di Andrea Monti – PC Professionale n. 82
Nonostante i prezzi dei software per la navigazione e dei sistemi operativi comincino ad essere abbastanza accessibili (specie nel caso dello shareware) il sogno di molti utenti è e rimane quello di avere delle applicazioni che consentano di sfruttare al meglio la superpotenza di calcolo oggi disponibile senza dover comunque spendere somme esorbitanti (ovviamente non prendo nemmeno in considerazione l’ipotesi di ricorrere alle copie illegali). Da qualche anno il desiderio è realtà grazie anche al progetto GNU, parte consistente di quello che – per i navigatori più smaliziati – è il non plus ultra del software per la rete cioè LINUX, il sistema operativo distribuito gratuitamente che ha portato UNIX sulle scrivanie di moltissimi utenti (e provider).
LINUX è dotato di svariati window manager oramai in grado di rivaleggiare da pari a pari con win95-98 (gli amici del PLUTO non me ne vogliano per la semplificazione), client ftp, irc, browser, word processor, fogli elettronici, ma anche compilatori, ambienti di sviluppo e tutto ciò che si può desiderare, e tutto assolutamente free…
Qualcuno potrebbe chiedersi dove sia il trucco, perché la storia, raccontata in questi termini sembra piuttosto una favola dei fratelli Grimm.
Una volta tanto le cose stanno esattamente come sembrano, in gran parte per merito di Richard Marshal Stalman.
Anche se questo nome è equiparabile – per buona parte del popolo dei bit – al Carneade di manzoniana memoria, risveglia nei programmatori e negli “smanettoni” le reazioni più diverse, dalla sincera ammirazione fino addirittura a forme di idolatria… come mai?
Presto detto, Richard Stalman è un hacker.
No, non si tratta dell’ennesimo intrusore in chissà quale mega-computer o di un ladro di carte di credito, ma di un hacker nel senso “storico” della parola: programmatore abilissimo (ha realizzato GNU-emacs) e ricercatore presso il famoso Massachussets Institute of Technology ha da tempo abbandonato la prestigiosa università americana per dedicarsi integralmente al progetto GNU (GNU is Not Unix).
Ho avuto modo di incontrare Stalman il 4 dicembre scorso in occasione della tappa romana del suo “italian tour” nella quale contestualmente è stato presentato “Spaghetti Hacker” libro che ho scritto insieme a Stefano Chiccarelli.
In occasione di questo incontro capitolino organizzato dal CSOA di Forte Preneste il ricercatore americano ha esposto i presupposti “ideologici” del progetto GNU che ne rappresentano l’aspetto più interessante.
Se infatti si fosse di fronte all’ennesimo tentativo di creare uno standard non ci sarebbe tanto da far rumore… il mercato deciderà se il progetto doveva o non doveva sopravvivere. La particolarità dell’iniziativa di Stalman è l’essere basata su un assunto che se non è filosofia del diritto, certamente le somiglia tantissimo.
L’approccio al copyright di tipo proprietario (l’utente ha solo il diritto di usare li eseguibili e non può intervenire sui sorgenti) presuppone e genera – secondo Stalman – un atteggiamento di non-cooperazione ed è tanto diffuso tra gli utenti che questi non si sono mai posti il problema di verificare l’esistenza di un’alternativa.
In realtà esiste un’altra strada.
La parola chiave è “cooperazione”. Immaginate una licenza d’uso che imponga allo sviluppatore di rilasciare oltre all’applicazione anche i sorgenti della stessa e che vincoli l’utente finale (che utilizza liberamente il programma) a fare lo stesso nel caso in cui dovesse apportare modifiche al software originario, ovviamente sempre conformandosi ad alcune specifiche tecniche: questo è ciò che va sotto il nome di free-software. Attenzione però, perché free in inglese significa sia “libero” che “gratis” ed infatti Stalman tiene a sottolineare che la traduzione italiana per “free-software” è “programma libero”, libero dalle restrizioni sul diritto di utilizzarlo, copiarlo, modificarlo e redistribuirlo. Di regola il free-software è anche gratuito (LINUX, ad esempio) ma nessuno impedisce di commissionare a pagamento la realizzazione di un programma GNU (quindi retribuendo chi lo fa) purché vengano rispettati i termini della GPL (la licenza speciale predisposta dalla FSF).
Gran parte del lavoro svolto dalla Free Software Foundation e dai suoi simpatizzanti è su base volontaria e non si tratta – come avrete ovviamente capito – di un’associazione a delinquere finalizzata alla duplicazione abusiva, ma di una vera e propria Fondazione alla quale chiunque – veramente chiunque – può partecipare per sviluppare applicazioni, scrivere o tradurre manuali tecnici e chi più ne ha più ne metta.
Utopia? Forse, ma se oggi tantissimi navigatori percorrono la Rete con gli strumenti più potenti, lo dobbiamo sicuramente a Richard Stalman… e a una scelta di vita.
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