L’internet governance mondiale sostiene la neutralità della rete come strumento di democrazia. Solo gli Stati possono “spegnere” la rete di Andrea Monti – Inizialmente pubblicato da Wired.it
Il 3 marzo 2022 il vice primo ministro dell’Ucraina Mykhailo Fedorov ha chiesto al Ripe Ncc (l’ente che gestisce l’assegnazione dei numeri Ip) di revocare il diritto di usare gli indirizzi IPv4 e IPv6 a tutti i membri russi. Le autorità ucraine richiedevano anche la revoca dei domini .ru e di altri associati alla Russia (dopo aver inviato analogo invito a Icann), il supporto alla revoca dei certificati Ssl associati a quei domini, la disabilitazione dei server root Dns localizzati in Russia.
Le conseguenze delle richieste ucraine
Se accolte, le richieste ucraine avrebbero causato l’immediata esclusione delle entità russe dall’interconnessione con le altre reti che compongono l’internet globale senza bisogno di provvedimenti speciali o di interventi degli Stati (come invece è accaduto nel caso del regolamento europeo 350/22 che ha vietato di erogare servizi di broadcasting e di comunicazione elettronica a Russia Today e Sputnik).
In nome della neutralità nella gestione tecnologica delle componenti che fanno funzionare la rete e con motivazioni leggermente diverse per via del ruolo che ciascuno ricopre nell’internet governance mondiale, Ripe Ncc e Icann, non hanno dato seguito alle richieste ucraine (alcune delle quali —quella relativa ai certificati Ssl e ai root Dns russi— del tutto fuori dal controllo dei due enti).
Nello specifico, Icann e Ripe Ncc hanno evidenziato di non avere autorità per assumere in autonomia i provvedimenti richiesti dal governo ucraino. Questo, per via della natura intrinsecamente decentralizzata dell’internet globale e del modo in cui è strutturata a livello organizzativo la sua governance.
La fiducia come valore etico e necessità tecnologica
In entrambi i casi la scelta di proteggere l’autonomia della rete dalle interferenze politiche di qualsiasi tipo è motivata dal valore etico fondamentale che ha da sempre caratterizzato lo sviluppo dell’internet: la fiducia. L’internet globale funziona in primo luogo grazie all’affidamento sul fatto che le regole sono uguali per tutti e che non vengono “flesse” per necessità politiche o a sorpresa. Questo risultato è raggiunto innanzi tutto attraverso un processo decisionale esteso a tutti i soggetti interessati: industrie, governi ma anche società civile e comunità di esperti.
Per quanto riguarda i nomi a dominio, scrive Icann,“le policy concordate a livello globale non prevedono che Icann intraprenda azioni unilaterali per disconnettere i domini come richiesto. […] il sistema non può funzionare sulla base di richieste formulate da un territorio o paese relative a operazioni interne ad un altro territorio o paese. Un simile cambiamento avrebbe effetti devastanti e permanenti sulla fiducia e l’utilità di questo sistema globale.*
Analogamente, scrive Ripe Ncc, “bloccare o eliminare risorse di rete dal nostro registro non avrebbe probabilmente un impatto immediato sull’interconnessione o sul traffico in Russia, ma potrebbe avere conseguenze imprevedibili in termini di danno al coordinamento globale che è necessario per la stabilità del funzionamento dell’internet. Questo è un risultato che favorirebbe coloro che vogliono un’ internet meno aperta, che può essere usato per imporre decisioni politiche invece di permettere comunicazioni aperte in tutto il mondo. Come parte della comunità tecnica, abbiamo fatto una lunga campagna per mantenere l’internet aperta, e la nostra capacità di farlo dipende fortemente dall’impedire che il registro sia usato per raggiungere fini politici”.*
Il ruolo degli Stati nel controllo della rete
Il caso dimostra che i principi libertari sui quali è stata costruita l’internet globale non sono soltanto un’utopia ma hanno un’efficacia reale nella vita di individui e di nazioni. Questi principi costituiscono una forma di diplomazia tecnologica che, oggi, potrebbe addirittura contribuire a risolvere la crisi ucraina lasciando aperto un (debole) canale di comunicazione fra tutte le parti coinvolte.
Dall’altro lato, ciascuno governo conserva il potere di attivare il kill-switch o di bloccare attivamente il traffico sulle direttrici e dunque di estendere il conflitto anche a un’infrastruttura dalla quale dipende il funzionamento di gran parte della società. Le conseguenze di una scelta del genere sarebbero da valutare con estrema attenzione, ed è per questo che solo uno Stato dovrebbe assumersi la responsabilità di premere questo “bottone rosso”.
* I testi originali sono in inglese. Le traduzioni in italiano non sono ufficiali.
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