di Andrea Monti – PC Professionale n. 218 maggio 2009
Una sentenza della Corte di cassazione fa chiarezza sul regime giuridico della pubblicazione online. Solo i siti di informazione professionale devono essere registrati in tribunale e devono avere un direttore responsabile.
Un forum online non è assimilabile a una testata giornalistica e non è soggetto agli obblighi e alle tutele previste dalla legge sulla stampa. E’ pertanto legittima l’applicazione di misure cautelari anche preventive, quali il sequestro di messaggi illeciti. Questo, in sintesi, è il principio di diritto espresso dalla sentenza della III sezione penale della Corte di cassazione con la sentenza n. 10535.
Il caso che ha originato la sentenza è quello del sequestro di contenuti di un forum online in cui degli utenti avevano espresso in toni molto pesanti le proprie critiche alla religione cattolica. A seguito della denuncia, il magistrato inquirente ha ritenuto eccessivi i contenuti dei messaggi in questione e ha richiesto il sequestro che, in prima battuta, ha riguardato l’intero forum e poi è stato limitato ai soli post incriminati.
La vicenda è arrivata sino in Corte di cassazione perchè i gestori del sistema di messaggistica ritenevano che il sequestro anche solo dei singoli messaggi fosse una lesione della libertà di stampa, tutelata dalla Costituzione. Poco importa, dicono i difensori, se le norme vigenti in materia non si riferiscono esplicitamente all’internet. Anche se esistesse un vuoto normativo, i giudici dovrebbero colmarlo tramite la cosiddetta “interpretazione evolutiva”, che consentirebbe di dare nuovo significato ad articoli di legge scritti nell’era pre-internet.
La Corte di cassazione non ha condiviso questa tesi e ha confermato la correttezza del sequestro dei messaggi ritenuti offensivi, con dei ragionamenti di estrema semplicità e interesse. Con una sentenza coraggiosa, finalmente i giudici hanno inquadrato correttamente l’annoso problema della qualificazione giuridica di un servizio di pubblicazione di contenuti. Hanno stabilito che non tutto ciò che viene pubblicato in rete può essere qualificato come “stampa” e assoggettato agli obblighi previsti per le testate giornalistiche. Il che risolve, speriamo definitivamente, l’annosa polemica sull’obbligo di dotare siti internet e servizi di messaggistica della presenza di un giornalista e della registrazione in tribunale, suscitata da interventi legislativi (la L. 62/01 che estende la nozione di prodotto editoriale anche al mondo digitale) e sentenze di primo grado meno addentro alle “cose della rete” (la decisione del tribunale di Modica che condannò per stampa clandestina il gestore di un blog privo della registrazione in tribunale).
Come scrivevano sul numero 212 di PC Professionale commentando la decisione siciliana, che equiparava un sito a una giornale per la presenza di un header , “basterebbe eliminare gli header e le date di pubblicazione e aggiornare i contenuti senza particolari cadenze per non violare la legge. Per non parlare del fatto che, oltre ai siti internet, anche le mail formattate in HTML possono essere a tutti gli effetti realizzate come se fossero la pagina di un giornale. Anche in questo caso, allora, violare la legge dipenderebbe dall’avere o meno attivato la composizione in RTF o HTML di un messaggio di posta elettronica?”
La sentenza della Cassazione è la risposta al paradosso enunciato nelle righe precedenti. Il dato più interessante che ne emerge, infatti, è l’assoluta irrilevanza della componente tecnologica ai fini della definizione di cosa sia “stampa”. “Il semplice fatto che i messaggi e gli interventi siano visionabili da chiunque, o almeno da coloro che si siano registrati nel forum” – scrive la Cassazione – “non fa sì che il forum stesso, che è assimilabile ad un gruppo di discussione, possa essere qualificato come un prodotto editoriale, o come un giornale online, o come una testata giornalistica informatica.” Esiste dunque una differenza sostanziale, ritiene giustamente la sentenza, fra chi vuole fare “Informazione” professionale (e infatti la normativa di settore parla di “impresa editoriale”) e chi, invece, vuole semplicemente scrivere ciò che pensa, senza pretese di sostituirsi alla funzione riservata al giornalista. Un forum, continuano i giudici è infatti “una semplice area di discussione, dove qualsiasi utente o gli utenti registrati sono liberi di esprimere il proprio pensiero, rendendolo visionabile a tutti gli altri soggetti autorizzati ad accedere al forum, ma non per questo il forum resta sottoposto alle regole ed agli obblighi cui è soggetta la stampa (quale quello di indicazione di un direttore responsabile o di registrazione)”.
Attenzione, però, perché esiste anche un rovescio della medaglia. La stampa, dice la Costituzione, non può essere soggetta ad autorizzazioni e censure, né può essere sequestrata in modo indiscriminato. Si tratta di “privilegi” che la legge riserva alla stampa, ma non genericamente a qualsiasi mezzo e strumento con cui è possibile manifestare il proprio pensiero. In altri termini, questo è il ragionamento dei giudici, l’informazione professionale è un bene pubblico, strumento di controllo democratico da parte dei cittadini per il tramite dei giornali(sti); è dunque corretto che un bene di questa importanza sia protetto dai “cattivi pensieri” di una ipotetica deriva autoritaria.
Viceversa, la pur importantissima libertà di manifestazione del pensiero garantita a tutti i cittadini dall’art. 21 della Costituzione, è pur sempre un fatto individuale e come tale soggetto alla normale applicazione della legge penale. Un ulteriore merito di questa sentenza, per concludere, è l’aver introdotto un criterio di flessibilità – o meglio, di neutralità tecnologica – nello stabilire se uno strumento di comunicazione possa essere o meno assoggettato alla legge sulla stampa.
Questo significa che non è il mezzo tecnologico in se stesso a trasformare chi lo usa, in giornalista. Al contrario, è il giornalista che trasforma un mezzo di comunicazione in strumento di informazione, cioè in Stampa (con la maiuscola).
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