservati – Repubblica.it – 27.10.00
ROMA – “Certo, per Microsoft è un brutto colpo. Ma non credo che si tratti davvero di spionaggio industriale”. L’ipotesi è di Andrea Monti, avvocato, profondo conoscitore del mondo degli hacker (è stato autore del volume “Spaghetti hacker”), nonché presidente di Alcei, l’associazione per la libertà nella comunicazione elettronica interattiva. Di crimini informatici se ne intende, non fosse altro che per il fatto di aver difeso decine di pirati informatici. Ma non pensa che lo scopo dell’intrusione nei computer della società di Bill Gates sia quello di rubare a fini economici i segreti dell’azienda.
Eppure quei codici sono la cosa a cui Gates in questi anni ha dimostrato di tenere di più. Ci sarà un motivo? “Senz’altro. Ma il codice nudo e crudo non serve poi a molto. Si tratta di milioni e milioni di stringhe: per leggerle e capirle ci vorrebbero anni. Nemmeno nella Microsoft ci sono persone che conoscono tutto il codice di Windows: ogni gruppo di lavoro sviluppa singoli pezzi. Per entrare davvero nell’intimo del sistema operativo di Bill Gates occorre anche avere accesso ai documenti di supporto, alle note dei programmatori. E questo materiale non sembra sia stato sottratto”.
E allora quali potrebbero essere i motivi del blitz? “Credo che si sia trattato di uno sfregio. Entrare in possesso dei segreti più reconditi di Gates significa dimostrare che il gigante ha i piedi di argilla, che Microsoft non è capace nemmeno di proteggere le sue cose, figurarsi quelle dei suoi clienti. In questo caso non escludo che i responsabili possano essere gli hacker tradizionali e non i cracker (i pirati informatici che violano i sistemi con lo scopo di arricchirsi, ndr)”.
Questo può essere, ma quel codice ha comunque un grande valore. “L’ipotesi del riscatto è stata avanzata. Ma non regge. Quando si rubano cose di questo tipo non è facile chiedere denaro minacciando la pubblicazione del materiale. I ‘sequestratori’ potrebbero comunque conservare una copia dei codici e continuare a ricattare Microsoft. È improbabile che Gates accetti di pagare. In ogni caso bisogna attendere di avere più informazioni, prima di fare congetture plausibili”.
Ma lei, che conosce l’ambiente, dove andrebbe a cercare i responsabili? “Posso solo dire che si tratta di gente molto esperta. Microsoft non è mai stata un esempio di sicurezza, ma comunque entrare così dentro al sistema non è un gioco da ragazzi. Di primo acchito direi che c’è un movente politico, ma questo restringe solo di poco l’ambito delle ricerche”.
Potrebbe essere un’azione dei seguaci di Linux, il sistema operativo aperto? In fondo lo scontro tra le due scuole di pensiero va avanti da anni. “Lo escluderei. Conosco quella gente, anche all’estero. Sono troppo impegnati nello sviluppo dei loro programmi, nel dimostrare di essere più bravi di quelli di Microsoft, per perdere tempo in queste bravate”.
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