Ord. Tribunale di Modena 7-12-2000 – AB Casa vs Berber

TRIBUNALE DI MODENA
Sez.II Civile

ORDINANZA 7 dicembre 2000
dott. Roberto Masoni

R.G. 272/2000

AB Casa c/ Berber

Il g.i.

a scioglimento della riserva assunta osserva quanto segue:

1. A.B.Casa s.r.l., sedente a Milano, in quanto titolare del marchio registrato “Voglia di Casa”, relativo a prodotti afferenti alla classe merceologica 24, ossia tessuti, coperte da letto e copritavoli, ha dedotto nel ricorso ex art. 700 c.p.c. qui proposto di avere subito contraffazione di marchio in quanto lo stesso sarebbe stato utilizzato da Berber s.n.c. di Breveglieri P. & C. che avrebbe registrato ed utilizzato un sito web attualmente attivo denominato appunto www.vogliadicasa.it. Stante il rischio di confusione, ha, perciò, chiesto in via cautelare l’inibizione al suo utilizzo quale domain name, come anche dell’insegna distintiva dell’unità locale della resistente posta a Castelfranco Emilia.
Berber s.n.c. di Breveglieri P. & C. si è costituita in giudizio opponendosi alla domanda ed ha chiesto il rigetto del ricorso.
A prescindere dal merito della vicenda, si rileva la presenza di un ostacolo procedurale che non permette di scendere ad esaminare la fondatezza della domanda principale di A.B. Casa.
Si tratta, in particolare, della mancata evocazione in giudizio del soggetto destinatario mediato della richiesta di inbizione urgente, ossia la Registration Authority italiana presso il C.N.R.; si tratta dell’ente italiano che, in base al principio “first came, first serve”, assegna a chi ne faccia richiesta per primo i nomi a dominio, in base ad una valutazione puramente formale, senza cioè effettuare alcun controllo preventivo sulla liceità della assegnazione e che, per espressa disposizione del regolamento interno di assegnazione dei nomi (art. 12), può disporre la sospensione dell’assegnazione di esso “per ordine dell’autorità giudiziaria, notificatole nelle forme di legge,… con cui ne venga inibito l’uso dell’assegnatario”.
La mancata evocazione nel giudizio cautelare del destinatario dell’eventuale ordine giudiziale di inibizione o di sospensione del nome a dominio (Registration Authority Italiana) determina il difetto di contraddittorio, non sanabile con un ordine giudiziale, non trattandosi di litisconsorzio necessario (art. 102 c.p.c.). E’ infatti evidente che, in base ai principi generali della procedura (art. 101 c.p.c.), un ordine giudiziale può essere rivolto solamente a chi sia stato regolarmente evocato in giudizio, con ciò mettendolo in grado, se lo desideri, di difendersi dalla richiesta contro di lui avanzata. Tale difetto di contraddittorio deve condurre, perciò, al rigetto della domanda cautelare principale.

2. Parte istante ha poi dedotto a sostegno della domanda cautelare anche un’altra significativa circostanza, ossia che l’insegna dell’unità locale della resistente, il cui negozio, come emerge dalla visura camerale, è posto a Castelfranco Emilia, via Circondaria sud 109, è del pari lesiva della sua privativa in quanto esercitato sotto la denominazione di “Voglia di casa” ed ha del pari chiesto l’inibizione all’utilizzo.
La domanda è infondata e va quindi reietta.
Infatti, perché possa soccorrere la tutela invocata prevista dall’art 13, 1° comma, l. marchi è necessario che i segni distintivi adottati, eguali o simili, oltre a riguardare prodotti identici od affini, siano in grado di “determinare un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche in rischio di associazione tra i due segni”.
In tal caso fa, tuttavia, difetto il rischio di confusione tra il marchio identificativo dei prodotti offerti in vendita dalla ricorrente e l’insegna dell’unità locale della resistente. Va, infatti, considerato che un simile rischio di confusione, pur nell’identità della denominazione adottata per l’individuazione dei segni distintivi prescelti dai due imprenditori, sembra in concreto da escludere. A.B. Casa, per quanto titolare di un marchio dotato di una certa notorietà soprattutto nell’Italia del Nord, ove è titolare di ben 10 negozi collocati tra Torino e Milano, non sembra in grado di subire alcuno sviamento di clientela e quindi di concorrenza sleale, da parte dell’unico negozio di cui è titolare la società modenese avente un’insegna identica al marchio della prima. Il negozio in questione si trova, infatti, in un paese della provincia modenese, privo di altri punti vendita oltre a quello di Castelfranco, ove è esercita un’attività di “piccola importanza”, come la definisce la visura camerale in atti, anche perché priva di dipendenti ed ove collaborano solo due addetti indipendenti.
Il principio de quo trova riscontro in giurisprudenza ove si legge che:
“La ditta, pur essendo costituita essenzialmente dal nome, dalla sigla o dalla denominazione dell’imprenditore, puo’ comprendere anche indicazioni relative all’attivita’ dell’impresa o parole di fantasia idonee ad accentuarne la forza individualizzante, ed in essa, come nell’insegna, possono essere inserite, quali elementi
aggiuntivi o integrativi, anche parole o espressioni di fantasia rappresentative di un marchio altrui, quando, in ragione dell’oggetto dell’impresa o del luogo del suo esercizio, non ne derivi possibilità’ di confusione con l’attivita’ e i prodotti dell’altra impresa, ad esempio per la limitatezza dei mercati in cui le due imprese rispettivamente operano e per la distanza esistente tra i relativi esercizi commerciali” (così Cassazione civile, sez. I, 23 dicembre 1983 n. 7583).
Come si vede le due realtà aziendali non sono minimamente equiparabili da un punto di vista qualitativo o quantitativo, come pure i rischi di interferenza tra di esse, data anche la distanza spaziale che le divide, risultano essere pressoché nulle; ciò che giustifica, pertanto, il rigetto anche della domanda in questione.
Le spese seguono la soccombenza (artt. 669 septies e 91 c.p.c.) e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

– rigetta le domande della ricorrente.
– la dichiara poi tenuta e condanna al rimborso delle spese della presente procedura che liquida in complessive £ 2.500.000 (di cui £ 427.000 per anticipazioni; £ 1.000.000 per diritti ed il residuo per onorario), oltre ad IVA e CAP come per legge e 10% spese generali.

Modena, 7.12.2000

Si comunichi

Il g.i.
(dott. R. Masoni)

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