La notizia di oggi è che il Consiglio dei Ministri ridimensiona i poteri dell’autorità anticorruzione – anzi, di Cantone in persona – eliminandone di intervenire in caso di palesi illegittimità, senza aspettare l’intervento della magistratura. E’ uno “schiaffo”, titola scandalizzato Huffington Post,
Ma questo, con buona pace di Huffington Post, non è un uno schiaffo perché in presenza di reati perseguibili d’ufficio (come sono quelli che hanno a che fare con la pubblica amministrazione) l’unico a poter intervenire è il pubblico ministero, e se i fatti non hanno rilevanza penale ci sono il tribunale amministrativo regionale o la Corte dei conti.
Perchè l’Autorità anticorruzione dovrebbe avere un potere che cumula quello di un pubblico ministero e di giudice dibattimentale? La Costituzione non prevede una riserva di legge assoluta in materia penale?
Il problema è molto più serio, diffuso e grave perché riguarda ruolo e poteri delle autorità indipendenti, ognuna delle quali rivendica – oppure già possiede – poteri del tutto identici a quelli della magistratura, che esercita in modo indipendente e autonomo.
Esempi.
L’AGCOM (Autorità per le comunicazioni) si è arrogata il potere di intervenire in materia di violazioni sul diritto d’autore anche quando queste violazioni sono di natura penale e quindi di competenza esclusiva della magistratura ordinaria. Certo il TAR Lazio ha detto che va bene così, ma la sentenza non entra nel merito degli specifici illeciti dei quali l’AGCOM pretende di occuparsi e quindi non ha affrontato il problema del rapporto fra titolarità esclusiva dell’azione penale per reati perseguibili d’ufficio (come quelli sul diritto d’autore) e “invasione di campo” da parte dell’Autorità per le comunicazioni.
L’AGCM (o Antitrust), sulla base di una arzigogolata interpretazione dei propri poteri, si è arrogata il potere di ordinare gli oscuramenti dei siti che commercializzano beni contraffatti. Vale lo stesso discorso fatto per l’AGCOM: anche i reati di contraffazione sono perseguibili d’ufficio e quindi nessuno, tranne il pubblico ministero, può intervenire.
l’APDP (o Garante dei dati personali) stabilisce l’illiceità di comportamenti, emanando provvedimenti che poi la Corte di cassazione sostanzialmente disattende.
Conseguenze.
Lentamente, ma progressivamente, le Autorità indipendenti si sono attribuite un ruolo di supplenza alle inefficienze della magistratura, all’insegna della “giustizia sommaria”. Ne è testimone un passaggio dell’articolo di Huffington Post che ho citato in apertura:
Qualche “manina” o “manona”, con un tratto di penna, ha ridimensionato i poteri di intervento dell’Anticorruzione, che consentivano di intervenire in casi di macroscopica irregolarità senza aspettare un giudice (enfasi aggiunta).
Come sarebbe a dire “senza aspettare un giudice?”
Persino in casi di evidenza della prova il codice di procedura penale prevede il giudizio immediato – consente cioè, all’indagato, di esercitare il suo diritto a essere difeso – e invece qui siamo di fronte all’invocazione di una giustizia sommaria che non sia intralciata dagli orpelli processuali.
“Senza aspettare un giudice”, è il mantra strillato nei luoghi più diversi, dalle piazze forcaiole che rivendicano il diritto di sparare al primo che si avvicina alla propria porta di casa, alle aule parlamentari dove, a corrente alternata secondo convenienza, politici chiedono dimissioni o si rifiutano di presentarle.
“Senza aspettare un giudice” è la sintesi della presunzione di chi ritiene di poter giudicare “con la pancia”, senza applicare ciò che è ignorantemente percepito come un ragionamento astruso, una regola bizantina o un “cavillo” inutile.
“Senza aspettare un giudice” è la confessione di fallimento del sistema politico e giudiziario che, incapaci di funzionare a règime, fingono di non rendersi conto, oppure non sono consapevoli, di questo slittamento verso forme di “giustizia” amministrata da non-giudici. Che sono pochissimi (a livello di unità singole), che rimangono in carica per decenni e che non sono sottoposti al rispetto delle regole processuali.
Non sono entusiasta di molte sentenze che mi capitano fra le mani, penso che la magistratura dovrebbe ammettere la propria inadeguatezza culturale a gestire problemi che richiedono profondissime conoscenze extragiuridiche, e che dovrebbe smettere di essere ostaggio dei consulenti tecnici. Questo non significa però – lo dico da avvocato – eliminare o ridurre il ruolo della magistratura, quanto piuttosto evolverlo, con nuove competenze culturali e capacità di comprendere la complessità tecnica e tecnologica del mondo sul quale sono chiamati a intervenire.
Quale che sia la soluzione a questo problema, però, una è certamente sbagliata: quella di consentire che decisioni fondamentali per la vita di cittadini e imprese vengano assunte “senza aspettare un giudice”.
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