WMTools n.ro 22
di Andrea Monti
A volte invidio gli ingegneri edili.
Sia per formazione che per necessità professionale, queste persone – almeno in teoria – non possono permettersi di allentare il contatto con la realtà, altrimenti i ponti cadrebbero e le case verrebbero su sghembe. Queste riflessioni tendono a manifestarsi, in modo particolare, quando mi capita di incontrare certi “fenomeni normativi” che animano convegni, seminari e pagine di periodici specializzati e la storia recente lo dimostra con chiarezza.
Con il passare del tempo si sono affastellate l’una sull’altra leggi dai contenuti spesso contraddittori, fortemente penalizzanti per aziende e privati cittadini oltre che inefficaci nel tutelare gli interessi comuni.
Manette ai duplicatori abusivi
Anagraficamente, la più “antica” fonte di guai è la legge sulla tutela del software del 1992 che pur essendo diretta – giustamente – a tutelare gli interessi economici di chi detiene i diritti di sfruttamento sul software (non necessariamente gli autori) contiene in realtà delle norme poco flessibili, incivili e vessatorie. Come quelle che – interpretate secondo i”suggerimenti” correnti – consentono di punire come duplicazione abusiva qualsiasi forma di violazione della licenza d’uso (un semplice contratto “fra le parti”) con pene che possono arrivare anche agli otto anni di reclusione.
Occhio al terrorista digitale
L’anno successivo (dicembre 1993) viene emanata la legge sui reati informatici presentata alla collettività come l’unico baluardo contro le orde di criminali tecnologici che si preparavano ad invadere il paese. Ad oggi queste horror story sono rimaste tali, e attualmente di terroristi e criminali all’orizzonte non se ne vedono. Nel frattempo, a parte qualche ragazzetto che si diverte a cambiare home-page universitarie (e che forse meriterebbe più quattro schiaffi che tre anni di galera), finiscono sui tavoli dei magistrati casi di ingiurie e diffamazioni telematiche, o di violazioni della proprietà intellettuale.
Sequestrate, sequestrate, qualche cosa resterà
Nel 1994 non ci sono leggi rilevanti, ma si “inaugura” la stagione dei sequestri di computer che purtroppo dura tutt’ora. Due indagini dirette alla repressione della duplicazione abusiva di software, provocano il sequestro di centinaia di computer anche facenti parte della rete Fidonet (una rete amatoriale diffusa in tutto il mondo). Nella rete (non telematica, questa volta) finiscono per la maggior parte dei perfetti innocenti che però si sono visti privare di strumenti di lavoro e svago, oltre che della loro vita personale, dato che tutta la posta elettronica risiedeva appunto su quelle macchine. A distanza di tempo, i fatti dimostrano che tutto quel rumore fu fatto praticamente per nulla.
L’internet liberalizzata al contrario
Andiamo avanti e arriviamo al 1995. Un decreto legislativo (il n.103 emanato nel marzo di quell’anno) recepisce la direttiva 90388 che liberalizza parzialmente il mercato delle TLC. Il provvedimento subordina l’offerta di servizi di TLC all’ottenimento di un’autorizzazione, sanzionando pesantemente (multe decimilionarie, distacco dei cavi) l’esercizio “abusivo” dell’attività. Peccato che tuttora, a distanza di quattro anni, dopo numerose richieste anche ufficiali non si sappia bene come applicare questa normativa all’internet e gli operatori – specie i piccoli – tirano avanti con questa spada di Damocle che non accenna ad essere rimossa.
Dati personali e follie burocratiche
La legge sui dati personali (volgarmente nota come “legge sulla privacy”), approvata il 31 dicembre 1996, ha sparso nelle aziende (non solo in quelle che operano nel settore ITC) un regime di vero e proprio terrore. Un testo farraginoso e incoerente ha imposto una pesante quanto inutile burocratizzazione dei processi aziendali, costringendo le aziende a sostenere costi spesso elevati per produrre una documentazione (informative, richieste di consenso e via discorrendo) quasi sicuramente insufficiente per essere ritenuti osservanti. Per quanto riguarda l’internet, poi, questa situazione di incertezza è stata alimentata da una grande carenza informativa da parte dell’Ufficio del Garante per i dati personali, che sembra evitare attentamente l’argomento (convegni a parte). Un rilancio di questo regime di terrorismo psicologico si sta producendo con l’entrata in vigore delle triste “misure minime di sicurezza” che impongono una serie di adempimenti (password praticamente ovunque, uso generalizzato della crittografia, utilizzo di programmi in grado di non provocare danni ai dati personali) a metà fra il comico e il tragico. E non è tutto, bisogna mettersi in regola entro marzo 2000 altrimenti si potrebbe rischiare addirittura di essere indagati in un procedimento penale (si, avete capito bene, un procedimento penale con tanto di avviso di garanzia, interrogatori).
La firma digitale che verrà
Il 1997 è dominato dalla legalizzazione di un certo tipo di firma digitale e dalle schiere di consulenti che da un paio d’anni a questa parte, cercano a tutti i costi di vendere prodotti e servizi per un mercato largamente inesistente (è inutile nascondersi dietro un dito, ci vorranno ancora anni, prima che qualcosa si muova sul serio).
E le aziende stanno a guardare
Da un lato dunque ci sono le leggi, dall’altro invece ci sono gli operatori, quelli che – a vario livello – mandano avanti il baraccone “internet.it” e che ora come agli albori della telematica commerciale continuano a chiedere una sola cosa: chiarezza.
Non sono convinto che tutta questa approssimazione in un settore come quello della legge – suo malgrado necessariamente rigoroso – faccia bene alle aziende e ai consumatori, ma non ostante tutto sembra che al mondo le cose vadano bene così. A volte mi sembra veramente che l’ICT non possa fare a meno delle moltitudini sprovvedute in cerca della formula magica per “farsi raggiungere da milioni di clienti” e guadagnare miliardi con una paginetta asp (tutto questo mi fa pensare a quelli che, ai tempi della corsa all’oro, si arricchivano vendendo badili ai minatori, poco importando se poi questi ultimi trovassero veramente il metallo giallo).
Chiudere baracca e burattini?
Si rischia veramente così tanto nel fare business tramite la Rete? La risposta è “ni”.
Che ci siano leggi paradossali è un dato di fatto, che restino inapplicate per anni anche, però è vero che con un po’ di buon senso è possibile limitare grandemente gli effetti negativi della clamorosa incompetenza normativa che ci affligge.
L’importante è non affidarsi nelle mani del primo venuto (anche se di gran nome), perché dopo aver prestato fiducia al santone di turno, si potrebbe avere un brusco risveglio.
Quando (ripeto, “quando”, non “se”) questo accadrà, allora le roride trecce dei Sai-Baba digitali dovranno essere sciolte.
Col venire dei nodi al pettine, qualcuno potrebbe rimpiangere di non essere diventato calvo.
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