Corte di Cassazione, Sezione V Penale,
Sentenza 2 marzo 1995, n. 649
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE V PENALE
Composta dai signori magistrati:
…
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto 5.12.1994 il P.M. presso il Tribunale di Ravenna, atteso che vi era fondato motivo per ritenere che sulla persona o presso l’abitazione di <K. D.> potessero essere conservate cose pertinenti ai reati oggetto del procedimento n. 1469-1994 (concorso in falso in bilancio continuato relativamente alla <T. P.> di Ravenna per gli anni 1991, 1992, 1993), disponeva la perquisizione personale e locale nei confronti del <K.>, indagato per il detto reato, con conseguente sequestro, ai sensi dell’art. 252 c.p.p., di quanto rinvenuto e ritenuto pertinente alle indagini in corso. La perquisizione e il sequestro venivano eseguiti il 6.12.1994 e il sequestro veniva convalidato con decreto del P.M. di Ravenna il 7.12.1994.
Con ordinanza 22.12.1994 il Tribunale di Ravenna rigettava la richiesta del <K.> di riesame del suindicato decreto di perquisizione e sequestro, rilevando che nella specie era stato rispettato il disposto dell’art. 247 c.p.p. in quanto era stato precisato il fatto storico oggetto di indagini e “il vincolo pertinenziale tra la cosa e il reato appariva, ex se, dal titolo contestato in rapporto al materiale oggetto di sequestro” (floppj disk, lettere e fax, rinvenuti, tra l’altro, nell’abitazione stessa dell’indagato). L’indagato ha proposto ricorso per Cassazione chiedendo la declaratoria di illegittimita’ dell’ordinanza del Tribunale della liberta’ di Ravenna e la restituzione del materiale sequestrato al legittimo proprietario.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i motivi di ricorso il <K.> denunzia l’erronea ed illegittima applicazione degli artt. 247, 252 e 253 c.p.p., in relazione all’art. 606 lett. b) c.p.p., e deduce che il decreto era privo della necessaria motivazione prescritta dalla legge, in quanto mancava l’indicazione del fatto storico ascritto ad esso ricorrente e dei necessari riferimenti di tempo, di luogo e di azione idonei a configurare la presunta condotta criminosa ed era indicata soltanto la fattispecie legale.
Peraltro, non solo non era precisato il fatto storico, ma dagli atti non emergeva in alcun modo il vincolo pertinenziale tra le cose oggetto di sequestro (Personal computer, floppj disks, lettere, fax e rubriche personali rinvenuti nell’abitazione e nell’ufficio dell’indagato) e i reati ipotizzati, vincolo che costituisce elemento indispensabile per poter procedere a sequestro conseguente a perquisizione. La prova migliore dell’assenza di tale vincolo pertinenziale si traeva dal verbale 20.12.1994 della squadra di P.G. della Guardia di Finanza, dal quale risultava che erano stati rinvenuti solo programmi applicativi e sistemi operativi, quindi, come si leggeva in tale verbale, elementi “non interessanti ai fini delle indagini”.
I motivi di ricorso sono fondati.
Va in proposito considerato che il sequestro probatorio, al pari della perquisizione, postula la sussistenza di concrete esigenze probatorie. Solo nell’ambito del thema probandum previamente individuato ha senso la ricerca di un dato afferente a un reato. Nell’ipotesi in cui riguardi cose pertinenti al reato, cose che, peraltro, non sono sempre necessarie per l’accertamento dei fatti, il sequestro probatorio inserito, nel nuovo codice di rito, nel titolo relativo ai mezzi di ricerca della prova e diretto all’accertamento dei fatti deve essere, quindi, adeguatamente motivato con riguardo alla ritenuta sussistenza delle concrete esigenze probatorie, con riferimento, cioe’, alla”pertinenza”probatoriadellecose sequestrate in relazione alle quali vanno indicati gli elementi di fatto specifici e concreti che giustificano il provvedimento. E’ appena il caso di rilevare che l’interessato, ove ignori i precisi motivi, le particolari esigenze probatorie e il nesso strumentale con riferimento alla finalita’ probatoria che hanno determinato la perquisizione e il sequestro, desumibilidalle indicazioni che lo stesso deve contenere, viene ad essere privato del diritto di difesa in ordine al provvedimento adottato nei suoi confronti.
Attraverso la motivazione si verifica l’esistenza delle esigenze probatorie su cui si fonda il provvedimento, per stabilirne la legittimita’ e al fine di escludere che la perquisizione, in difetto di nesso strumentale con l’attivita’ criminosa, diventi mezzo di acquisizione della “notitia criminis” e il sequestro penale della cosa pertinente al reato possa servire per raggiungere scopi diversi da quelli probatori, cioe’ per finalita’ di cautela sostanziale o di prevenzione, tutelate da altre norme, inpresenza di altre condizioni.
Il provvedimento adottato nella specie non e’ motivato ne’ sotto il profilo del collegamento tra res e reato, ne’ dal punto dl vista dell’evidenza della sua necessita’, non essendo state indicate le finalita’ che si intendevano perseguire con il provvedimento. In particolare, manca la necessaria motivazione sulle esigenze probatorie poste a base del detto provvedimento,cheviene giustificato con il richiamo fatto dal Giudice di merito al reato oggetto di indagini, del quale viene sottolineata la rilevanza. Osserva la Corte che il richiamo al titolo del resto non puo’ sostituire l’indicazione delle concrete esigenze probatorie che giustificano una misura restrittiva come quella a carico del ricorrente e costituiscono la motivazione del provvedimento con cui viene applicata.
Indicando il reato non si dimostrano le esigenze probatorie, ma si fa soltanto riferimento al presupposto per il sorgere di queste ultime, in relazione alle finalita’ di accertamento dei fatti
contestati.
Sussiste, pertanto, il vizio di motivazione del provvedimento in esame, dedotto dal <K.> con il ricorso proposto.
L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio allo stesso Tribunale di Ravenna per nuovo esame.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i motivi di ricorso il <K.> denunzia l’erronea ed illegittima applicazione degli artt. 247, 252 e 253 c.p.p., in relazione all’art. 606 lett. b) c.p.p., e deduce che il decreto era privo della necessaria motivazione prescritta dalla legge, in quanto mancava l’indicazione del fatto storico ascritto ad esso ricorrente e dei necessari riferimenti di tempo, di luogo e di azione idonei a configurare la presunta condotta criminosa ed era indicata soltanto la fattispecie legale.
Peraltro, non solo non era precisato il fatto storico, ma dagli atti non emergeva in alcun modo il vincolo pertinenziale tra le cose oggetto di sequestro (Personal computer, floppj disks, lettere, fax e rubriche personali rinvenutinell’abitazioneenell’ufficio dell’indagato) e i reati ipotizzati, vincolo che costituisce elemento indispensabile per poter procedere a sequestro conseguente a perquisizione. La prova migliore dell’assenza di tale vincolo pertinenziale si traeva dal verbale 20.12.1994 della squadra di P.G. della Guardia di Finanza, dal quale risultava che erano stati rinvenuti solo programmi applicativi e sistemi operativi, quindi, come si leggeva in tale verbale, elementi “non interessanti ai fini delle indagini”.
I motivi di ricorso sono fondati.
Va in proposito considerato che il sequestro probatorio, al pari della perquisizione, postula la sussistenza di concrete esigenze probatorie.
Solo nell’ambito del thema probandum previamente individuato ha senso la ricerca di un dato afferente a un reato.
Nell’ipotesi in cui riguardi cose pertinenti al reato, cose che, peraltro, non sono sempre necessarie per l’accertamento dei fatti, il sequestro probatorio inserito, nel nuovo codice di rito, nel titolo relativo ai mezzi di ricerca della prova e diretto all’accertamento dei fatti deve essere, quindi, adeguatamente motivato con riguardo alla ritenuta sussistenza delle concrete esigenze probatorie, con riferimento, cioe’, alla”pertinenza”probatoriadellecose sequestrate in relazione alle quali vanno indicati gli elementi di fatto specifici e concreti che giustificano il provvedimento. E’ appena il caso di rilevare che l’interessato, ove ignori i precisi motivi, le particolari esigenze probatorie e il nesso strumentale con riferimento alla finalita’ probatoria che hanno determinato la perquisizione e il sequestro, desumibilidalle indicazioni che lo stesso deve contenere, viene ad essere privato del diritto di difesa in ordine al provvedimento adottato nei suoi confronti.
Attraverso la motivazione si verifica l’esistenza delle esigenze probatorie su cui si fonda il provvedimento, per stabilirne la legittimita’ e al fine di escludere che la perquisizione, in difetto di nesso strumentale con l’attivita’ criminosa, diventi mezzo di acquisizione della “notitia criminis” e il sequestro penale della cosa pertinente al reato possa servire per raggiungere scopi diversi da quelli probatori, cioe’ per finalita’ di cautela sostanziale o di prevenzione, tutelate da altre norme, inpresenzadialtre condizioni. Il provvedimento adottato nella specie non e’ motivato ne’ sotto il profilo del collegamento tra res e reato, ne’ dal punto dl vista dell’evidenza della sua necessita’, non essendo state indicate le finalita’ che si intendevano perseguire con il provvedimento. In particolare, manca la necessaria motivazione sulle esigenze probatorie poste a base del dettoprovvedimento,cheviene giustificato con il richiamo fatto dal Giudice di merito al reato oggetto di indagini, del quale viene sottolineata la rilevanza.
Osserva la Corte che il richiamo al titolo del resto non puo’ sostituire l’indicazione delle concrete esigenze probatorie che giustificano una misura restrittiva come quella a caricodel ricorrente e costituiscono la motivazione del provvedimento con cui viene applicata. Indicando il reato non si dimostrano le esigenze probatorie, ma si fa soltanto riferimento al presupposto per il sorgere di queste ultime, in relazione alle finalita’ di accertamento dei fatti contestati. Sussiste, pertanto, il vizio di motivazione del provvedimento in esame, dedotto dal <K.> con il ricorso proposto. L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio allo stesso Tribunale di Ravenna per nuovo esame.
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