di Andrea Monti – PC Professionale n. 74
Internet e il commercio elettronico, due termini che si trovano sempre più spesso coniugati in convegni, articoli e più in generale ogni volta che si parla della Rete; del resto era inevitabile che la versatilità di questo strumento attirasse la curiosità di imprenditori sempre alla ricerca di nuove opportunità.
Inizialmente la Rete fu utilizzata solo per delle forme (spesso rozze) di pubblicità piuttosto che per il commercio elettronico vero e proprio anche e soprattutto per un macroscopico equivoco nel quale sono caduti molti operatori che pensavano di poter moltiplicare il proprio fatturato semplicemente con qualche Kb di HTML.
L’amaro risveglio è giunto abbastanza in fretta e qualcuno ha cominciato a capire che era necessario fare qualcosa di più cioè cominciare a vendere beni invece di reclamizzarli solamente ed ecco che sorgono le prime complicazioni.
Affari virtuali e truffe reali
Uno degli effetti collaterali del muovere i bit invece degli atomi (spirito di Negroponte se ci sei batti un colpoJ) sta nell’incertezza più assoluta circa il contenuto di ciò che transita in Rete.
Detto in altri termini, in linea di principio non c’è modo di provare che sia stato effettivamente io a ordinare quel certo libro, o che avevo acquistato un libro invece della famiglia di elefanti che mi sono visto recapitare via corriere!
Il cardine di qualsiasi rapporto giuridico è infatti la possibilità di riferire chiaramente un atto ad uno specifico soggetto, perché a seconda delle condizioni di quest’ultimo l’eventuale accordo potrebbe essere valido oppure no. L’esempio classico è quello del contratto con un minore di età o con un incapace. E’ evidente che se di regola c’è margine per accorgersi di qualche problema quando si ha di fronte una persona questo non accade in rete: il primo punto è allora sviluppare meccanismi di identificazione certa dell’interlocutore, con particolare riferimento all’età.
Dal canto suo – e sempre per gli stessi motivi – il venditore ha il dovere di comportarsi con la massima trasparenza, essendo quasi sempre in una posizione di vantaggio nei confronti del cliente. Per stare più tranquillo sarebbe poi opportuno che si organizzasse in modo da poter certificare esattamente la data e i contenuto dell’ordine e il fatto che l’utente ha voluto effettivamente formulare l’ordine di accquisto.
Come fare ma soprattutto, perché?
Nel silenzio della legge bisogna ricorrere al buon senso. Ci sono già molti esempi in rete di siti che cercano nei modi più diversi di organizzare in modo corretto le procedure di registrazione degli utenti e di stipulazione dei contratti, ad esempio impedendo di far accettare per errore un’opzione e consentendo in qualsiasi momento di annullare il riempimento del form e di uscire dal sito. Possono sembrare delle precauzioni inutili o esagerate ma non è così.
Il punto è che se, da un lato, i contratti conclusi in Rete hanno una loro validità giuridica piena (quando la legge non stabilisce, come nel caso dei beni immobili, una forma particolare) anche solo con la semplice manifestazione della volontà, dimostrare, magari davanti ad un giudice, che un’ e-mail di disdetta è stata effettivamente inviata o ricevuta è un’impresa ardua a meno, appunto, di non aver organizzato il tutto preventivamente in funzione di un riscontro il più oggettivo possibile dell’accaduto.
Un altro aspetto da non sottovalutare è che in molti casi i venditori inseriscono nei loro contratti delle clausole che per essere valide devono essere accettate separatamente e per iscritto… come la mettiamo con Internet?
La legge Bassanini e la firma digitale
A questo punto i tecnici potrebbero dire, sorridendo dell’ingenuità di questa domanda, che con la firma digitale si possono raggiungere livelli di certezza anche superiori di quanto garantito dalla firma “manuale”, peccato che la legge non le riconosca valore, o meglio non le riconosceva perché con la recente approvazione della “Legge Bassanini” finalmente il documento informatico, e quindi la firma digitale, hanno trovato un riconoscimento nel nostro ordinamento giuridico.
Quando saranno risolti, con i regolamenti che sono allo studio, le modalità applicative si apriranno nuovi spazi per il commercio elettronico che al momento vive ancora in un sottotetto.
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