Diritto di accesso del dipendente alle schede di valutazione compilate dal datore di lavore – applicabilità della L. 675/96 – non sussiste
Diritto di accesso del dipendente alle schede di valutazione compilate dal datore di lavore – prevalenza degli artt. 41 e 21 della Costituzione sulla L. 675/96 – sussiste
TRIBUNALE DI ROMA 2 giugno 2000
Presidente Bucci
Relatore Ienzi
Parti
Roma Multiservizi vs CNL FISTC
Con ricorso in opposizione ai sensi dell’art.29 6°e 7′ comma L.675/ 96 depositato in data 14 gennaio 2000 e ritualmente notificato alla controparte, la Roma Multiservizi S.p.A.esponeva che con ricorso ai sensi dei precedenti commi dell’articolo indicato al Garante perla protezione dei.dati personali, i ricorrenti, in qualità di dipendenti della Roma Multiservizi S.p.A., lamentavano di aver ricevuto un riscontro negativo alle istanze, avanzate ai sensi dell’art.13 della legge n.675/96 da un’organizzazione sindacale su delega degli interessati, volte a conoscere i dati personali contenuti nelle proprie schede di valutazione che erano in possesso della società.
La società aveva rigettato le richieste dei ricorrenti sostenendo che i dati contenuti nelle schede:
– non rientrano tra i dati”sensibili” di cui alla legge n.675/96;
– riguardano ” valutazioni discrezionali inerenti la maggiore o minore capacità del singolo a svolgere le mansioni assegnategli e, quindi, legate a scelte imprenditoriali del tutto garantite e tutelate dall’art. 41 Cost., con ciò escludendosi che possa invocarsi quanto stabilito dall’art. 13 L.n.675/ 1996″.
I ricorrenti, conferendo procura all’organizzazione sindacale, si rivolgevano al Garante per la protezione dei dati personali,aisensidell’art.29 L. 675/96, per far valere 0 diritto di accesso.
Sentitele parti, il Garante, in accoglimento del ricorso, ordinava alla Roma Multiservizi S.p.A. di adempiere, entro il 29 dicembre 1999, alla richiesta di accesso ai dati personali contenuti nelle schede di valutazione degli interessati, dando conferma ditale adempimento entra la stessa data anche all’Ufficio del Garante.
Contro tale decisione proponeva opposizione al Tribunale la MultiserviziS.p.A., chiedendo l’annullamento del provvedimento del Garante.
Si costituiva la CNL FISTC chiedendola conferma della decisione impugnata.
I signori Finzi, Pasqui e Tulli rimanevano contumaci.
Sentite le parti, il giudice riservava la decisione.
IN DIRITTO
La nozione di ” dato personale ” delineata dalla legge n. 675/96 è molto ampia, intendendosi per tale, come indicato nell’art. 1,
qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale.
Altra cosa sono i ” dati sensibili ” di cui all’art.22 1. n. 675/96, idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le opinioni politiche e religiose, lo stato di salute e la vita sessuale, i quali rappresentano ” il nucleo duro ” della riservatezza e pertanto necessitano di garanzie appropriate, potendo ” essere oggetto di trattamento solo con il consenso scritto dell’interessato e previa autorizzazione del Garante ” (art. 22 1° comma).
L’interessato ha un diritto di accesso ai dati personali (art. 13 1. 675/ 96),in quanto può, chiedere al titolare o, al responsabile:
– conferma dell’esistenza di dati personali che lo riguardano,
– la comunicazione in forma intelleggibile dei dati, dell’origine degli stessi, della logica su cui si basa il trattamento e delle finalità del trattamento.
Sostiene la società ricorrente che le schede di valutazione oggetto del presente giudizio non rientrano nella nozione di dato personale di cui all’art. 13 della legge. Non si tratterebbe infatti di atti giuridicamente rilevanti, essendo tali schede una sorta di appunti scritti ad opera dell’incaricato del personale relativi alle capacità lavorative dei propri dipendenti con riferimento all’abilità del lavoratore, alla sua capacità di risolvere problemi e di lavorare con gli altri, al suo grado di impegno e così via.
Le schede in parola pertanto non rivestirebbero quel carattere di oggettività delle valutazioni ivi contenute che potrebbe far scattare il diritto dell’interessato alla ” correzione o integrazione “, né possono essere considerate “dati personali”in quanto non giuridicamente rilevanti ed idonei a far insorgere in capo all’interessato un diritto soggettivo. Si tratterebbe in conclusione di mere opinioni rientranti, nella discrezionalità del datore di lavoro, non impugnabili né contestabili in quanto non oggettivizzate in una nota di qualifica o comunque in un atto giuridicamente rilevante.
Ritiene il Tribunale che al fine di accertare se le schede di valutazione in questione possano o meno rientrare nel concetto di dato personale delineato dalla legge, debba operarsi una interpretazione generale della normativa in parola, coordinando la nozione di dato personale con la ratio della legge.
In quest’ottica occorre premettere chela legge n. 675/96 è nata con l’obiettivo di garantire a tutti i soggetti la salvaguardia dei propri diritti, delle libertà fondamentali, della dignità della persona, con particolare riferimento all’identità personale ed alla riservatezza, introducendo, in attuazione di una specifica Direttiva Europea (95/45 CE del 24 ottobre 1995) una disciplina sulla protezione dei dati personali ed istituendo un organo di garanzia del rispetto dei diritti alla personalità per quanto attiene alle multiformi attività di trattamento dei dati stessi.
La riservatezza e l’identità personale si pongono come specifiicazioni di una disciplina che colloca i dati personali in una dimensione propriamente costituzionale, visto che, ai sensi dell’art. 1, il loro trattamento deve svolgersi
nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali, nonché della dignità della persona.
La tradizionale concezione della riservatezza come diritto alla conoscenza di quanto riguarda la vita privata viene ampliata con tale normativa, che accoglie una concezione più dinamica, come controllo del flusso delle informazioni sul proprio conto, da altri detenute, sia in entrata che in uscita e, quindi, determinazione delle modalità di costruzione della propria sfera privata.
Il diritto alla privacy può essere definito, dunque, come il diritto di costruire liberamente e difendere la propria sfera privata, e tutelare la privacy significa consentire all’individuo di decidere autonomamente l’ambito entro cui i dati personali, che rivelano la sua identità ed i vari aspetti della sua sfera intima, possono essere portati a conoscenza di terzi e di controllare i trattamenti a cui tali dati sono sottoposti, nel rispetto delle esigenze manifestate dalla società in cui egli vive.
Se ciò è vero, se la tutela della riservatezza, intesa nel senso indicato, deve svolgersi nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, non può prescindersi nell’interpretazione della normativa, dal suo coordinamento con gli altri diritti di spessore costituzionale che la privacy interseca, quali il diritto all’informazione, alla libertà di pensiero, all’esercizio del diritto di difesa, alla salute, alla sicurezza dello Stato e la tutela dell’ordine pubblico, e, come nel caso di specie, alla libertà economica.
In questo quadro, venendo alla fattispecie oggetto del presente giudizio, se da una parte le schede di valutazione per cui è causa astrattamente possono essere riportate nell’ampia dizione della norma che definisce il concetto di dati personali, dall’altra però non può non rilevarsi come la disciplina sul diritto di accesso a tali dati vada coordinata con il diritto alla libertà economica sancito dall’art. 41 Cost. ed il diritto alla libertà di pensiero di cui all’art. 21 Cost..
Invero le schede in oggetto, pur essendo idonee ad identificare la persona, contengono delle valutazioni frutto di autonome considerazioni da parte del datore di lavoro, il quale si appunta delle opinioni sul lavoratore che sfoceranno poi in una nota di qualifica finale. Si tratta pertanto di valutazioni funzionali al potere direttivo ed organizzativo del datore di lavoro, che non si traducono in atti esterni giuridicamente rilevanti e come tali impugnabili (quali il licenziamento, la dequalificazione professionale e così via), ma che rimangono nella sfera soggettiva del datore di lavoro il quale appunta le proprie intenzioni e/o convinzioni personali.
La valutazione così indicata, per il suo carattere di soggettività, non può costituire un dato personale ai sensi della legge n. 675/96, dovendo il dato personale essere ” oggettivizzato ” in un atto giuridicamente rilevante. In questo senso p Collegio condivide l’interpretazione fornita, in un caso analogo al presente, dal Tribunale di Fermo, il quale nella decisione del 26 ottobre 1999, ha sostenuto che
forma dato personale la valutazione finale del dipendente attribuita dalla amministrazione, ma non l’operazione effettuata alfine di giungere alla valutazione complessiva finale, anche se contenga valutazioni, e ciò non solo per il carattere soggettivo dell’elemento identificativo del soggetto, ma anche e soprattutto perché le stesse non identificano ancorala persona, essendo solo parte dell’iter di formazione della valutazione che può essere modificata con la valutazione definitiva.
Ritenendo diversamente si verrebbe ad intaccare la libertà di pensiero del datore di lavoro, nonché la libertà dello stesso di organizzare ed indirizzare la propria impresa, diritti entrambi costituzionalmente garantiti al pari del diritto alla riservatezza nel senso delineato dalla legge sulla privacy e con cui la disciplina in oggetto deve coordinarsi come specificato nell’art. 1 L. n. 675/96, senza che d’altra parte venga ampliata la sfera di protezione del lavoratore il quale ha specifici strumenti di tutela contro la discrezionalità del datore di lavoro in merito al c.d.ius variandi.
Per le considerazioni sin qui svolte il ricorso proposto dalla Roma Multiservizi S.p.A. deve essere accolto e, per l’effetto, va annullato il provvedimento del Garante perla protezione dei dati personali reso in data 4 dicembre 1999 limitatamente a quel capo della decisione con il quale l’Autorità Garante ha accolto il ricorso presentato dai signori Finzi, Pasqui e Tulli. .
L’oggettiva incertezza sull’interpretazione della normativa giustifica la compensazione delle spese.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso proposto dalla Roma Multiservizi S.p.A. annulla il provvedimento reso dal Garante perla protezione dei dati personali in data 16 dicembre 1999, ai sensi dell’art. 29 L. n. 675/96, limitatamente a quel capo della decisione con cui è stato accolto il ricorso presentato dai sigg.ri Finzi, Pasqui e Tulli.
Dichiara compensate, tra le parti le spese del giudizio.
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