TRIBUNALE DI MODENA
Ordinanza
Poste Italiane s.p.a.
c.
Daniele Malavasi, titolare dell’impresa individuale Discovogue di Daniele Malavasi – Got. it. s.r.l., Registration Authority Italiana,Naming Authority Italiana e Consiglio Nazionale delle Ricerche
n. 32/2000 R.G.
il collegio, a scioglimento della riserva assunta alla udienza camerale del giorno 23 agosto 2000 osserva quanto segue.
Si procede ai sensi dell’articolo 669 terdecies c.p.c. su reclamo della società ” poste italiane sta “avverso l’ordinanza 28 luglio 2000 del giudice designato presso questo tribunale, di reiezione della domanda presentata dal reclamante ai sensi dell’articolo 700 c.p.c. e volta alla adozione di ” tutti gli opportuni provvedimenti idonei a tutelare i diritti della ricorrente assicurando provvisoriamente, onde evitare il pregiudizio grave ed irreparabili alla sua immagine e dall’esercizio della sua attività, gli effetti della decisione sul merito del giudizio che verrà promosso… al fine di ottenere… accertamento e dichiarazione:
1) che l’assegnatario signor Daniele Malavasi:
a) non ha diritto all’uso del domain name “bancoposta.it “, ” vaglia.it “, ” raccomandata.it “;
b) che è in corso nella usurpazione e contraffazione di segni distintivi e di marchio della società ricorrente
c) che ha compiuto atti di concorrenza sleale a termini dell’articolo 2598 numeri 1,2, 3 CC
d) che è responsabile anche a termini dell’articolo 2043 CC;
e) con tutte le conseguenti pronunce, anche risarcitorie;
2) che Got.it S.r.l. e Registration authority italiana, consiglio nazionale delle ricerche, Naming authority italiana, ciascuno per le rispettive competenze:
a) siano compartecipi degli illeciti del signor Malavasi sopradescritti, nonché responsabili dei danni subiti da poste italiane Spa;
b) in ogni caso sono obbligati a assumere tutti provvedimenti necessari per la cessazione dell’illecito, l’eliminazione dei danni stessi e consentire a poste italiane spa l’utilizzo dei domain name ” bancoposta.it “, “vaglia.it” e ” raccomandata.it “.
In particolare la società ricorrente spiegava istanza al fine di ottenere in via cautelare:
a) che sia inibito al signor Daniele Malavasi, anche attraverso la sua impresa individuale “Discovogue”, l’uso dei nomi ” banco posta “, ” vaglia, “raccomandata ” ed in generale qualsivoglia termine distintivo l’attività, i prodotti di servizi di poste italiane spa, con estensione di tale inibizione all’utilizzo di tali termini quali domain name sul sistema Internet e comunque con riferimento alla Top Level Domain “.it”.,
b) che sia inibito agli altri resistenti di agevolare in qualsivoglia maniera la condotta tenuta del signor Malavasi, ordinando agli stessi di disconnettere e di impedire l’uso di tali domain name con riferimento al top level domain “.it “;
oltre a domande accessorie.
Il provvedimento oggetto di gravame pronunciato all’esito dell’audizione delle parti con la costituzione dei resistenti Malavasi Daniele in proprio e quale titolare dell’impresa individuale “Discovogue” e ” Got.it S.r.l. ” si fonda sulle seguenti osservazioni:
a) alla fattispecie andrà applicatala normativa vigente in materia di impresa, atteso come i termini in oggetto -pacificamente il termine ” banco posta ” identificativo l’unico sito attivo su internet al momento della pronuncia del decreto di cui il reclamante si duole – siano suscettibili di essere qualificati come segni distintivi del servizio fornito dall’impresa
di) i termini ” vaglia “, ” raccomandata “, ” bancoposta ” sono espressioni generiche che indicano servizi d’attività, neppure tutte di pertinenza delle poste italiane (come nel caso del vaglia che può essere non solo postale, ma anche cambiario e bancario), che, proprio perché generiche ed ormai acquisite nel lessico nella parola, sono di uso corrente nella lingua italiane per queste ragioni dizionari le hanno registrate. E proprio quest’ultima circostanza è significativo sintomo e riprova che non si tratti di sostantivi specificativi di un servizio o di un prodotto su cui alcun soggetto possa vantare un diritto di privativa esclusiva, in quanto si tratta piuttosto, di espressioni generiche di uso oramai corrente indicative di servizio prestazioni di per sé prive di capacità individualizzante e distintiva del fornitore di essi;
c) l’assunto della ricorrente si pone quindi in contrasto con la disciplina contenuta nell’articolo 18 legge marchi che vieta di rendere oggetto di marchio di impresa di segni distintivi costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di servizi o di prodotti o da indicazioni descrittiva che essi si riferiscono, riuscendo in tali casi il preteso marchio sprovvisto di attitudine distintiva;
d) non si ravvisa con riferimento alle espressioni indicate, quantomeno con riferimento al termine “banco posta “, il conseguimento di un atto di notorietà non puramente locale tale da consentire la applicabilità della tutela offerta dagli artt. 9 e 17 lett.b) legge marchi;
e) difettano i requisiti per ritenere lo svolgimento ad opera del Malavasi di un’attività concorrenziale confusoria atteso come, nel difetto di esistenza di segni distintivi muniti di capacità identificativo specifica e confondibile con quelli adottati dall’altro imprenditore, venga meno la stessa possibilità di confusione tra i prodotti.
Il reclamo proposto a questo collegio assume:
1) la identificazione tra i termini impiegati nei domain name di cui ci si occupa ed i servizi corrispondenti offerti dalle poste italiane spa;
2) La esclusività dell’espletamento di tali servizi in capo a parte ricorrente, alla quale è data facoltà di darli in concessione, ai sensi della DPR 29 marzo 1973 n. 156;
3) la natura assolutamente non generica dei termini in oggetto, i quali sia nella loro struttura individuale (“vaglia” e “raccomandata”) che composta (“bancoposta”) richiamano specifiche attività svolte un soggetto ben determinato, appunto le poste italiane spa;
4) la rinomanza assoluta, trascendente limiti locali, dei termini per cui si procede
5) la applicabilità alle fattispecie anche della tutela offerta dall’articolo 2598 n. 1 CC atteso come l’impiego dei domain name in oggetto e la struttura dei siti siano atti a generare nella generalità degli utenti confusione tra i servizi offerti dalle parti del presente giudizio, con lesione dell’identità del servizio reso da parte ricorrente.
Sentite le parti, ritiene questo collegio, nel merito, non condivisibili i presupposti dai quali muovono le argomentazioni svolte con rigore dal giudice designato nella ordinanza di cui ci si duole.
Preliminarmente si condivide l’assunto del giudice designato della applicabilità caso di specie della disciplina prevista in materia di marchio di impresa. Ritenuto come corretta appaia la impostazione illustrata nel provvedimento oggetto di reclamo, alla stregua della quale la applicazione della disciplina normativa propria di marchi d’impresa in materia di domain name sia subordinata alla verifica della attribuibilità ad essi nel caso concreto dei caratteri di elemento distintivo di merci o servizi, ovvero del carattere di mero indirizzo telematico o codice di accesso, si ravvisa nella fattispecie la attribuibilità ai termini ” banco posta ” (del quale le poste italiane spa chiesero all’ufficio italiano brevetti marchi la protezione quale marchio nel luglio 1988, documento n. 11 di parte ricorrente), “vaglia “, ” raccomandata “, del carattere di termini:
a) certamente appartenenti al lessico comune ma associati dalla generalità dei consociati a servizi svolti ed a prodotti offerti dalle poste italiane;
b) normativamente disciplinanti servizi svolti e prodotti offerti dalle poste italiane;
giustifichi il ricorso alla disciplina propria di marchi d’impresa.
Si richiama con riferimento al punto da ultimo indicato quale b) la disciplina introdotta dal DPR 29 marzo 1973 n. 156 (non mutato ai fini che rilevano dal decreto legislativo 261/ 99) – approvazione testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di banco posta e di telecomunicazioni – il quale individua come attività propria delle poste italiane e suscettibili di costituire oggetto di concessione a terzi la raccolta ed il recapito di missive “raccomandate” (artt. 4 e 29), l’adozione di servizi bancari gestiti dalle poste denominati banco posta (artt. 100 e seguenti), ed articola la disciplina dei ” vaglia” quale una delle articolazioni cui si svolge il servizio di banco posta (artt. 100, 104 e seguenti.)
È certamente vero quanto affermato dal giudice all’interno dell’ordinanza oggetto di gravame, cioè che si tratta di termini testualmente appartenenti al patrimonio semantico comune, nondimeno pare opportuno radicare il giudizio sulla base di una valutazione complessiva, dunque non limitandosi una valutazione analitica di termini considerati da sè soli (in questo senso tribunale Napoli, 8 maggio 1996), bensì muovendo dalla considerazione che: 1) tali termini sono stati indicati all’interno della rete Internet al fine di costituire nomi di dominio; 2) il sito ” bancoposta.it “(apparentemente l’unico in funzione al momento del radicamento del provvedimento cautelare) illustra ed offre prodotti servizi di consulenza attinenti al servizio banco posta svolto istituzionalmente dalle poste italiane, ed ospita illustrazioni pubblicitarie estranee al servizio di gestione del risparmio offerta dalle poste. Tali evidenze inducono a ritenere come anche da parte del resistente utilizzatore del sito tali termini siano intesi di indicati quanto percepiti dalla generalità degli utenti come identificativi di prodotti servizi forniti dalle poste italiane e di uso comune e come tali muniti di incerta ed elevata attitudine ad attirare coloro che navighino all’interno della rete internet. Tali considerazioni – nella consapevolezza del principio illustrato da cassazione penale sezione prima 12 gennaio 1984 n. 241, secondo la quale l’uso di una parola nel suo corrente normale significato linguistico non può costituire violazione di un diritto di esclusiva, costituendo la normale utilizzazione del comune patrimonio linguistico un fatto naturale che non può essere espropriato vantaggio di situazioni esclusive ” – inducono a ritenere che la attribuzione ai termini “banco posta “, ” raccomandata ” ” vaglia”, impiegati quali domain name, del carattere di segno distintivo di un servizio, non si ponga in contrasto con la disciplina di cui all’articolo 18 n.2 legge marchi, finalizzata di impedire che termini di uso comune siano monopolizzati da un unico operatore economico, non costituendo tali termini denominazioni generiche di un prodotto suscettibile di essere fornita alla generalità dei consociati da parte di qualunque imprenditore.
Le considerazioni sinora svolta illustrano come nel caso concreto ai domain name in in oggetto non possa essere attribuita natura di mero indirizzo sulla rete atteso come gli stessi riguardino siti espressione di prodotti o servizi, e non riproducano la denominazione di persone fisiche o giuridiche o di enti riuscendo denominatori di siti che costituiscono recapito telematico o mera vetrina di tali soggetti.
Appare quindi come l’impiego da parte del resistente Malavasi Daniele e dell’ impresa individuale Discovogue dei termini in oggetto sia strumentale a “catturare ” nei propri siti gli utenti che intendano viceversa mettersi in contatto con siti delle poste italiane; ulteriormente si rileva come la pagina “www.bancoposta.it “rechi illustrazioni circa la natura del servizio offerto dalle poste italiane, così da non rendere immediatamente evidente la estraneità del sito all’amministrazione postale, ed inviti gli utenti interessati a chiarimenti ad inviare una e-mail ad un indirizzo estraneo alle poste italiane (sul punto si richiama il principio illustrato in cassazione civile sezione prima, 16 aprile 1989 n. 1779, secondo la quale ” al fine dell’accertamento della confondibilità o meno di due marchi, l’esame del giudice di merito va compiuto non tanto in via analitica attraverso una particolareggiata disamina ed una separata valutazione di ogni singolo elemento, quanto soprattutto in via unitaria e sintetica, mediante un apprezzamento che tenga conto di tutte le caratteristiche salienti, compresi gli effetti visivi, grafici, acustici o fonetici delle espressioni usate, in relazione al normale grado di percezione delle persone alle espressioni usate, in relazione al normale grado di percezione delle persone alle quali prodotto è destinato “). Certamente l’utente una volta avvedutosi dell’errore ha facoltà di disconnettersi dal sito e rivolgersi altrove, nondimeno parte resistente avrà fruito di una massa di contatti nel proprio sito della quale altrimenti non avrebbe potuto giovarsi.
Si ritiene quindi che l’impiego dei termini ” banco posta “, “vaglia” e “raccomandata” effettuato da parte resistente si risolva nell’utilizzo di marchi privi del requisito della novità richiesto e definito dall’articolo 17 legge marchi ed importi violazione della disciplina definita dall’articolo 1 legge marchi, laddove si fa divieto di usare marchi in modo da generare confusione sul mercato con altri marchi conosciuti come distintivi di prodotti e merci altrui.
Non si attribuisce pregio all’assunto di parte resistente, la quale nega l’esistenza di pericolo di sviamento o quantomeno confusione nella clientela o comunque nella generalità dei consociati, attesa la differente attività svolta tra le imprese contendenti (la impresa Discovogue di Daniele Malavasi svolge attività di ” fornitore di software consulenza di informatica, elaborazione elettronica dei dati, eccetera. “), le quali dunque si rivolgono a differenti clientele. Si ritiene a riguardo come la astratta attitudine a generare confusione vada ricercata con riferimento al bacino di utenza cui il marchio in concreto si rivolge e sussiste allorchè tale bacino si identifica o possa identificarsi nella medesima categoria di consumatori.
In vero il sito denominato ” bancoposta.it” costituirà oggetto di interesse non già per colui che voglia acquistare un computer od il relativo software, bensì per colui che voglia conoscere le modalità di esercizio del prodotto bancoposta; né tale considerazione è sconosciuta al resistente atteso come egli all’interno del sito abbia inserito un indirizzo telematico cui invitava gli utenti rivolgersi fine di ottenere chiarimenti ” prima di aprire il tuo conto”.
Appare dunque come, pur in presenza di una asserita differente attività di impresa, l’attività in concreto svolta mediante il sito dominato ” www.bancoposta.it” si risolva in un’attività attinente quella svolta delle poste italiane mediante il servizio banco posta; ciò posto, si disattende l’assunto difensivo in oggetto anche con riferimento l’impiego dei marchi ” vaglia ” e ” raccomandata ” nei siti non ancora operativi. Si ravvisa dunque ad opera del Malavasi e dell’impresa Discovogue un’attività diretta violare i diritti delle poste italiane, traendo i resistenti il vantaggio immediato di ricollegare la propria attività a quella svolta del ricorrente con i prodotti di servizi indicati, così sfruttandone la notorietà e traendone quindi il vantaggio indebito di catalizzare la attenzione di soggetti interessati ad attività svolte da un terzo, appunto parte ricorrente.
Né le ragioni del ricorrente appaiono vulnerate dalla circostanza che la Naming Authority abbia autorizzato la registrazione dei domini, atteso come essa sia priva di potere alcuno di compressione dei diritti di terzi.
Il riconoscimento dei termini lessicali in oggetto del carattere proprio di segno distintivo con capacità identificativa specifica del prodotto, e la ritenuta confusione generata nella generalità dei consociati, inducono a dissentire in ordine alle argomentazioni svolte sul punto dal giudice della prima cautela, ed a ritenere che si altresì la ricorrenza dell’ipotesi di concorrenza sleale di cui all’art. 2598 n.1 CC. Appare a questo collegio come la confusione generata negli utenti della rete Internet importi di pericolo di danno a carico della società ricorrente, atteso come una non chiara percezione da parte degli utenti stessi sia delle modalità di esercizio del servizio banco posta e dell’identità del gestore, e la astratta percepita dello stesso servizio come distaccato dalle attività complessivamente esercitate dalle poste italiane, le quali sono titolari di altri siti all’interno della rete ed offrono un con l’immagine di solidità e di capillarità, possono generare in potenziali utenti la determinazione a non ricorrere a tale servizio siccome percepito come privo delle necessarie garanzie di serietà ed attendibilità.
Ritenuta nei limiti indicati ricorrenza del fumus boni juris del diritto accampato da parte ricorrente, si ritiene la sussistenza del periculum in mora sotto la specie del permanere di una situazione di confusione in capo agli utenti di tali prodotti e servizi circa la titolarità dello svolgimento degli stessi ed i relativi caratteri distintivi, situazione la quale appare prodromica ad un ulteriore aggravamento di un pregiudizio patrimoniale di difficile quantificazione anche all’esito del giudizio di merito, e conseguentemente di indole irreparabile.
Non si attribuisce pregio alla eccezione spiegata da parte resistente circa l’assenza, nell’atto di reclamo, della esposizione delle argomentazioni relative alla sussistenza di un periculum in mora, con conseguente presunta insufficienza di un richiamo per relationem e decadenza di parte ricorrente dalla possibilità di svolgerle in sede di gravame. Si osserva a riguardo come il giudice di prime cure abbia ritenuto preliminare all’esame della ricorrenza del periculum in mora ed assorbente, lo svolgimento delle argomentazioni affrontate, né quindi sul punto si sia pronunciato; conseguentemente non vi è in capo a parte reclamante, un dictum del giudice nei confronti del quale articolare un atto di impugnazione; conseguentemente il richiamo per relationem insito nel reclamo alle argomentazioni articolate in sede di ricorso ex articolo 700 c.p.c. appare esaustivo.
Si respingono le ulteriori domande articolate da parte ricorrente attesa la loro natura non cautelare.
Per tali ragioni collegio
revoca
l’ordinanza 28 luglio 2000 del giudice designato presso questo tribunale di reiezione della domanda presentata dal reclamante ai sensi dell’articolo 700 c.p.c. come sopra riportata
vieta
al resistente Malavasi Daniele in proprio il quale titolare della impresa individuale Doscpvpgue l’impiego dei termini ” bancoposta “, “vaglia ” “raccomandata ” quali domain name dei propri siti internet, con immediata chiusura di siti identificati dai domain name riportanti tali termini
fissa
termine di giorni 30 decorrenti dal 15 settembre 2000 per l’inizio del giudizio di merito
Modena agosto 2000
L’estensore
dr. E. saravini
Il presidente
dr. R. De Robertis
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