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Corte Suprema degli Stati Uniti
Sentenza del 26 giugno 1997
Presidente: REHNOUIST
Estensore: STEVENS
Procuratore Generale degli Stati Uniti ed altri c. American Civil Liberties Union ed altri.
(Omissis)
Il giudice Stevens ha redatto l’opinione della Corte, alla quale aderiscono Scalia, Kennedy, Souter, Thomas, Ginsburg e Breyer.
Questa Corte è chiamata a pronunziarsi sulla legittimità costituzionale di due disposizioni di legge che il Congresso ha approvato allo scopo di proteggere i minori da comunicazioni su Internet ” indecenti ” e ” palesemente offensive “. Sebbene sia certamente legittimo e apprezzabile l’intento del legislatore di proteggere i minori da materiali dannosi, noi condividiamo le conclusioni cui sono pervenuti i tre giudici della Corte Distrettuale, secondo i quali la legge causa restrizioni costituzionalmente intollerabili alla “libertà di parola ” garantita dal Primo Emendamento.
Gli ampi accertamenti svolti dalla Corte Distrettuale si basano su una particolareggiata convenzione istruttoria sottoscritta dalle parti. La Corte descrive carattere e dimensioni di Internet, disponibilità di materiali ad esplicito contenuto sessuale in tale medium, e i problemi riguardanti la verifica dell’età dei destinatari delle comunicazioni. Poiché la trattazione delle questioni giuridiche dipende dalla valutazione delle risultanze di fatto, noi, dapprincipio, riassumeremo brevemente i fatti incontroversi.
Internet.
Internet è una rete internazionale di computer tra loro collegati, le cui remote origini risalgono, nel 1969, ad un programma militare chiamato ” ARPANET “, concepito per permettere a computer utilizzati da esercito, fornitori della difesa e università impegnate in ricerche nel settore militare di comunicare tra loro attraverso collegamenti multipli, impostati in modo tale da continuare a funzionare anche in caso di danneggiamento di una parte della rete, per esempio a causa di una guerra. ARPANET, che non è più attivo, è giovato da modello per la realizzazione di una serie di reti di computer per usi civili che, dopo essere state tra loro collegate, consentono oggi a decine di milioni di persone di comunicare e di accedere ad un’enorme quantità di informazioni provenienti da tutto il mondo. Internet è “un mezzo di comunicazione umana mondiale unico e assolutamente nuovo”.
La crescita di Internet è stata straordinaria. Il numero dei computer ” host ” – che sono quelli nei quali sono memorizzate le informazioni e che trasmettono le comunicazioni – è aumentato dai circa 300 del 1981 sino approssimativamente ai 9.400.000 dell’epoca del giudizio dinanzi alla Corte Distrettuale nel 1996. Più o meno il 60% di questi computer ” host ” è situato negli Stati Uniti. Circa 40 milioni di persone utilizzavano Internet all’epoca del giudizio, un numero di cui si prevede una rapida espansione sino a 200 milioni per il 1999.
I singoli utenti possono accedere ad Internet in diversi modi, generalmente tramite computer direttamente connessi alla rete o rivolgendosi ad organizzazioni che hanno una qualche affiliazione a computer ” host “. La maggior parte dei colleges e delle università offrono accessi ad Internet a studenti e corpo docente. I dipendenti di parecchie imprese possono collegarsi ad Internet tramite la rete aziendale. Numerose biblioteche e comunità locali offrono possibilità di libero accesso, e un numero crescente di ” computer coffee shops ” mette a disposizione dei clienti computer collegati ad Internet al costo di modeste tariffe orarie. 1 maggiori servizi nazionali on line come America Online, Compuserve, Microsoft Network e Prodigy, oltre a mettere a disposizione dei propri abbonati una cospicua mole di materiali nella rete interna, offrono loro l’accesso alle risorse, molto più ampie, di Internet. Questi servizi commerciali on line avevano quasi 12 milioni di singoli abbonati all’epoca del giudizio.
Chiunque abbia accesso ad Internet può utilizzare una grande varietà di sistemi di comunicazione e di recupero delle informazioni. Questi sistemi sono in continua evoluzione, ed è perciò difficile classificarli in modo preciso. Per quanto comunque riguarda quelli attualmente disponibili, i più rilevanti ai fini del presente giudizio sono la posta elettronica (e-mail), i servizi di mailing list automatici (c.d. ” mail exploders “, chiamati anche ” listservs “), ” newsgroups “, ” chat rooms “, e ” World Wide Web “. Tutti questi metodi possono essere utilizzati per trasmettere testi, e la maggior parte anche per trasmettere suoni, immagini e video. Considerati nel loro complesso, questi sistemi di comunicazione formano un unico medium – che gli utenti chiamano ” ciberspazio ” – privo di una specifica localizzazione geografica, ma a disposizione di chiunque, dovunque nel mondo abbia accesso a Internet.
La posta elettronica permette di trasmettere un messaggio elettronico, in genere simile ad una nota o ad una lettera, ad uno o più destinatari. Il messaggio è di solito memorizzato elettronicamente, a volte con una qualche indicazione relativa al contenuto, nell’attesa che il destinatario controlli la sua ” casella postale “. Un mail exploders è una sorta di gruppo di destinatari di messaggi per posta elettronica. Gli abbonati possono mandare messaggi ad un indirizzo di posta elettronica comune, che provvederà poi a trasmetterli agli altri abbonati del gruppo. 1 newsgroups sono tendenzialmente frequentati da utenti abituali, ma anche utenti occasionali possono accedervi. Esistono migliaia di newsgroups per lo scambio di informazioni o opinioni su particolari argomenti, che possono variare da, per esempio, la musica di Wagner alla politica nell’area dei Balcani, dalla prevenzione dell’AlDS alla squadra dei Chicago Bulls. Ogni giorno i newsgroups ricevono circa 100.000 nuovi messaggi. Nella maggior parte dei casi i messaggi vengono automaticamente rimossi a intervalli regolari. Piuttosto che trasmettere un messaggio destinato ad essere letto in un momento successivo, due o più individui che cercano un sistema di comunicazione più rapido possono entrare in una chat room e conversare in tempo reale, cioè scrivere messaggi che compaiono quasi immediatamente sullo schermo dell’interlocutore. La Corte Distrettuale ha accertato che ad ogni ora del giorno “decine di migliaia di utenti partecipano a conversazioni in rete su un’enorme varietà di argomenti “. ” Non è esagerato affermare che il contenuto di Internet è vario quanto il pensiero dell’uomo “.
Il più conosciuto sistema di comunicazione su Internet è il World Wide Web, nel quale gli utenti cercano e recuperano informazioni da computer remoti, ed anche, in alcuni casi, scambiano comunicazioni con siti che tecnicamente consentono questa operazione. In concreto, il Web è formato da un numero elevatissimo di documenti memorizzati su computer di tutto il mondo. Alcuni di questi documenti consistono semplicemente in files che contengono informazioni. In genere, però, i documenti del World Wide Web hanno un aspetto grafico più elaborato, e sono chiamati ” pagine ” Web. Ciascuna pagina Web ha un suo indirizzo, ” simile ad un numero telefonico “, che comunemente contiene informazioni, e in alcuni casi permette ai visitatori di comunicare con l’autore della pagina o del ” sito “. Nelle pagine Web si trovano di solito ” collegamenti ” ad altri documenti creati dall’autore del sito o ad altri siti, generalmente di contenuto affine. 1 collegamenti appaiono sullo schermo come testi sottolineati con caratteri blu o, a volte, come immagini.
Esplorare il Web è relativamente semplice. Un utente può digitare l’indirizzo di una pagina già visitata, o immettere una o più parole chiave in un ” motore di ricerca ” commerciale nel tentativo di individuare siti su un argomento di suo interesse. Una particolare pagina Web può contenere l’informazione che il ” navigatore ” cerca oppure, attraverso i collegamenti, può guidarlo verso altri documenti situati in una qualunque altra parte di Internet. Gli utenti generalmente esaminano una determinata pagina Web, o si spostano su un’altra, attraverso un ” click ” del mouse su una delle icone o dei collegamenti presenti nella pagina. L’accesso alla maggior parte delle pagine Web è libero, ma alcune organizzazioni richiedono il previo pagamento di un canone. Il Web è perciò paragonabile, dal punto di vista dei lettori, ad un’enorme biblioteca che include milioni di pubblicazioni, catalogate e facilmente accessibili, o anche ad un caotico boulevard in cui è possibile trovare beni e servizi.
Dal punto di vista di chi pubblica, il Web rappresenta un’immensa piattaforma alla quale è possibile rivolgersi, e che permette di entrare in contatto con un’audience mondiale formata da milioni di lettori, visitatori, ricercatori e compratori. Qualunque persona od organizzazione che abbia un computer connesso ad Internet può ” pubblicare ” informazioni. Pubblicano perciò su Internet enti governativi, istituzioni scolastiche, organizzazioni commerciali, gruppi di opinione e singoli individui. Gli ” editori ” possono rendere accessibili i propri materiali all’intera platea degli utenti di Internet, o limitare l’accesso a gruppi selezionati, come ad esempio coloro che sono disposti a pagare per il privilegio. ” Non esiste un’organizzazione che controlla una qualche forma di affiliazione al Web, e non c’è una postazione centralizzata dalla quale possano essere bloccati singoli servizi o siti “.
Materiale sessualmente esplicito.
Il materiale sessualmente esplicito su Internet comprende testi, immagini, conversazioni e ” varia dalle più contenute forme soft sino a quelle propriamente hard-core “. I files di questo genere sono creati, denominati e inviati allo stesso modo del materiale che non ha un esplicito contenuto sessuale, ed è possibile accedervi deliberatamente o anche involontariamente se una ricerca viene condotta in modo impreciso. ” Una volta immessi materiali su Internet, non è possibile impedire che penetrino in un qualche ambito locale “. Perciò se, per esempio, ” il Museo della fotografia della California immette sul suo sito Web nudi di Edward Weston e Robert Mapplethorpe per pubblicizzare l’allestimento di nuove mostre a Baltimora e New York, sarà possibile accedere alle immagini non solo a Los Angels, Baltimora e New York ma anche a Cincinnati, Mobile o Pechino – e dovunque si trovino gli utenti di Internet. Allo stesso modo, le istruzioni sul sesso sicuro, scritte in un linguaggio comprensibile anche per gli adolescenti, che il Critical Path pubblica sul suo sito sono accessibili non soltanto a Philadephia, ma anche a Praga “.
Anche alcune delle comunicazioni su Internet che provengono dall’estero hanno un esplicito contenuto sessuale.
Sebbene vi sia su Internet una disponibilità notevole di materiale di questo tipo, è raro che un utente lo recuperi accidentalmente. ” Normalmente, prima che un documento venga aperto e visualizzato, appare un titolo o una descrizione sommaria, e in molti casi l’utente riceve informazioni dettagliate su un sito prima di accedere ai documenti in esso contenuti. Quasi tutte le immagini sessualmente esplicite sono precedute da specifiche avvertenze “. t perciò piuttosto improbabile che un utente acceda casualmente ad un sito Web che contiene materiale sessualmente esplicito. A differenza delle comunicazioni via radio o televisione, ” il recupero delle informazioni da Internet richiede una serie di attività positive più deliberate e dirette della mera composizione di un numero telefonico. Un bambino ha bisogno di una certa abilità e di una minima capacità di leggere per recuperare materiali da Internet, senza l’assistenza di un adulto “.
Negli ultimi anni sono stati elaborati programmi che consentono ai genitori di controllare i materiali accessibili da un computer domestico collegato ad Internet. Questi programmi possono limitare l’accesso del computer ad una lista di risorse preventivamente approvata, dalla quale siano stati esclusi materiali per adulti, possono impedire l’ingresso a determinati siti, oppure tentare di bloccare messaggi contraddistinti da determinate caratteristiche. ” Sebbene il software di controllo attualmente disponibile possa bloccare materiali in cui siano contenute determinate parole, o siti di cui sia noto il contenuto, esso non è allo stato in grado di schermare direttamente immagini sessualmente esplicite “. Ciò nonostante, gli atti del giudizio indicano che ” saranno presto disponibili metodi ragionevolmente efficaci, attraverso i quali i genitori potranno prevenire l’accesso dei figli a materiali sessualmente espliciti, o che comunque essi giudichino non appropriati “.
Verifica dell’età.
Il problema della verifica dell’età varia secondo le diverse modalità di utilizzo di Internet. La Corte Distrettuale ha rilevato che assolutamente non esiste ” un metodo certo per determinare identità o età di un utente che accede alle informazioni attraverso posta elettronica, mail exploders, newsgroups e chats “. Il governo non ha provato l’esistenza di metodi affidabili per selezionare sulla base dell’età chi partecipa a questi fora o chi si procura materiali tramite essi. Inoltre, anche se fosse tecnicamente possibile bloccare l’accesso dei minori a news-groups e chat rooms dedicate ad argomenti di tipo artistico, politico o comunque potenzialmente in grado di attrarre contributi ” indecenti ” o ” palesemente offensivi “, non sarebbe possibile bloccare questi materiali, ” consentendo al tempo stesso ai minori di fruire della parte non indecente dei contenuti di queste risorse, anche se di gran lunga prevalente “.
E invece tecnicamente possibile subordinare l’accesso ad un sito Web alla verifica di informazioni richieste agli utenti, quali il numero di una carta di credito o una password per adulti. E però possibile verificare il numero di una carta di credito solamente se utilizzata per una transazione commerciale, oppure tramite i servizi a pagamento di apposite agenzie. Richiedere dunque il numero di una carta di credito al fine di verificare l’età degli utenti, riverserebbe sui siti Web non commerciali costi per molti di loro insostenibili, sino al punto da costringerli a chiudere. Per questa ragione, all’epoca del giudizio, il sistema di verifica dell’età tramite carta di credito era ” di fatto indisponibile per parecchi operatori che immettono informazioni su Internet “. Inoltre, l’imposizione di un tale obbligo ” escluderebbe del tutto dall’accesso ai materiali bloccati gli adulti che non possiedono una carta di credito, e che non dispongono dei mezzi per procurarsela “.
1 siti pornografici a pagamento utilizzano come metodo di verifica dell’età degli utenti, l’assegnazione di passwords di accesso agli abbonati. Negli atti istruttori mancano del tutto elementi di prova che attestino l’affidabilità di queste tecnologie. Comunque, anche se le passwords rappresentassero un efficace sistema di verifica dell’età per i commercianti professionali di materiale indecente, la Corte Distrettuale ha ritenuto che l’imposizione ai siti non commerciali dell’obbligo di assegnare una password agli adulti riverserebbe su questi ultimi oneri rilevanti, perché scoraggerebbe l’accesso degli utenti, e perché il costo di attivazione e gestione di questi sistemi di selezione degli accessi sarebbe ” superiore alle loro possibilità di spesa “.
In sintesi, la corte ha ritenuto che:
” Anche applicando i sistemi di verifica tramite carta di credito o password per adulti, il Governo non è riuscito a dimostrare come si possa essere certi che chi utilizza una carta di credito o una password sia effettivamente maggiorenne. Gli oneri connessi all’applicazione di metodi di verifica dell’età degli utenti tramite carte di credito e password per adulti, in ogni caso, renderebbero questi sistemi di fatto indisponibili per una parte considerevole di coloro che pubblicano su Internet “.
Il Telecommunications Act del 1966 è un provvedimento legislativo particolarmente importante. Com’è detto nella prima delle 103 pagine che ne compongono il testo, finalità principale della legge è di ridurre la regolamentazione ed incoraggiare ” il rapido sviluppo di nuove tecnologie delle telecomunicazioni “. La maggior parte delle disposizioni della legge non ha niente a che vedere con Internet: esse mirano a promuovere la concorrenza nel mercato dei servizi telefonici locali, in quello delle televisioni via cavo, e nelle trasmissioni via etere. La legge è divisa in sette titoli, sei dei quali sono il risultato di un intenso lavoro delle commissioni parlamentari e formano oggetto di un Rapporto delle Commissioni del Senato e della Camera dei Rappresentanti. Il Titolo V – noto come Communications Decency Act del 1996 (CDA) – contiene, invece, disposizioni aggiunte in sede di commissione esecutiva dopo la conclusione delle audizioni o frutto di emendamenti presentati nel corso della discussione in aula. Un emendamento presentato al Senato ha dato origine alle due disposizioni legislative al centro della presente controversia, informalmente definite, rispettivamente, previsioni su ” trasmissioni indecenti ” e ” palesemente offensive “.
La prima. 47 U.S.C.A. 223(a), proibisce la trasmissione consapevole di messaggi osceni o indecenti a destinatari minori dei 18 anni. La relativa disposizione prevede che:
” (a) chiunque, (1) in comunicazioni interstatali o con l’estero, (B) mediante l’utilizzo di un mezzo di telecomunicazione, consapevolmente produce, crea o sollecita e avvia la trasmissione di commenti, richieste, suggerimenti, proposte, immagini o altre comunicazioni oscene o indecenti, sapendo che il destinatario della comunicazione è un minore di diciotto anni, abbia o meno egli stesso effettuato la chiamata o iniziato la comunicazione “;
(2) consapevolmente permette l’utilizzo di attrezzature per le telecomunicazioni poste sotto il suo controllo per le attività vietate dal par. 1 con l’intento che esse vengano impiegate per tali attività,
è punibile con la condanna alla pena della reclusione non superiore a due anni o con la multa, o con entrambe “.
La seconda previsione, 223(d), proibisce il fatto di chi consapevolmente trasmette o rende accessibili messaggi palesemente offensivi a minori di anni 18, disponendo che:
” chiunque: 1) consapevolmente, nell’ambito di comunicazioni interstatali o con l’estero… (A) utilizza un servizio informatico interattivo per trasmettere ad una specifica persona o a più persone di età inferiore ai 18 anni, ovvero
(B) utilizza un servizio informatico interattivo in modo da rendere accessibile anche ad una persona di età inferiore ai 18 anni, commenti, richieste, suggerimenti, proposte, immagini o altre comunicazioni che, nel loro contesto, raffigurino o descrivano, in termini palesemente offensivi in base ai criteri di giudizio della comunità contemporanea, attività o organi sessuali o di escrezione, indipendentemente dal fatto che l’utente del servizio abbia effettuato la chiamata o iniziato la comunicazione,
è punibile con la condanna alla pena della reclusione non superiore a due anni o con la multa, o con entrambe “.
Il rigore di queste due disposizioni è temperato da due clausole di esonero dalla responsabilità, v. 223(e)(5).(26). La prima può essere applicata a coloro che ” adottano, in buona fede, misure ragionevoli, efficaci ed appropriate ” per limitare l’accesso dei minori alle comunicazioni vietate, 223(e)(5)(A). Possono beneficiare della seconda esimente coloro i quali limitano gli accessi ai materiali disciplinati dalla legge, per mezzo dei metodi di accertamento dell’età degli utenti espressamente indicati, e cioè la verifica delle carte di credito o l’assegnazione agli adulti di un numero o di un codice di identificazione, 223(e)(5)(B).
Chiedendo la riforma della decisione della Corte Distrettuale, il Governo sostiene che il CIDA è senz’altro costituzionalmente legittimo ai sensi di tre nostre precedenti decisioni: Ginsberg v. New York, 390 U.S. 629 (1968); FCC v. Pacifica Foundation (1978); e Renton v. Playtime Theatres, Inc., 475 U.S. 41 (1986). Un esame
ravvicinato di questi precedenti, però, accresce – piuttosto che attenuare – i dubbi sulla legittimità costituzionale del CDA.
Nel caso Ginsberg, ci pronunziammo a favore della costituzionalità di una legge dello Stato di New York che proibiva la vendita ai minori di 17 anni di materiale ritenuto per essi osceno, pur non essendo considerato tale per gli adulti. In quell’occasione ci rifiutammo di accogliere una tesi estrema della difesa, secondo la quale ” l’estensione della libertà costituzionalmente garantita ai cittadini di leggere o prendere in visione materiale a contenuto sessuale, non può essere fatta dipendere dal fatto che il cittadino sia un adulto o un minore “. Nel respingere una tale argomentazione, richiamammo non soltanto l’interesse pubblico a proteggere il benessere dei giovani, ma anche il principio, da noi più volte ribadito, secondo il quale ” il riconoscimento, nell’ambito domestico, del ruolo di guida dei genitori nell’educazione dei figli è alla base della struttura della nostra società “. Per quattro importanti aspetti, la legge approvata in Ginsberg aveva una portata precettiva più limitata del CDA. Innanzi tutto, noi rilevammo in Ginsberg che ” il divieto di vendita ai minori non impedisce ai genitori, qualora lo desiderino, di acquistare le riviste per i figli “. A norma del CDA, viceversa, né il consenso dei genitori alle comunicazioni – né addirittura la loro partecipazione – escluderebbe l’applicazione dei divieti previsti dalla legge. In secondo luogo, la legge di New York, a differenza del CDA, disciplinava esclusivamente transazioni commerciali. Terzo: ai sensi della legge dello stato di New York era dannoso per i minori il materiale ” completamente privo riguardo ad essi di valore sociale redimente “. Il CDA non ci offre alcuna definizione del termine ” indecente ” impiegato nella 223(a)(1) e, significativamente, omette di richiedere che il materiale ” palesemente offensivo ” cui si riferisce la 223 (d), sia privo di serio valore letterario, artistico, politico o scientifico. Quarto: per la legge dello stato di New York, minori erano i giovani di età inferiore ai 17 anni, mentre il CDA, che andrebbe applicato a tutti coloro che hanno meno di 18 anni, accresce di un anno l’età dei destinatari dei divieti.
Nel caso Pacifica, approvammo un’ordinanza della Federal Communications Commission, nella quale era stabilito che la trasmissione per radio della registrazione dal vivo di un monologo di dodici minuti intitolato ” Parolacce “, ” poteva legittimare l’applicazione di sanzioni amministrative “. La ECC aveva dichiarato che l’uso ripetuto di parole riferite ad attività od organi sessuali o di escrezione ” in un programma trasmesso in un’ora pomeridiana, e dunque destinato ad un pubblico di radioascoltatori comprendente bambini, era palesemente offensivo ” ed era pervenuta alla conclusione che il monologo, ” quale trasmissione radio “, doveva essere considerato indecente. Il resistente non si oppose alla contestazione secondo la quale il programma pomeridiano era palesemente offensivo, ma eccepì che non poteva essere considerato “indecente” nel senso in cui la qualificazione è impiegata dalle norme applicabili, poiché non era ” inteso ad eccitare l’istinto sessuale “. Rigettate le interpretazioni di legge del resistente, affrontammo due problemi costituzionali, cercando di stabilire (1) se la EC.C avesse dato dei proprio potere di vietare forme di espressione indecenti un’interpretazione talmente estensiva da rendere illegittima l’ordinanza emessa, anche nel caso in cui il programma radiofonico in oggetto non meritasse la protezione costituzionale; e (2) se fossero compatibili con il Primo Emendamento limitazioni, di qualunque natura, del diritto a trasmettere per radio un monologo non osceno.
Nella parte delle motivazioni della decisione cui non aderirono i giudici Powell e Blackmun, la maggioranza della Corte stabilì che il Primo Emendamento non impone un divieto assoluto di pubblica regolamentazione del contenuto delle forme di espressione. Il riconoscimento della protezione costituzionale per un monologo volgare ed offensivo, ma non osceno, dipende perciò da una valutazione delle circostanze in cui è reso pubblico. Sulla base della premessa che ” tra tutte le forme di comunicazione ” le trasmissioni radio hanno ricevuto la più limitata protezione ai sensi del Primo Emendamento, la Corte pervenne alla conclusione che la facilità di accesso alle trasmissioni radio da parte dei bambini, ” unita alle considerazioni svolte nel caso Ginsberg “, giustificava un regime costituzionale speciale per le trasmissioni indecenti.
Come per la legge dello stato di New York presa in esame nel caso Ginsberg, ci sono differenze rilevanti tra l’ordinanza giudicata legittima in Pacifica e il CDA. Primo: l’ordinanza di Pacifica, emessa da un ente che da decenni svolge funzioni di vigilanza sulle emittenti radiofoniche, aveva per oggetto un particolare programma che deviava sensibilmente dai normali contenuti delle trasmissioni radio, ed era finalizzata a stabilire quando – e non se – poteva esserne consentita la messa in onda in quel particolare mezzo di comunicazione. 1 categorici divieti del CDA non sono limitati a particolari fasce orarie, e la loro applicazione non è affidata alle valutazioni di un ente che ha familiarità con le peculiari caratteristiche di Internet. Secondo: a differenza del CDA, l’ordinanza della F.C.C. non comportava l’applicazione di sanzioni penali; ci rifiutammo allora espressamente di decidere se una trasmissione radio indecente ” avrebbe giustificato un’incriminazione penale “. Infine, l’ordinanza della F. C. C. riguardava un medium che storicamente aveva ” ricevuto la più limitata protezione ai sensi del Primo Emendamento “, principalmente perché anche avvertenze preventive non riescono a tutelare adeguatamente l’ascoltatore da contenuti imprevisti dei programmi. La storia di Internet, però, è del tutto diversa. La Corte Distrettuale ha, inoltre, accertato che il rischio per gli utenti di imbattersi accidentalmente in materiali indecenti è remoto, poiché è richiesta una serie di atti deliberati per accedere a materiale specifico.
Nel caso Renton, questa Corte approvò un’ordinanza che stabiliva che i cinema per adulti dovevano essere ubicati in aree esterne a quelle residenziali. Il provvedimento intendeva porre rimedio ad ” effetti secondari ” della ubicazione di questi locali in determinate zone – come la crescita della criminalità ed il deterioramento dei valori immobiliari – e non si proponeva di disciplinare sulla base del contenuto i film proiettati nei cinema per adulti: ” le ordinanze erano finalizzate ad eliminare questi effetti secondari, e non a contrastare la diffusione di forme di espressione indecenti “. Secondo il Governo, il CIDA è costituzionalmente legittimo perché crea una sorta di zonizzazione del ciberspazio. Il CDA, però, è destinato ad essere applicato a tutto il ciberspazio. E la legge ha lo scopo di proteggere i bambini dagli effetti primari di forme di espressione ” indecenti ” e ” palesemente offensive “, e non da un qualche effetto ” secondario “. Il CDA, perciò, è una restrizione generale della libertà di parola basata sui contenuti, e in quanto tale non può essere considerato una ” forma di regolamentazione di tempi, luoghi e modalità ” di diffusione delle forme di espressione. V. Boos v. Barry, 485 U.S. 312, 321, 1988 (” Regolamentazioni incentrate sul diretto impatto delle forme di espressione sul pubblico non possono essere valutate ai sensi del precedente di Renton “); Forsyth County v. Nationalist Movement, 505 U.S. 123, 134, 1992 (” Regolamentazioni basate sulla reazione del pubblico alle forme di espressione non sono neutre rispetto ai contenuti “).
Questi precedenti, dunque, certamente non ci obbligano ad approvare il CDA, e anzi giustificano l’applicazione nei riguardi della legge dei più rigorosi standards di valutazione di legittimità costituzionale.
In Southeastern Promotion, Ud. v. Conrad, 420 U.S. 546, 557, (1975), osservammo che ” ciascun mezzo di espressione… pone suoi propri problemi “. In alcuni nostri precedenti vengono, perciò, ammesse speciali giustificazioni per la regolamentazione dei mezzi di comunicazione via etere che non possono essere estese a media diversi. In dette decisioni, la Corte ha tenuto conto della regolamentazione pubblica storicamente pervasiva di radio e televisione, v., per es., Red Lion Broadcasting Co., v. EC.C., 395 U.S., 399-400, (1969); dell’iniziale scarsità delle frequenze disponibili, v., per es., Turner Broadcasting System, Inc. v. EC.C., 512, U.S. 622, 637638, (1994); e della natura “invasiva” di questi media, v. Sable Communications of Cal., Inc. v. EC.C., 492 U.S., 115, 128, (1989).
Il ciberspazio non condivide queste caratteristiche. Né prima né dopo l’approvazione del CDA, gli ampi spazi di confronto democratico su Internet sono stati oggetto di una supervisione e regolamentazione pubblica del tipo di quella che ha caratterizzato l’industria radiotelevisiva. Inoltre, Internet non è così ” invasivo ” come radio o televisione. La Corte Distrettuale ha rilevato che ” le comunicazioni via Internet non ” invadono ” le case private né compaiono automaticamente sugli schermi dei computer. E difficile che gli utenti s’imbattano casualmente in particolari tipi di contenuti “. La Corte ha anche accertato che ” quasi tutte le immagini sessualmente esplicite sono precedute da avvertenze relative al contenuto, ” e ha citato testimonianze secondo le quali ” è un’evenienza rara che un utente acceda accidentalmente ad un sito che offre materiale sessualmente esplicito “.
Proprio su questa base, noi abbiamo precisato nel caso Sable la portata del precedente di Pacifica. In Sable, una società che commercializzava messaggi erotici preregistrati (attività comunemente nota come ” dial-a-porn “) contestò la costituzionalità di un emendamento al Communications Act che vietava i messaggi telefonici commerciali interstatali osceni o indecenti. Nel tentativo di giustificare divieto assoluto e illiceità penale dei messaggi telefonici commerciali indecenti, il Governo citò il precedente di Pacifica, sostenendo che le disposizioni impugnate servissero a prevenire l’accesso dei bambini a questo genere di messaggi. Noi riconoscemmo che ” esiste un interesse pubblico preminente alla difesa del benessere fisico e psicologico dei minori “, e che la tutela di quest’interesse può richiedere che i minori siano protetti da messaggi indecenti, ma non osceni, secondo criteri di valutazione validi per gli adulti: precisammo però la portata limitata del precedente di Pacifica (già a suo tempo evidenziata con enfasi nelle motivazioni della sentenza), mettendo in evidenza che, con quella decisione, non era stato dichiarato costituzionalmente legittimo un divieto assoluto, e che comunque essa si riferiva ad un diverso mezzo di comunicazione. Spiegammo allora che ” il c.d. dial-it richiede che l’ascoltatore compia una serie di passi deliberati per ricevere la comunicazione “. ” Effettuare una chiamata telefonica – continuavamo – non è la stessa cosa che, sintonizzandosi su una stazione radio, essere colti alla sprovvista da un messaggio indecente “.
Infine, a differenza delle radiotrasmissioni all’epoca in cui il Congresso autorizzò la regolamentazione delle frequenze, Internet non può essere definito una risorsa per le comunicazioni ” scarsa “. Esso offre possibilità relativamente illimitate e a basso costo per comunicazioni di ogni genere. Il Governo stima che ” 40 milioni di persone utilizzano Internet oggi, e questo numero si prevede crescerà sino a 200 milioni per il 1999 “. Questo dinamico, multiforme sistema di comunicazione include non soltanto tradizionali servizi stampa e notiziari, ma anche audio, video, immagini, e dialoghi interattivi in tempo reale. Attraverso l’uso delle chat rooms, chiunque abbia a disposizione una linea telefonica può diventare un banditore, dotato di una voce che rieccheggia più lontano di quanto potrebbe da un qualunque podio sulla pubblica via. Per mezzo delle pagine Web, dei mail exploders e dei newsgroups, la stessa persona può proporsi come autore di pamplilets. Come ha rilevato la Corte Distrettuale, ” il contenuto di Internet è vano quanto il pensiero dell’uomo “. Noi condividiamo le conclusioni di quest’ultima, secondo cui i nostri precedenti non definiscono standards specifici di controllo di costituzionalità delle leggi, ai sensi del Primo Emendamento, validi per questo nuovo medium.
A prescindere dalla possibilità che il CDA violi il Quinto Emendamento a causa dell’indeterminatezza delle sue prescrizioni, la definizione dell’ambito applicativo dei divieti è talmente ambigua da rendere assai dubbia la legge dal punto di vista degli interessi tutelati dal Primo Emendamento. Per esempio, ciascuna delle due parti del CDA impiega una diversa formula linguistica. La prima usa il termine ” indecente “, 223 (a), mentre la seconda fa riferimento a materiale che ” nel contesto, ritrae o descrive, in termini palesemente offensivi per gli standards della comunità contemporanea, attività o organi sessuali o di escrezione “, 223 (d). Data la mancanza di definizioni per entrambe le disposizioni, questa discordanza nella lettera della legge provocherà incertezza tra -i destinatari dei precetti riguardo al significato dei criteri di valutazione previsti dalle due norme e al loro reciproco rapporto. Chi intende esercitare il diritto alla libertà di parola può con sicurezza assumere che non costituirebbero violazione di legge serie discussioni sui sistemi di controllo delle nascite, sull’omosessualità, o sulle questioni relative all’applicazione del Primo Emendamento poste dall’appendice alle motivazioni della nostra decisione nel caso Pacifica? Quest’incertezza non consente di sostenere che il CDA sia una legge redatta con scrupolo allo scopo esclusivo di realizzare l’intendimento del Congresso di proteggere i minori da materiali potenzialmente nocivi.
L’ambiguità delle prescrizioni del CDA preoccupa in modo particolare per due ragioni. Primo: il CDA regola nei contenuti la libertà di espressione. Il carattere indeterminato di una disciplina del genere pone speciali problemi dal punto di vista delle garanzie previste dal Primo Emendamento, a causa degli ovvi effetti penalizzanti sulla libertà di parola. V., per es., Gentile v. State Bar of Nev., 501 U.S. 1030, 1048-1051 (1991). Secondo: il CDA è una legge penale. Oltre al disonore e al marchio infamante che inevitabilmente accompagnano una condanna penale, il CDA minaccia i trasgressori con pene che includono la reclusione sino a due anni per ogni singola violazione di legge. La durezza delle sanzioni penali può, molto facilmente, indurre chi intende esercitare la libertà di espressione a scegliere di tacere, piuttosto che comunicare parole, idee, immagini anche solo potenzialmente illecite. V., per es., Dombrowski v. Pfíster, 380 U.S. 479, 494, (1965). In pratica, questo effetto supplementare di deterrenza, assieme al ” rischio di discriminazioni nell’applicazione ” che è proprio di comandi legislativi non sufficientemente chiari, pone problemi per gli interessi tutelati dal Primo Emendamento maggiori di quelli presi in esame nel caso Denver Area Ed. Telecommunications Consortium v. EC.C., 518 U.S…., 1996.
Il Governo sostiene che non si può imputare alla legge un’indeterminatezza superiore a quella dello standard dell’osceno fissato da questa Corte in Miller v. California, 413 U.S. 15, 1973: ma così non è. In Miller, questa Corte prese in esame una condanna penale a carico di un operatore commerciale, che inviava per posta brochures contenenti immagini di attività sessuali esplicite a persone che non ne avevano fatto richiesta. Avendo dibattuto per qualche tempo la questione della definizione dell’osceno pervenimmo, nella sentenza del caso Miller, alla formulazione di quel test che, a tutt’oggi, stabilisce quando un’opera debba esser considerata oscena:
” a) qualora una persona media, applicando gli standards comunitari contemporanei, ritenga che l’opera, considerata nel suo complesso, sia intesa ad eccitare l’istinto sessuale; b) che questa ritragga o descriva, in modo palesemente offensivo, attività sessuali specificamente indicate dalle leggi statali applicabili; c) qualora l’opera, nel suo insieme, manchi di serio valore letterario, artistico, politico o scientifico “.
Il Governo sostiene che, dal momento che lo standard della ” palese offensività ” di cui al CDA, (ed anche, dobbiamo assumere, il sinonimo standard dell’indecenza), coincide con una delle tre parti in cui si articola il test di Miller, esso non può esser considerato costituzionalmente illegittimo per indeterminatezza.
L’affermazione del Governo non è corretta in punto di fatto. Il secondo elemento dei test di Miller – quello analogo al disposto del CDA, secondo la tesi del Governo -, contiene un elemento critico assente nel CDA: il materiale proscritto deve essere ” specificamente definito dalle leggi statali applicabili “. Tale requisito riduce l’indeterminatezza che deriva dal carattere aperto dell’espressione ” palesemente offensivo ” impiegata nel CDA. Inoltre, la definizione di Miller è limitata alle ” attività sessuali “, mentre il CDA copre anche (1) ” attività di escrezione ” e (2) ” organi ” sessuali e di escrezione.
Il ragionamento del Governo, inoltre, non è corretto. Il fatto che una definizione composta da tre elementi non sia vaga, non implica che, nel caso in cui uno soltanto di questi elementi integri una diversa definizione legale, quest’ultima non debba considerarsi indeterminata. Ciascuno degli altri due elementi del test di Miller – 1) qualora una persona media, applicando gli standards comunitari contemporanei, ritenga che l’opera, considerata nel suo complesso, sia intesa ad eccitare l’istinto sessuale; 2) qualora l’opera, nel suo insieme, manchi di serio valore letterario, artistico, politico o scientifico – limita in modo decisivo l’indeterminatezza della definizione dell’osceno. Il secondo di questi requisiti è particolarmente importante perché, a differenza dei criteri del ” richiamo all’istinto sessuale ” e della ” palese offensività “, non è rapportato ai parametri di valutazione della comunità locale. V. Pope v. Illinois, 481 U.S. 497, 500 (1987). Questo requisito del ” valore sociale “, che manca nel CDA, permette alle corti d’appello di imporre alcune limitazioni e una certa uniformità alla definizione dell’osceno fissando, in diritto, una base nazionale per i valori sociali cui è attribuita un’efficacia ” redimente “. L’obiezione del Governo secondo cui le corti riusciranno a delimitare in misura significativa gli standards dei CIDA è smentita dagli stessi motivi che hanno giustificato, nel precedente di Miller, la decisione di affidare alla giuria il compito di stabilire se il materiale è ” palesemente offensivo ” secondo gli standards comunitari: e cioè che questa è essenzialmente una questione di fatto.
Rispetto a Miller e ad altri casi da noi esaminati, il CIDA minaccia di censurare più diffusamente forme di espressione sostanzialmente estranee alle dichiarate finalità della legge. Considerata l’incerta delimitazione del suo ambito di applicazione, la legge indubbiamente colpisce soggetti le cui manifestazioni del pensiero meriterebbero protezione costituzionale. Questo accresce le ragioni per pretendere che la legge sia formulata in modo restrittivo. Gli effetti negativi del CIDA sulle forme di espressione protette non possono essere giustificati se con una più attenta elaborazione della disciplina legislativa potevano essere evitati.
Noi siamo persuasi che nel CIDA manchi quel rigore nella formulazione delle prescrizioni preteso dal Primo Emendamento per leggi che regolano il contenuto delle manifestazioni del pensiero. Allo scopo di impedire l’accesso dei minori a forme di espressione potenzialmente indecenti, il CIDA di fatto impedisce la circolazione di una quantità notevole di materiali, che gli adulti hanno il diritto costituzionalmente garantito di utilizzare e scambiarsi reciprocamente. Queste limitazioni alla libertà di espressione degli adulti sono inaccettabili, se misure alternative meno restrittive sarebbero state almeno altrettanto efficaci nel conseguire le legittime finalità alle quali la legge era preordinata.
Nel valutare i diritti alla libertà di parola degli adulti, noi abbiamo chiarito perfettamente che ” forme di espressione a contenuto sessuale indecenti, ma non oscene, sono protette dal Primo Emendamento ” Sable, 492 U.S., 126; V. anche Carey v. Population Services Int], 431 U. S. 678, 701 (1977). ” Al di fuori dei casi in cui è in gioco la nozione di osceno, questa Corte ha costantemente ribadito che il fatto che forme di espressione costituzionalmente protette risultino per alcuni offensive non giustifica la loro soppressione “, Carey v. Population Services Inc., 431 U.S. 678, 701 (1977). E difatti, nella stessa decisione Pacifica si avverte: ” Il fatto che la società possa ritenere offensive alcune manifestazioni dei pensiero non è una ragione sufficiente per sopprimerle “, 438 U.S., 745.
Vero è che questa Corte ha ripetutamente riconosciuto l’esistenza di un pubblico interesse a proteggere i bambini da materiali nocivi. V. Ginsberg, 390 U. S., 639; Pacifica, 438 U. S., 749. Ma quest’esigenza non giustifica una soppressione ingiustificatamente ampia di forme di espressione destinate agli adulti. Come abbiamo avuto modo di spiegare, lo Stato non può ” costringere la popolazione adulta… a fruire… soltanto di ciò che è ritenuto appropriato anche per i bambini”. V. Bolger v. Youngs Drug Products Corp., 463 U. S. 60, 74-75 (1983).
La Corte distrettuale è giustamente pervenuta alla conclusione che le prescrizioni del CDA sono assimilabili al divieto del c.d. ” dial a porn ” dichiarato illegittimo in Sable. In quella decisione, questa Corte si rifiutò di accogliere la tesi secondo cui noi dovremmo rimetterei al giudizio di fatto del legislatore, secondo il quale solamente un divieto assoluto riuscirebbe ad impedire a giovincelli intraprendenti di riuscire ad accedere a comunicazioni indecenti. Il precedente di Sable ha chiarito che il fatto che una regolamentazione legislativa della libertà di espressione miri a proteggere i bambini dal contatto con materiali sessualmente espliciti, non inibisce l’indagine sui presupposti di fatto della sua legittimità costituzionale. Come abbiamo sottolineato nella scorsa sessione, il controllo di costituzionalità dev’essere specificamente volto ad accertare che il Congresso abbia formulato la disciplina legislativa in modo tale da raggiungere la finalità perseguita, ” senza imporre restrizioni ingiustificatamente estese alla libertà di espressione “. Denver, 518 U.S.
Nel sostenere che il CDA non limita così gravemente le comunicazioni tra adulti, il Governo si basa sull’errata premessa di fatto che, essendo applicabile soltanto quando sia noto che uno dei destinatari è un minore, il divieto delle trasmissioni non interferirebbe con le comunicazioni tra adulti. Gli accertamenti della Corte Distrettuale chiariscono che questa premessa è insostenibile. Data l’ampiezza della potenziale audience per la maggior parte dei messaggi, e non essendo allo stato disponibile alcun sistema efficace di verifica dell’età, deve assumersi che il mittente sappia che è probabile che uno o più minorenni ricevano le sue comunicazioni. La consapevolezza, per esempio, che siano minorenni uno o più partecipanti ad un gruppo chat composto da un centinaio di persone – e che perciò costituirebbe reato inviare al gruppo un messaggio indecente -avrebbe sicuramente un effetto limitativo sulle comunicazioni tra adulti.
La Corte Distrettuale ha accertato che, all’epoca del giudizio, la tecnologia disponibile non consentiva a chi immette materiali su Internet di prevenire l’accesso dei minori, senza al tempo stesso negarlo agli adulti. La Corte ha verificato che non esiste alcun metodo efficace per determinare l’età di un utente che accede alle informazioni in rete tramite e-mail, mail exploders, newsgroup, chats. La Corte ha anche accertato che sarebbe, di fatto, economicamente proibitivo per individui ed enti senza scopo di lucro che hanno propri siti Web – ed anche per molti operatori commerciali – verificare che gli utenti sono adulti. A causa di queste limitazioni tecniche il CDA causerebbe inevitabilmente una riduzione rilevante delle comunicazioni tra adulti su Internet. D’altro canto, la Corte Distrettuale ha rilevato che ” nonostante gli attuali limiti, il software per utenti oggi disponibile induce a pensare che saranno presto ampiamente diffusi metodi ragionevolmente efficaci, attraverso i quali i genitori potranno prevenire l’accesso dei figli a materiali ad esplicito contenuto sessuale o che comunque essi giudichino controindicati “.
L’ampiezza della portata precettiva del CDA è un fatto assolutamente privo di precedenti. A differenza delle regolamentazioni approvate in Ginsberg e Pacifica, l’applicazione di queste disposizioni non è limitata a comunicazioni o enti commerciali. I suoi categorici divieti colpiscono chiunque, ente senza scopo di lucro o persona fisica, invii messaggi indecenti, o li visualizzi sul proprio computer, in presenza di un minore. Il termine ” indecente ” e l’espressione ” palesemente offensivo “, nella loro genericità e indeterminatezza, coprono una mole rilevante di materiale non pornografico che ha un serio valore educativo, o altre qualità redimenti. Inoltre, il criterio degli ” standards comunitari “, applicato ad Internet, implica che qualunque comunicazione rivolta ad un’audience nazionale sarà sottoposta all’applicazione degli standards di valutazione della comunità locale che è più probabile giudichi offensivo il messaggio. Ricadono nell’ambito applicativo della legge ciascuna delle sette ” parolacce ” utilizzate nel monologo preso in esame nel caso Pacifica, il cui impiego in comunicazioni via Internet potrebbe costituire reato, come ha ammesso il consulente del Governo. 1 divieti potrebbero essere applicati a discussioni sul problema della violenza carnale in carcere, o sulla prevenzione dell’AlDS, a rappresentazioni artistiche con immagini di nudo e probabilmente anche al catalogo della Carnegie Library.
Ai fini di questa decisione, non siamo obbligati ad accogliere o respingere la tesi del Governo, secondo cui non è in contrasto con il Primo Emendamento un divieto assoluto di invio ai diciassettenni di messaggi ” indecenti ” o ” palesemente offensivi ” – a prescindere dal valore del messaggio e dall’approvazione dei genitori. Dovrebbe essere chiaro che l’interesse pubblico alla protezione dei minori non può avere la stessa intensità in tutti i casi che possono ricadere nell’ambito applicativo di questa legge. Ai sensi del CDA, il genitore che permette al figlio diciassettenne di utilizzare il computer domestico per recuperare da Internet informazioni che il genitore stesso, secondo i propri valori educativi, reputi appropriate, rischia una lunga pena detentiva. Analogamente, un genitore che invii al figlio nel college in cui studia, per posta elettronica, informazioni sui sistemi di controllo delle nascite potrebbe finire in carcere, sebbene né lui, né il figlio, né alcun altro nella comunità locale di residenza, ritenga ” indecenti ” o ” palesemente offensive ” tali informazioni, qualora la comunità della sede del college non si attenga agli stessi parametri di giudizio.
Questa disciplina della libertà di espressione è talmente severa da rendere particolarmente gravoso l’assolvimento dell’onere, che incombe sul Governo, di dimostrare perché disposizioni meno restrittive non sarebbero altrettanto efficaci. Il Governo non è stato in grado di dimostrarlo. Nella discussione dinanzi a questa Corte sono state prospettate possibili alternative, come per esempio: richiedere che il materiale indecente sia ” etichettato ” in maniera tale da permettere ai genitori di controllare più facilmente i materiali recuperati dalla rete; prevedere eccezioni ai divieti per messaggi che abbiano un valore artistico o educativo; attribuire maggiore autonomia di giudizio ai genitori; prevedere una disciplina differenziata per le varie parti di Internet – per esempio distinguendo siti Web commerciali e chat rooms -. Tenuto conto in particolare del fatto che il Congresso non ha svolto specifiche indagini per approfondire la materia che il CDA avrebbe regolato, e che non si sono tenute audizioni parlamentari dedicate ai possibili problemi applicativi della disciplina in corso di approvazione, noi siamo persuasi che la legge non sia stata elaborata in modo tale da imporre le restrizioni strettamente necessarie, a meno di non voler svuotare del tutto di significato tale requisito.
Nel tentativo di difendere la legittimità costituzionale del CDA, il Governo sottopone alla nostra attenzione tre ulteriori argomentazioni a sostegno dei divieti di legge: 1) il CDA è costituzionalmente legittimo perché lascia aperti ” canali alternativi ” di comunicazione molto ampi; 2) i requisiti della ” conoscenza ” e della ” specifica persona “, contemplati nella lettera dei precetti, il cui significato sarebbe evidente, limitano significativamente i casi in cui la legge può essere legittimamente applicata; 3) i divieti dei CDA colpirebbero ” quasi sempre ” materiale privo di valore sociale redimente.
Il Governo eccepisce innanzitutto che il CIDA pur, in effetti, censurando forme di espressione su numerosi sistemi di comunicazione di Internet – come i gruppi chat, i newsgroups, e i mail exploders _ sia ciò nonostante costituzionalmente legittimo poiché offre ai cittadini una ” ragionevole opportunità ” di effettuare le comunicazioni soggette a restrizioni sul World Wide Web. Quest’argomentazione non è persuasiva poiché il CIDA regola le forme di espressione sulla base del loro contenuto. Non possono, dunque, essere applicati nei riguardi di questa legge criteri di legittimità costituzionale validi per normative che regolano ” tempi, luoghi e modalità ” di esercizio della libertà di espressione, V. Consolidated Edison Co. of N. Y. v. Public Serp. Comm’n of N. Y., 447 U.S. 530, 536 (1980). E perciò irrilevante che le comunicazioni vietate siano permesse sul Web (laddove però, come ha ammesso lo stesso consulente del Governo, per essere effettuate richiederebbero una spesa superiore ai 10.000 $, se il singolo utente non può utilizzare un sito preesistente, oltre ai costi di gestione dei dati e a quelli per la verifica dell’età degli utenti). La tesi del Governo equivale a sostenere che una legge possa vietare il volantinaggio su certi argomenti, sin tanto che i singoli sono liberi di esprimere le stesse idee pubblicando libri. Nel giudicare costituzionalmente illegittime un certo numero di leggi che vietavano il volantinaggio per strada a prescindere dai contenuti – abbiamo spiegato che ” il diritto del singolo ad esercitare la libertà di espressione non può essere limitato in certi luoghi sulla base del pretesto che può essere esercitato altrove “. Schneider v. State (Town of Irvington), 308 U.S. 147, 163, (1939).
Il Governo sostiene inoltre che il requisito della ” consapevolezza “, richiesto dalle 223(a) e (b), specialmente se considerato congiuntamente al riferimento alla ” persona specifica ” della 223 (d), contiene entro limiti di legittimità costituzionale la portata precettiva dei divieti. Poiché le due disposizioni proibiscono la distribuzione di messaggi indecenti, sostiene il Governo, soltanto qualora sia noto che i destinatari sono minorenni, esse non impongono ” di astenersi dal trasmettere materiali indecenti agli adulti; ma obbligano soltanto a non far pervenire tali materiali a persone che il mittente sappia hanno meno di diciotto anni “. Quest’argomentazione omette di considerare che la maggior parte degli spazi di discussione su Internet -comprese chat rooms, newsgroups, mail exploders e Web – è aperta a tutti. L’affermazione del Governo secondo cui il requisito della consapevolezza in qualche modo garantisce la libertà di comunicazione tra adulti è perciò inaccettabile. Anche la più estensiva interpretazione del requisito della ” persona specifica ” di cui alla 223(d) non può salvare la legge. L’effetto di questa previsione sarebbe quello di conferire forti poteri censori, sotto forma di una sorta di diritto di veto, a chiunque volesse opporsi a forme di comunicazione indecenti: chi avesse tale intenzione potrebbe semplicemente interrompere la comunicazione e informare gli interlocutori che il proprio figlio diciassettenne – “una specifica persona… al di sotto dei 18 anni” ai sensi della 223(d)(1)(a) – sta prendendo parte ad essa.
Infine, non trova alcun riscontro nella lettera della legge la tesi del Governo secondo la quale materiale che ha valore scientifico, educativo od altre qualità redimenti ricadrebbe necessariamente al di fuori dell’ambito di applicazione dei divieti su comunicazioni ” indecenti ” o ” palesemente offensive “.
Le tre residue argomentazioni difensive del Governo sono incentrate sulle cause di esonero dalla responsabilità di cui alla 223 (e)(5). Il Governo cita innanzitutto la previsione dell’adozione in buona fede di “misure ragionevoli, efficaci ed appropriate”, e sostiene che il metodo della ” etichettazione ” dei materiali rappresenta una causa di esonero dalla responsabilità che rende costituzionalmente legittima la legge. La tesi assume che il mittente possa inserire nelle comunicazioni indecenti un codice che consenta di identificarne il contenuto, in modo tale da permettere ai destinatari di bloccare la ricezione per mezzo di apposito software. La pretesa che le misure in buona fede siano ” efficaci ” rende illusoria questa esimente. Il Governo riconosce che il necessario software di filtraggio allo stato attuale non esiste. Anche se così non fosse, non è possibile sapere con certezza se i potenziali destinatari effettivamente bloccheranno il materiale codificato. Nell’impossibilità di accertare che tutti coloro i quali, in America, possono controllare l’accesso a Internet schermeranno i materiali ” etichettati “, il mittente non può ragionevolmente ritenere di aver adottato una misura ” efficace ” al fine di impedire l’accesso dei minori alle comunicazioni vietate.
Le altre due argomentazioni del Governo relative alle cause di esonero dalla responsabilità – che possono essere prese in esame congiuntamente – rinviano alla seconda parte della 223(e)(5), che trova applicazione quando il trasmittente ha limitato l’accesso ai materiali, richiedendo l’uso di una carta di credito verificata o di un codice di identificazione per adulti. Queste procedure di verifica sono non soltanto tecnicamente possibili, ma anche in concreto già impiegate dai fornitori commerciali di materiale sessualmente esplicito. Questi ultimi possono, pertanto, beneficiare della clausola di esonero dalla responsabilità. Come accertato dalla Corte Distrettuale, però, è economicamente proibitivo per la maggior parte degli operatori non commerciali l’impiego dei suddetti sistemi di verifica dell’età. Questa disposizione, perciò, non limiterebbe in misura rilevante l’impatto negativo della legge su forme di espressione che non sono destinate ad un impiego commerciale. Per quanto riguarda inoltre i commercianti professionali di materiale pornografico, protetti dall’esimente, il Governo non è riuscito a provare che queste tecniche di verifica siano effettivamente in grado di impedire ai minori di fingersi adulti. Posto che il rischio di sanzioni penali ” incombe su tutti coloro che immettono materiali in Internet come la proverbiale spada di Damocle “, la Corte Distrettuale si è rifiutata di far affidamento su futuri sviluppi tecnologici per salvare la legge da una pronunzia di illegittimità costituzionale. Il Governo perciò non è riuscito a dimostrare che le cause di esonero dalla responsabilità contemplate dal CIDA ridurrebbero significativamente le pesanti restrizioni sulla libertà di espressione degli adulti, causate dai divieti delle comunicazioni offensive.
Noi condividiamo la conclusione della Corte Distrettuale secondo la quale il CDA limita in misura intollerabile manifestazioni del pensiero costituzionalmente protette e le cause di esonero dalla responsabilità non arginano gli effetti restrittivi della legge in modo da salvare norme altrimenti senz’altro illegittime. Nel caso Sable -492, U.S. 127 – rilevammo che le limitazioni alla libertà di parola oggetto del giudizio equivalevano ad ” incendiare la casa per arrostire il maiale “. Il CDA, che proietta un’ombra molto più tetra sulla libertà di espressione, minaccia di dar fuoco a un segmento molto consistente della comunità di Internet.
Nel corso della discussione orale, il Governo ha fermamente difeso la sua conclusiva domanda subordinata: se questa Corte dovesse ritenere che il CDA non è formulato in modo da imporre le restrizioni strettamente necessarie, essa dovrebbe salvarne la legittimità costituzionale applicando la severability clause, e pronunziandosi a favore di un’interpretazione restrittiva delle norme non invalidate. Questa richiesta può essere accolta sotto un unico profilo. Per l’applicazione della severability clause è necessario che, nella lettera della legge, sia possibile identificare più disposizioni tra loro autonome. Ai sensi della 698, noi eviteremo di invalidare quell’unica parte del testo della legge impugnata dalla quale è possibile ricavare un precetto autonomo costituzionalmente legittimo. Il divieto dell’indecenza ha per oggetto qualunque ” Commento, richiesta, consiglio, proposta, immagine o altra comunicazione oscena o indecente “. Gli appellati non contestano l’applicazione dei divieti a forme di espressione oscene che, come essi riconoscono, possono anche essere del tutto vietate, non godendo di alcuna tutela costituzionale ai sensi del Primo Emendamento. Nella lettera della legge, le restrizioni che hanno per oggetto il materiale ” osceno ” sono testualmente distinte da quelle relative al materiale ” indecente “, che riteniamo costituzionalmente illegittime. Noi, perciò, separeremo l’inciso ” o indecente ” dal resto della disposizione impugnata, evitando così di invalidare quest’ultima. Sotto nessun altro profilo, però, le disposizioni di cui alle 223(a) e 223(d) possono essere salvate da una tale operazione di chirurgia testuale.
Il Governo invoca anche un altro, meno consueto, aspetto della severability clause, quello in virtù del quale i giudici che, nell’esercizio del loro controllo giurisdizionale di legittimità, reputino una legge palesemente incostituzionale, potrebbero non dichiararla invalida anche con riferimento a possibili applicazioni a ” persone o circostanze ” rispetto alle quali essa sarebbe costituzionalmente legittima. Il Governo cita inoltre il principio enunciato da questa Corte secondo cui, in assenza di ” considerazioni contrarie “, una legge dovrebbe essere ” dichiarata illegittima nella misura in cui la portata dei suoi precetti eccede i limiti fissati dalla Costituzione, ma fatta salva per il resto “. Brockett v. Spokane Arcades, Inc., 472 U.S. 491, 503504 (1985). Due vizi inficiano quest’argomentazione.
Primo: la nonna di legge – 47 U.S.C.A. 561 – che ci attribuisce autorità giurisdizionale in questo procedimento abbreviato, limita i nostri poteri alla pronunzia su azioni che postulano la ” palese ” illegittimità costituzionale dei CDA. Gli attori negli atti di causa ed il collegio che ha emesso la decisione, conformemente alla 56 1, hanno considerato la controversia come giudizio sulla ” palese “illegittimità costituzionale della legge. Noi non abbiamo l’autorità, in questa sede, di modificare la natura dei giudizio per pronunziarci sulla legittimità costituzionale della legge ” nelle possibili applicazioni “. Né, visto il numero consistente degli attori, l’ampia estensione dei settori nei quali essi esercitano il diritto alla libertà di espressione, e l’indeterminatezza delle prescrizioni della legge, sarebbe possibile limitare la nostra pronunzia ad uno spettro di possibili applicazioni della legge giudizialmente definito.
Secondo: ricorre qui una delle ” considerazioni contrarie ” menzionate nel caso Brockett. Nel prendere in esame un’impugnazione per ” palese ” illegittimità costituzionale, questa Corte può emettere una sentenza interpretativa, solo se la legge impugnata può ” senza difficoltà ” essere interpretata nel modo indicato. V. Virginia v. American Bookseller’s Assn., Inc., 484 U.S. 383, 397 (1988). V. anche Erznoznick v. facksonville, 422 U.S. 205, 216 (1975). Il carattere aperto delle disposizioni del CDA non offre alcuna indicazione utile a limitare l’ambito applicativo della legge.
Questo caso dunque non è analogo a quelli in cui ci siamo pronunziati a favore di un’interpretazione restrittiva, poiché la lettera della legge, o altre fonti che chiarivano l’intenzione del legislatore, ci permettevano di identificare una chiara linea di demarcazione per delimitare l’ambito applicativo delle norme sottoposte al nostro esame. Cf., per es., Brockett, 472 U.S,- 504-505; United States v. Grace, 461 U.S. 171, 180-183, 1983. E più pertinente alla presente controversia il principio stabilito in United States v. Treasury Employees, 513 U.S. 454, 479, n. 26 (1995), laddove ci rifiutammo di ” tracciare una o più distinzioni tra forme di espressione regolate da norme di legge troppo ampie, dal momento che il legislatore non offriva alcuna indicazione per decidere dove le nuove distinzioni dovevano essere inserite “, poiché avremmo altrimenti ” seriamente interferito con le attribuzioni dei legislatore”. Questa Corte “non riscriverà… una legge per renderla conforme al dettato costituzionale “. American Booksellers, 484 U.S., 397.
In questa sede, ma non dinanzi alla Corte Distrettuale, il Governo ha sostenuto che – oltre all’interesse a proteggere i bambini – c’è un altro interesse pubblico, ” altrettanto significativo “, che può autonomamente giustificare una pronunzia di legittimità costituzionale per il CDA: l’interesse a promuovere la crescita di Internet. Il Governo sembrerebbe assumere che la disponibilità di materiale ” indecente ” e ” palesemente offensivo ” su Internet, imputabile alla mancanza di un’apposita disciplina, tenga lontani da questo mezzo di comunicazione numerosissimi cittadini, allarmati dal rischio di venire a contatto con materiali nocivi – o di esporre a questo pericolo i propri figli.
Quest’argomentazione ci sembra particolarmente debole. L’enorme crescita di questo nuovo mercato delle idee contraddice il presupposto di fatto di tale tesi. 1 fatti accertati dimostrano che l’espansione di Internet è stata, e continua ad essere, fenomenale. t tradizione della nostra giurisprudenza costituzionale presumere, in mancanza di prove contrarie, che la pubblica regolamentazione dei contenuto delle manifestazioni del pensiero è più probabile che interferisca con il libero scambio delle idee piuttosto che incoraggiarlo. L’interesse a stimolare la libertà di espressione in una società democratica è superiore a qualunque preteso, non dimostrato, beneficio della censura.
Per le suddette ragioni, la decisione della Corte Distrettuale è confermata.
Così disposto.
Opinione in parte concorrente ed in parte dissenziente del Giudice O’Connor, alla quale aderisce il Presidente Rehnouist
Questa separata opinion serve a spiegare perché, a mio avviso, il Communications Decency Act del 1996 è poco più che un tentativo da parte del Congresso di creare su Internet ” aree riservate agli adulti “. 1 nostri precedenti chiariscono che una legge finalizzata a creare aree riservate non è incompatibile con la Costituzione. Pur perseguendo finalità ammissibili, alcune norme del CIDA sono però costituzionalmente illegittime, perché si discostano dai principi che la nostra giurisprudenza ha fissato per stabilire entro quali limiti una legge che istituisce aree protette per l’esercizio della libertà di espressione può ritenersi conforme alla Costituzione.
Gli appellati hanno impugnato per ” palese ” illegittimità costituzionale tre disposizioni del CDA. Ai sensi della prima – quella c.d. sulle ” comunicazioni indecenti ” -, è reato trasmettere consapevolmente un messaggio o un’immagine oscena o indecente, sapendo che il destinatario della comunicazione ha un’età inferiore ai diciotto anni. La seconda disposizione – che per la Corte è costituita da un’unica previsione, quella sulle ” accessibilità di materiali palesemente offensivi ” – è composta in realtà da due separate previsioni. La prima punisce il fatto di chi consapevolmente spedisce un messaggio o un’immagine palesemente offensivi ad una specifica persona minore di 18 anni (la previsione c.d. sulla ” persona specifica “). La seconda punisce la pubblicazione di messaggi o immagini palesemente offensive, ” in qualunque modo rese accessibili ” a minori (previsione sulla ” accessibilità di materiali palesemente offensivi “). Nessuna di queste disposizioni è intesa ad impedire agli adulti di accedere a materiali indecenti (o palesemente offensivi), diritto a loro garantito dal Primo Emendamento. (” Forme di espressione a contenuto sessuale indecenti, ma non oscene, sono protette ai sensi del Primo Emendamento “) Sable Communications of Cal., Inc. v. FCC, 492 U.S. 115, 126 (1989). t perciò innegabile che scopo del CIDA sia di limitare la diffusione di materiali indecenti su Internet ad apposite aree alle quali i minori non possano accedere. V. S. Conf. Rep. N. 104-230, p. 189 (1996) (il CIDA impone ” restrizioni di accesso … per impedire che i minori siano esposti al contatto con materiale indecente “).
La creazione di ” aree ” destinate agli adulti è un’iniziativa tutt’altro che insolita. Leggi statali vigenti vietano da tempo ai minori l’accesso a locali frequentati dagli adulti. Singoli stati hanno anche negato ai minori l’accesso a forme di espressione ritenute per loro nocive. La Corte, nel passato, ha giudicato legittime normative che istituivano aree interdette ai minorenni, ma soltanto nei limiti in cui non venivano violati i diritti garantiti dal Primo Emendamento ad adulti e minori. Vale a dire: questo tipo di leggi è costituzionalmente legittimo: se (1) non provoca ingiustificate restrizioni dell’accesso degli adulti ai materiali regolati; e se (2) i minori non hanno, ai sensi del Primo Emendamento, diritto di leggere o prendere in visione il materiale vietato. Applicate alla contemporanea realtà di Internet, la previsione sulla ” accessibilità di materiali palesemente offensivi “, e quelle sulle ” trasmissioni indecenti ” e sulla ” persona specifica ” in alcune loro applicazioni, non sono conformi al primo dei suddetti principi, giacché determinano, in certe circostanze, restrizioni dell’accesso degli adulti a materiale protetto. A differenza della Corte, però, io dichiarerei illegittime queste disposizioni soltanto con riferimento a tali circostanze.
I nostri precedenti precisano che una legge che crea aree riservate è costituzionalmente legittima soltanto se agli adulti è comunque garantita la possibilità di procurarsi il materiale regolato. Se così non fosse, la legge non si limiterebbe semplicemente a proteggere i bambini da materiali ai quali essi non hanno diritto di accedere, ma interferirebbe con il diritto degli adulti di fruire di forme di espressione costituzionalmente protette, di fatto “costringendo la popolazione adulta… a leggere solamente ciò che è adatto anche ai bambini “. Butler v. Michigan, 352 U.S. 380, 383 (1957). Il Primo Emendamento non tollera una tale interferenza. V. Butler, 383 (che dichiarò incostituzionale una legge penale dello Stato del Michigan che vietava la vendita – a minori o adulti – di libri contenenti parole o immagini ” tendenti a… corrompere la morale dei giovani “); Sable, cit. (che invalidò una legge federale che puniva la trasmissione di messaggi telefonici osceni, ma non indecenti, ad adulti e minori); Bolger v. Youngs Drug Products Corp., 463 U.S. 60, 74 (1983) (che dichiarò costituzionalmente illegittima una legge federale che proibiva l’invio postale di pubblicità per contraccettivi non richiesta). Se, però, la legge non limita ingiustificatamente l’accesso degli adulti a forme di espressione costituzionalmente protette può essere ritenuta legittima. In Ginsberg v. New York, 390 U.S. 629, 634 (1968), per esempio, la Corte ha approvato una legge dello Stato di New York che vietava ai proprietari di negozi di vendere riviste pornografiche ai minorenni, anche in considerazione del fatto che essa non impediva agli adulti di acquistarle.
La Corte in Ginsberg ritenne che la legge dello Stato di New York creava ” aree per adulti ” senza violare norme costituzionali, sulla base della considerazione che il divieto di accesso era riferito esclusivamente ai minori. La Corte diede per scontato che la creazione di un’area protetta possa rappresentare un sistema idoneo a garantire agli adulti l’accesso ai materiali regolati, negandolo al tempo stesso ai minori. Sino ad oggi, non c’è stata ragione per dubitare di quest’assunto, poiché la Corte ha preso in esame soltanto leggi destinate ad essere applicate nel mondo fisico, che possiede due qualità che rendono possibile la creazione di ” aree per adulti “: localizzazione geografica e identità. V. Lessing, Reading the Constitution in Cyberspace, 45 Emory L. j. 869, 886, (1996). Un minore, per assistere ad uno show per adulti, deve fisicamente accedere al locale in cui si svolge lo spettacolo. Se il minore tenta di essere ammesso nel locale non può mascherare del tutto la propria identità (e, di conseguenza, l’età). Localizzazione geografica e identità, perciò, permettono al proprietario di impedire l’ingresso dei bambini all’interno del locale, consentendo al tempo stesso l’accesso agli adulti.
Il mondo elettronico è profondamente diverso. Poiché il ciberspazio non è che un insieme di sentieri elettronici tra loro collegati, esso permette a chi immette e a chi riceve informazioni di mascherare la propria identità. Il ciberspazio indubbiamente possiede una qualche qualità geografica: chat rooms e siti Web, per esempio, hanno proprie localizzazioni fisse su Internet. Dal momento, però, che gli utenti trasmettono e ricevono messaggi su Internet senza comunicare informazioni relative ad identità ed età, non è allo stato possibile escludere gli utenti dall’accesso a certi messaggi sulla base dell’identità.
Il ciberspazio si distingue dal mondo fisico per un’altra fondamentale caratteristica: esso è malleabile. t, perciò, possibile erigere nel ciberspazio barriere per filtrare l’identità degli utenti, rendendolo così più simile al mondo reale e, quindi, più idoneo all’applicazione di leggi che creano aree per adulti. Questa trasformazione del ciberspazio è già in corso di realizzazione. Cfr. Lessing, cit., p. 887 (” il ciberspazio ” si sta trasformando da una dimensione relativamente priva di localizzazioni geografiche ad un universo straordinariamente ben definito geograficamente “). Coloro che immettono materiali su Internet hanno cominciato a favorire questa trasformazione del ciberspazio, utilizzando la tecnologia ” gateway “. Grazie a questa tecnologia è possibile richiedere agli utenti di Internet informazioni personali – come un numero di identificazione per adulti o un numero di carta di credito – per accedere a determinate aree del ciberspazio, presso a poco come il buttafuori di un night club controlla la patente dei clienti prima di consentirne l’accesso al locale. Gli utenti di Internet non hanno, così facendo, frazionato geograficamente il ciberspazio, ma hanno cercato di regolare le possibilità di accesso alle informazioni, grosso modo nel modo in cui un genitore controlla ciò che i figli guardano alla televisione installando un ” lock box “. Questa sorta di zonizzazione controllata dagli utenti è resa possibile dall’utilizzo di software di filtraggio (come Cyber Patrol o SurfWatch), o browsers con capacità di filtraggio, che identificano indirizzi e testi contenenti parole chiave associate a siti ” per adulti ” e, se l’utente lo desidera, bloccano l’accesso a tali siti. Il progetto PICS (Platfonn for Internet Content Selection) si propone di facilitare la zonizzazione controllata dall’utente, incoraggiando chi immette materiali su Internet a classificarne il contenuto mediante l’impiego di codici che tutti i programmi di filtraggio sono in grado di riconoscere.
Nonostante i suddetti progressi, la trasformazione del ciberspazio non è completa. Sebbene la tecnologia gateway sia da qualche tempo disponibile per il World Wide Web, non tutti gli operatori possono utilizzarla, e soltanto da poco tempo è applicabile anche a chat rooms e newsgroups USENET. La tecnologia gateway non è universalmente diffusa nel ciberspazio, e poiché in sua mancanza “non è possibile effettuare verifiche dell’età “, il ciberspazio, in gran parte, rimane geograficamente non frazionato – né frazionabile – per aree. La zonizzazione controllata dall’utente è anch’essa agli esordi. Perché essa sia in grado di svolgere la sua funzione: (I) dovrebbe esistere un accordo generale sui codici (o le ” etichette “) da utilizzare; (II) il software di filtraggio, o i browsers con capacità di filtraggio, dovrebbero essere in grado di riconoscere le ” etichette “; e (III) questi programmi dovrebbero essere ampiamente diffusi ed in concreto utilizzati dagli utenti di Internet. Allo stato attuale, nessuna di queste condizioni si è verificata. Il software di filtraggio non è ancora molto diffuso, e solamente pochi browsers hanno capacità di filtraggio. Non c’è inoltre alcun accordo riguardo alle etichette, o ai codici, che questi programmi dovrebbero riconoscere.
Ancorché le prospettive perché Internet divenga, nel futuro, tecnicamente idoneo all’applicazione di leggi che creano aree per adulti appaiano incoraggianti, io condivido l’opinione della Corte secondo cui il CDA dev’essere valutato per i suoi effetti sulla realtà odierna di Internet. Considerato lo stato attuale del ciberspazio, la disposizione sulla ” accessibilità di materiali palesemente offensivi “, qui concordo con la Corte, non può superare il controllo di legittimità costituzionale. Sino a quando la tecnologia gateway non sarà largamente diffusa nel ciberspazio, e nel 1997 non lo è, chi immette materiali su Internet non può essere ragionevolmente certo che essi perverranno soltanto ad utenti adulti, poiché è impossibile limitarne la diffusione ad aree riservate a questi ultimi. Perciò, l’unico modo per evitare un’incriminazione, ai sensi del CDA, è quello di rinunziare del tutto ad immettere in rete materiali indecenti. Ma questa forzata astensione lede il diritto, garantito agli adulti dal Primo Emendamento, di inviare e ricevere materiali di questo tipo e, a tutti gli effetti, ” costringe la popolazione adulta (su Internet) a leggere soltanto ciò che è adatto anche ai bambini “. Butler, 352 U.S., 383. Di conseguenza, la previsione sulla ” accessibilità di materiali palesemente offensivi “non può ritenersi costituzionalmente legittima.
Le previsioni c.d. sulle ” trasmissioni indecenti ” e sulla ” persona specifica ” pongono un problema simile, ma non sono costituzionalmente illegittime in tutte le possibili applicazioni. Come abbiamo poc’anzi ricordato, la previsione sulle ” trasmissioni indecenti ” punisce il fatto di chi consapevolmente trasmette un messaggio o un’immagine oscena o indecente, sapendo che il destinatario della comunicazione ha un’età inferiore ai diciotto anni. 223(a)(1)(B). La previsione sulla ” persona specifica ” vieta il medesimo fatto, sebbene non richieda in modo altrettanto esplicito che il mittente sappia che il destinatario del messaggio indecente è un minore. ( 223(d)(I)(A). Gli appellanti chiedono alla Corte di interpretare la disposizione in modo tale da includere questo requisito della ” conoscenza “, ed io accoglierei tale richiesta. V. Edward I. De Bartolo Corp. v. Florida Gulf Coast Building & Constr. Trade Council, 485 U.S. 568, 575 (1988). (” Se un’interpretazione di legge altrimenti valida pone seri problemi costituzionali, la Corte interpreterà la legge in modo tale da escludere detti problemi, a meno che tale interpretazione non sia chiaramente contraria all’intenzione del legislatore “).
Interpretate in questo modo, entrambe le disposizioni possono ritenersi costituzionalmente legittime se applicate a comunicazioni tra un adulto e uno o più minorenni – per esempio, nel caso in cui un adulto invia un messaggio di posta elettronica, sapendo che il destinatario è un minore, o quando un adulto e un minore conversano tra loro o con altri minorenni in una chat room. In tali circostanze, queste disposizioni non sono dissimili dalla legge giudicata legittima nel caso Ginsberg. L’imposizione di restrizioni sulle comunicazioni tra un adulto e un minore non limita in alcun modo le possibilità di comunicazione tra adulti. Agli adulti non è impedito di effettuare tra di loro conversazioni indecenti nelle chat rooms (nel caso dell’esempio, non vi sono altri adulti, poiché uno solo partecipa alla conversazione), ed essi rimangono liberi di scambiarsi messaggi di posta elettronica indecenti. L’universo rilevante contiene un solo adulto e questi, in tale contesto, può astenersi da manifestazioni del pensiero indecenti, limitandole ad aree, nell’ambito delle comunicazioni chat, riservate agli adulti.
L’analogia con Ginsberg viene meno, però, nel caso in cui più di un adulto partecipi alla conversazione. Se un minore entra in una chat room alla quale partecipano soltanto adulti, il CDA, in effetti, obbliga gli adulti ad interrompere le comunicazioni indecenti. 1 partecipanti alla chat potrebbero altrimenti essere incriminati, ai sensi delle due disposizioni citate, per qualunque affermazione indecente rivolta al gruppo, dal momento che verrebbe in tal modo trasmesso un messaggio indecente a persone specifiche, una delle quali è un minore. Da questo punto di vista, il CDA è simile ad una legge che punisce il negoziante che vende al pubblico riviste pornografiche, dopo che nella rivendita sono entrati dei minori. Anche assumendo che una norma del genere, nel mondo fisico, possa rappresentare una scelta ragionevole, e costituzionalmente legittima, per escludere del tutto i minori dalla possibilità di accedere a rivendite che distribuiscono questo tipo di materiali, nel ciberspazio l’impossibilità di escludere i minori dalle chat rooms comporta un’inevitabile limitazione del diritto degli adulti a prendere parte a conversazioni indecenti. Le disposizioni sulle ” trasmissioni indecenti ” e sulla ” specifica persona ” hanno in comune questo vizio.
Queste due disposizioni, però, non interferiscono con le comunicazioni tra adulti in tutte le situazioni. E inoltre, come chiarirò tra breve, non ritengo che i divieti limitino l’accesso dei minori ad una rilevante quantità di materiali cui essi avrebbero diritto di accedere. In determinate circostanze, l’applicazione del CDA può, perciò, ritenersi costituzionalmente legittima. Questo normalmente imporrebbe alla Corte di non accogliere un’impugnazione per palese illegittimità costituzionale. United States v. Salerno, 481 U.S. 739, 745 (1987). (” Un’impugnazione per palese illegittimità costituzionale [può essere accolta solo se] il ricorrente… dimostra che non vi sono circostanze nelle quali l’applicazione della legge sarebbe legittima “). Gli appellati, però, lamentano la violazione dei Primo Emendamento, e postulano la palese illegittimità costituzionale del CDA a causa dell’eccessiva portata precettiva sostanziale – la legge, cioè, ” si spinge troppo oltre… e penalizza una quantità rilevante di forme di espressione costituzionalmente protette “. Forsyth County v. Nationalist Movement, 505 U.S. 123, 130 (1992). lo condivido l’opinione della Corte secondo cui la portata precettiva dei divieti è eccessiva, poiché le norme si applicano a qualunque tipo di comunicazione tra adulti e minori, indipendentemente dal numero degli adulti presente nell’audience della comunicazione.
Questa conclusione non chiude la questione, però. Nel caso in cui, come nel presente giudizio, ” ad impugnare la legge sono coloro i quali intendono beneficiare delle forme di espressione protette che le norme illegittime si propongono di punire… la legge può essere senz’altro dichiarata invalida per la parte in cui eccede i limiti di costituzionalità, e fatta salva per il resto ” Brockett v. Spokane Arcades, Inc., 472 U.S. 491, 504 (1985). Non c’è dubbio che il Congresso intendesse vietare certe comunicazioni tra un adulto e uno o più minorenni, v. 223 (a) (1) (B) che punisce ” chiunque… avvia la trasmissione di [una comunicazione indecente] sapendo che il destinatario della stessa è un minore di diciotto anni”; 223(d)(1)(A) che punisce ” [chiunque… spedisce] ad una specifica persona o a più persone di età inferiore ai 18 anni [un messaggio palesemente offensivo] “. t anche indubbio che il Congresso avrebbe approvato una versione più circoscritta dei divieti, se avesse saputo che, nell’attuale formulazione, essi sarebbero stati dichiarati costituzionalmente illegittimi. 47 U.S.C. 608: ” Se… l’applicazione [di una qualunque prescrizione del CDAI a determinate persone o in certe circostanze è ritenuta illegittima… la pronunzia di illegittimità costituzionale non dovrà necessariamente essere estesa all’applicazione della disposizione a persone o in circostanze differenti “. lo riterrei quindi valide le disposizioni su ” trasmissioni indecenti ” e ” persona specifica “, nei limiti in cui sono applicabili a comunicazioni via Internet nelle quali la parte che avvia la trasmissione sa che tutti i destinatari sono minori.
La necessità di accertare se il CIDA effettivamente violi diritti garantiti ai minori dal Primo Emendamento, e perciò manchi il secondo dei menzionati requisiti di validità per leggi che creano aree riservate per adulti, pone questioni analoghe a quelle sin qui trattate. Nel caso Ginsberg, la legge dello Stato di New York, giudicata costituzionalmente legittima da questa Corte, proibiva di vendere a chi non avesse compiuto il diciassettesimo anno di età riviste ” dannose per i minori “. Per detta legge, una rivista era ” dannosa per i minori ” solo se poteva essere ritenuta per essi oscena. Rilevato che le forme di espressione oscene non sono protette dal Primo Emendamento, Roth v. United States, 354 U.S. 476, 485 (1957), e che lo Stato di New York era costituzionalmente legittimato a precisare cosa poteva essere ritenuto osceno per i minori, la Corte concluse che la legge non ” interferiva con l’area della libertà di espressione costituzionalmente garantita ai minori “. Lo Stato di New York non aveva perciò violato diritti dei minori protetti ai sensi dei Primo Emendamento. Cfr.: Erznoznik v. lacksonville, 422 U.S. 205, 213 (1975) (che invalidò un’ordinanza municipale che vietava nudità ” non oscene anche per i minori “).
La Corte ” non accoglie né respinge ” la tesi secondo cui il CDA è palesemente illegittimo perché interferisce in misura rilevante con i diritti garantiti ai minori dal Primo Emendamento. lo avrei respinto questa tesi. Ginsberg chiarisce che può essere costituzionalmente negato ai minori l’accesso a materiali per essi osceno. Come le motivazioni di quella decisione spiegavano, sono osceni per i minori materiali, (I) ” palesemente offensivi secondo i criteri di valutazione prevalenti nella comunità degli adulti che definiscono… ciò che è adatto ai minori; (II) intesi ad eccitare l’istinto sessuale dei minori; (III) completamente privi per essi di valore sociale redimente “. Il CDA nega ai minori il diritto di accedere a materiali ” palesemente offensivi “, anche nel caso in cui abbiano per essi un qualche valore sociale redimente, e pure se non siano intesi ad eccitarne l’istinto sessuale: il fatto, perciò, che il Congresso non si sia attenuto alla definizione di ciò che è ” dannoso per i minori ” formulata in Ginsberg, implica che i divieti del CDA potrebbero essere applicati a forme di espressione ” indecenti “(” palesemente offensive “), ma non oscene per i minori.
lo non nego questa possibilità: ma perché possa essere accolta un’impugnazione per palese illegittimità costituzionale, non basta che l’attore dimostri un qualche eccesso nella portata precettiva della legge impugnata. 1 nostri precedenti richiedono la prova di una ” reale ” e ” rilevante ” violazione dei limiti fissati dalle norme costituzionali “, Broadick v. Oklahoma, 413 U.S. 601, 615 (1973), e gli appellati nella presente controversia non hanno assolto quest’onere. Secondo me, i materiali costituzionalmente protetti per i minori e colpiti dal CIDA – vale a dire, i materiali ” palesemente offensivi “, che però hanno un qualche valore redimente per i minori, o che non sono intesi ad eccitarne l’istinto sessuale – non sono davvero così tanti. Gli appellati non citano esempi di materiali con queste caratteristiche, e non tentano di spiegare perché questa categoria di forme di espressione illegittimamente soppresse sarebbe quantitativamente rilevante ” in rapporto alle finalità chiaramente legittime della legge impugnata “. Il fatto che il CDA possa negare ai minori il diritto di accedere a materiale che abbia un qualche ” valore ” è questione in gran parte non pertinente. Se discussioni su violenza carnale in carcere o nudi artistici possono avere un valore redimente per gli adulti, ciò non significa che debbano necessariamente averlo anche per i minori e, ai sensi del precedente di Ginsberg, i minori hanno un diritto garantito dal Primo Emendamento di accedere esclusivamente a materiali palesemente offensivi, che abbiano riguardo ad essi ” importanza sociale redimente “. Mancano inoltre agli atti prove a supporto dell’obiezione secondo cui ” numerose comunicazioni via posta elettronica tra un adulto e un minore si svolgono tra membri della stessa famiglia “, ed è priva di riscontri la tesi giuridica secondo la quale questo tipo di comunicazioni dovrebbe essere del tutto immune da qualunque forma di regolamentazione. Di conseguenza, a mio giudizio, il CDA non interferisce con una quantità rilevante di forme di espressione costituzionalmente protette per i minori.
La legittimità costituzionale del tentativo di creare, con il CDA, ” aree riservate ” dipende, perciò, dalla misura in cui la legge effettivamente sacrifica diritti garantiti agli adulti dal Primo Emendamento. Poiché violano i diritti degli adulti la disposizione sulla ” accessibilità di materiali palesemente offensivi “, e le norme sulle ” trasmissioni indecenti ” e sulla ” persona specifica “, limitatamente ai casi in cui verrebbero applicate a comunicazioni alle quali prenda parte più di un adulto, io dichiarerei costituzionalmente illegittime soltanto le suddette disposizioni. Nei limiti in cui la disposizione sulle ” trasmissioni indecenti ” e quella sulla ” persona specifica ” vietano le comunicazioni indecenti tra un adulto e uno o più minorenni, però, esse possono e dovrebbero essere ritenute legittime. La Corte giunge ad una conclusione contraria, dalla quale rispettosamente dissento.
(Omissis)
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