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Corte suprema di Cassazione
Sez. III Penale
Sentenza 26 marzo 1999, n. 1024
MOTIVAZIONE
Con decreto in data 2/10/98 il Proc. della Repubb. presso la Pret. Circond. di Catanzaro confermò il sequestro probatorio di oltre 400 supporti informatici del tipo CDROM, operato in via d’urgenza dal Nucleo Reg. di Pol. Tribut. della G. di E, in danno di Fiorentino Roberto, titolare della Software 2000″ sas, ritenendo integrata la fattispecie di cui alFart. 171-ter, lett. a) e e) L. 633/41, in quanto l’intero materiale era privo dei contrassegni della SIAE; veniva, inoltre, precisato che i 300 CD-ROM del tipo “Game Empire-, in quanto shareware (ovvero recanti caratteristiche “demo”) non sono soggetti a vidimazione SIAE purché ceduti gratuitamente, mentre il Fiorentino li avrebbe commercializzati al prezzo di lire 13.500 ciascuno.
Avverso tale decreto il difensore del Fiorentino presentò richiesta di riesame, in accoglimento della quale il Tribunale di Catanzaro, con ordinanza in data 27/10/98, annullò il decreto di sequestro probatorio sopra citato, ordinando il dissequestro e la restituzione all’avente diritto di tutto il materiale di cui sopra. Il Tribunale adottò tale decisione ritenendo esservi “un decisivo ostacolo alla stessa configurabilità astratta del reato”, in quanto, come rilevato da questa Corte in alcune decisioni, non essendo stato ancora emanato il regolamento di esecuzione cui la norma penale fa espresso rinvio, si è in presenza di una norma (parzialmente) in bianco che difetta di tassatività del precetto e che non può essere utilmente integrata dalla semplice disciplina interna della SIAE; questa, infatti, “è sprovvista di una potestà regolamentare e non può sostituirsi in ciò al potere rimesso all’amministrazione dello Stato”.
Il Tribunale ha osservato che tale interpretazione è certamente condivisibile con particolare riferimento alle riproduzioni in questione che, per il loro funzionamento, richiedono la presenza di elaboratori elettronici e dei loro prodotti. L’ordinanza del Tribunale del Riesame è stata impugnata con ricorso per cassazione dal proc. della Repubb. presso il Tribunale di Catanzaro, il quale ha denunciato violazione – erronea applicazione dell’art. 171-ter co, 1 lett. c) L. 6333/41, richiamando diversa interpretazione di questa Corte, secondo cui la norma in esame trova il suo completamento, sotto il profilo descrittivo, nel R.D. 1369/42 e in particolare nell’art. 12 con cui ben può essere coordinato”.
La difesa ha presentato memoria a sostegno delle tesi esposte nella richiesta di riesame.
Il ricorso è fondato.
Come esattamente rilevato nella ordinanza impugnata, questa Corte, in precedenti sentenze (sez. 11, 16/10/97 n. 1626, FaNilE ed altri; sez. III, 12/7/97 n. 2090, Nonnucci) aveva osservato che la condotta tipizzata dall’art. 171-ter co. 1 lett. c) L. 633/41 consiste nel vendere o noleggiare i.supporti “non contrassegnati dalla Società Italiana degli Autori ed Editori (S.I.A.E.) ai sensi della presente legge e del regolamento di esecuzione”; che lo stesso D.L.vo n. 685/1994 (che ha inteso aggiornare e risistemare la regolamentazione di tutta la materia della duplicazione e riproduzione di opere artistiche, musicali, cinematografiche e televisive, riconducendola alla L. 6 33/4 1, in particolare introducendo gli artt. 171-ter, quater e 172) nulla dispone in merito all’applicazione dei contrassegni e il suo regolamento di esecuzione non è stato ancora emanato; che la L. 633/41 non impone l’obbligo del contrassegno per i supporti in oggetto e il suo Regolamento di esecuzione (R.D. 1369/42) all’art. 12 lo disciplina solo per le opere letterarie; che, in conseguenza, deve ritenersi che non è stata ancora emanata la norma necessaria per l’integrazione del reato, la quale avrebbe dovuto completare la specificazione degli elementi che concorrono alla descrizione dell’illecito penale; che, pertanto, l’azione di colui che non applica i contrassegni imposti dalla S.I.A.E. non è tipica, nel senso che non corrisponde alla peculiare forma di aggressione del bene tutelato nel modello legale; che, quindi, il precetto penale non può avere pratica attuazione perché si riferisce a fattispecie non ancora completamente previste e descritte e la S.I.A.E. non è legittimata a stabilire ed imporre le forme, i tempi e le modalità della vidimazione, né autoritativamente né in virtù di accordi con parti private quali le associazioni dei produttori di supporti.
Tali argomentazioni si ponevano in contrasto con altre decisioni che avevano, invece, affermato la sussistenza del reato (v. le sent., tutte di questa III sez. 24/6/97, RM. in proc. Cibelli; 9/2/96 n. 1607, Viviani; 31/1/96 n. 1027, Aboulldr M’Hamed). Tale contrasto di giurisprudenza può attualmente ritenersi superato, nel senso dell’infondatezza della tesi che esclude la possibilità di attuazione pratica del precetto penale perché riferito a fattispecie non completamente prevista, da una serie di decisioni contrarie (cfr., sez. H, 4/12/98, ric. PC.
SLAE c/Franco; sez. V, 24/11/98, Melita; sez. HI, 6/11/98, Pistol; sez. HI, 16/6/98 Stringa; sez. 111, 8/5/98, Bellamari; sez. 111, 28/4/98, Melucci), cui questo Collegio ritiene di aderire. Infatti, le decisioni da ultimo citate sono pervenute alla conclusione che l’art. 171-ter co. 1 lett. c) L. 633/4 1, attraverso l’integrazione con l’art. 12 del R.D. 1369/42 che specifica elementi di fatto già in esso contemplati, enuncia un precetto completamente descritto e sufficientemente determinato che, di conseguenza, è allo stato attuale pienamente applicabile, sulla base, essenzialmente, dei seguenti persuasivi rilievi (che, esposti, in particolare, nella citata sentenza Melucci, vengono qui solo richiamati, dovendo la questione ritenersi ormai risolta):
I) il citato D.L.vo 685/94 ha inteso (come risulta anche dalla Relazione allegata) riaffermare il valore centrale della L. 633/41, al punto che il legislatore ha operato la scelta di aggiornare tale corpo normativo originario attraverso l’interpolazione, senza alterarne la struttura e anzi riassorbendo in esso il contenuto di altri provvedimenti in precedenza emanati (le leggi 406/81, 400/85 e 421/87).
Il ricorso alla tecnica della interpolazione (valutato, a norma dell’art. 12 delle disp. prel. al cod. civ., secondo il canone interpretativo dell’intenzione del legislatore) dimostra chiaramente la volontà di inserire le nuove previsione penali quale parte integrante della legge fondamentale sul diritto d’autore, sicché il Regolamento di esecuzione richiamato dall’art. 171-ter altro non è che quello approvato con il R.D. 1369/1942, ciò che deve ovviamente ritenersi per tutte le norme della medesima legge che fanno riferimento al Regolamento di esecuzione di essa. Del resto, il legislatore, nella materia in oggetto, quando ha voluto riferirsi ad un diverso e nuovo regolamento di esecuzione, ha introdotto una previsione espressa in tal senso (possono ricordarsi, al riguardo, gli artt. 6 e 12 del D.L.vo 518/92, che hanno rimesso a un apposito Regolamento attuativo – poi emanato con il D.RCM n..244 del 3/1/94 – la disciplina delle modalità di tenuta, da parte della SIAE., del registro pubblico speciale per i programmi di elaboratore);
II) l’art. 171-ter co. 1 lett. c) L. 633/41 trova, dunque, a suo completamento sotto il profilo descrittivo nel R.D. 1369/42 e, in particolare, nell’art. 12 di detto Regolamento di esecuzione, con cui ben può essere coordinato. Il secondo comma di tale articolo, invero, dispone che “il contrassegno è apposto sugli. esemplari dell’opera… a mezzo della S.I.A.E. (subentrata all’E.I.D.A., Ente italiano per il diritto di autore) … “, mentre il successivo terzo comma prevede che “le categorie d’opere che devono essere oggetto di contrassegno in applicazione delle disposizioni della legge 633/41)…. nonché le modalità del contrassegno medesimo e l’indicazione di chi debba sopportare la relativa spesa, possono essere stabilite anche da accordi economici collettivi tra le associazioni sindacali interessate…”. E’ vero che entrambi i commi predetti fanno “salvo il diritto dell’autore di contrassegnare con la propria firma autografa ciascun esemplare dell’opera” e che ciò è possibile solo per le opere letterarie su supporto cartaceo, ma la previsione di un siffatto regime eccezionale per tali opere specifiche non infirma la validità generale della disciplina per tutte le altre categorie di opere che devono essere munite del contrassegno secondo le disposizioni della L. 633/41. Un argomento di conferma in tal senso si rinviene nell’ultimo periodo del co. 1 dell’art. 171-bis della medesima legge 633 (norma inserita dall’art. 10 del D.L.vo 518/92), che richiama espressamente il rea. di esecuz. del 1942 in relazione al contrassegno che deve essere apposto sui programmi per elaboratore, cioè su supporti magnetici sui quali non è in pari misura materialmente possibile l’apposizione della firma autografa dell’autore; per musicassette e videocassette, l’obbligo del contrassegno (diversamente da quanto affermato nella citata sentenza di questa Corte 12/7/97) è fissato nell’art. 171-ter co. 1 lett. c) della legge fondamentale (che lo prevede per ogni tipo di supporto), e non dagli accordi stipulati dalla S.I.A.E. con le associazioni sindacali interessate, i quali, secondo l’espressa previsione del citato art. 12 del regolamento di esecuz. 1369/42, hanno soltanto la finalità di individuare e ripartire gli oneri economici connessi all’attività di apposizione del contrassegno medesimo.
Tali peculiari pattuizioni negoziali non hanno tutela penale in se stessa restando invece penalmente sanzionata l’illecita immissione nel mercato dei supporti non contrassegnati dalla SIAE.
Né vale obiettare, come fatto dal Tribunale e dall’indagato nella oià citata memoria difensiva, che i CD-ROM contenenti videogiochi, oggetto specifico del presente procedimento, in quanto programmi per elaboratori, sarebbero perciò stesso esclusi dall’obbligo della preventiva vidimazione della SIAE.
Infatti, sono a tale riguardo valide le controdeduzioni seguenti, fatte proprie anche dal ricorrente: la norma incriminatrice non esclude affatto la sussistenza del detto obbligo quando le immagini in movimento siano comandate da un programma. L’obbligo del contrassegno è, infatti, stabilito dall’art. 171-ter lett. c) per ogni tipo di supporto e l’ambito di operatività della norma è descritto dal legislatore con una formula di chiusura deliberatamente ampia, tale da ricomprendere certamente anche i videogiochi in tutti i casi in cui le diverse fasi del gioco si esplicano e si susseguono attraverso sequenze di immagini in movimento; di conseguenza, sono esclusi dall’ambito di tutela della norma stessa solo i programmi che non producono immagini in movimento (e cioè i videogiochi che si esplicitano soltanto in immagini statiche e sena alcuna colonna sonora ed i c.d. “programmi operativi” finalizzati prevalentemente a.far funzionare un sistema informatico, attraverso determinate istruzioni contenute nel programma).
E’ infine, questione di merito, come tale non valutabile in questa sede, l’ultima obiezione contenuta nella memoria difensiva, secondo cui “l’obbligo della vidimazione, ove esistente, incomberebbe solo sii produttori, e non certo su piccoli imprenditori o rivenditori, i quali, acquistando il materiale da Società di prestigio, non possono essere chiamati ad effettuare una verifica (che comporterebbe la manomissione della confezione e quindi la invendibilità del prodotto).
Sulla base di tali considerazioni deve concludersi che l’ordinanza impugnata, essendo inficiata dalla denunciata violazione ed erronea applicazione dell’art. 171-ter co. 1 lett. c) L. 635/41, va annullata con rinvio allo stesso tribunale che, nella nuova valutazione, si uniformerà, ex art. 697 Co. 3 c.p.p. al principio di diritto qui enunciato.
P.Q.M.
la Corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Catanzaro.
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