di Andrea Monti – PC Professionale n. 156
Per i domini .it è cambiato il modello di gestione: in ambito internazionale esistono una Naming Authority e una Registration Authority, in Italia c’è un solo organismo.
Dal 1° febbraio 2004 è cambiato il modello di gestione dei nomi a dominio .it, che passa da un sistema bipartito in cui le regole sono scritte da un soggetto (la Naming Authority – NA) e applicate da un altro (la Registration Authority – RA), a uno in cui la RA gestisce autonomamente le attribuzioni. La situazione rappresenta un caso singolare nell’ambito internazionale, considerato che l’approccio seguito altrove è quello di tenere distinti i due ambiti. Perché in Italia si è scelto di andare in controtendenza? Le ragioni risalgono al progressivo deteriorarsi dei rapporti fra NA (associazione no-profit, priva di fondi e strutture, composta da una comunità di utenti) e la RA (afferente al CNR di Pisa, con grandi possibilità economiche visto che incassa i soldi delle registrazioni).
In particolare il motivo del disagio va ricercato nell’insofferenza della RA a eseguire le decisioni della NA che rivendicava la propria autonomia decisionale dal Registro. I casi più eclatanti sono stati il rifiuto da parte di quest’ultimo di accettare le decisioni degli enti conduttori o l’affossamento del progetto di snellimento delle procedure di registrazione tramite eliminazione dell’attuale lettera di assunzione di responsabilità. Ulteriore elemento che ha contribuito ad aumentare le difficoltà è stato l’intervento del ministero delle Comunicazioni, che in un primo tempo aveva preso le redini della situazione, promovendo un “tavolo dei domini” dal quale sarebbe dovuta uscire – entro il maggio 2003 – la “Fondazione Meucci”, un ente morale di diritto privato che sarebbe subentrato al duumvirato NA-RA nella gestione del Registro; il che ha ulteriormente rallentato l’operatività e tolto credibilità alla figura della NA, il soggetto debole di questo rapporto. Nonostante le assicurazioni, la Fondazione Meucci è rimasta poco più di un’idea abbozzata e il ministero delle Comunicazioni non ha più dato stimolazioni al progetto.
Questa situazione di disagio ha portato a uno stato di stallo che però, nella realtà dei fatti, ha consentito al prof. Franco Denoth, direttore dell’Istituto di informatica e telematica del CNR di Pisa e responsabile della RA di chiedere (meglio, di “forzare”) la sottoscrizione di un Memorandum of Understanding (MoU) che esautorava la NA del potere di scrivere le regole, affidandolo a un Policy Board (PB) formalmente eletto in assemblea ma sostanzialmente espresso dai vari gruppi di interesse (maintainer, provider, Registro e – bontà loro – NA). Due erano gli elementi più importanti di questo MoU: il prof. Denoth si riservava il diritto di “accreditare” il nuovo PB a seconda delle persone che ne fossero chiamate a far parte e il PB sarebbe dovuto essere convocato entro il 31 gennaio 2004. Data decorsa la quale il Registro sarebbe stato libero da ogni vincolo.
Tutto questo venne ratificato nella sofferta assemblea dello scorso 9 dicembre 2003 quando, appunto, la NA accettò di congelare i propri organismi direttivi (non rieleggendo un comitato esecutivo) e di trasferire i poteri regolamentari al nascituro PB. Nei giorni successivi all’assemblea fu da subito abbastanza chiaro che ci fosse qualcosa di strano nell’aria perché – nonostante le molte cose da fare, alcune, come la gestione degli IDN veramente urgenti dalla RA non arrivava alcun segnale.
I sospetti divennero certezza quando, arrivato oramai gennaio 2004, il professor Denoth ancora rispondeva alle richieste formulate nella mailing-list della NA che gli chiedevano quando e come si sarebbe “dato corpo” al PB. Tutto ciò che fu possibile ottenere, fu un messaggio generico nel quale il direttore dell’istituto del CNR, lamentando problemi derivanti dalle difficoltà di individuare i componenti ministeriali del PB.
La situazione ha raggiunto livelli grotteschi quando a due giorni dal 31 gennaio, solo grazie all’intervento del presidente della NA il prof. Denoth “mandò a dire” che avrebbe convocato nel giro di un paio di giorni una riunione che avrebbe convocato il PB. La conseguenza di questa “melina” del Registro è che ora il PB è, di fatto e di diritto, un organismo privo di legittimazione che il Registro può decidere o meno di convocare e che non ha alcun potere effettivo. Sulla carta esiste ancora una minima separazione dei poteri, ma in pratica non è così. E i componenti della Local Internet Community che per anni si sono prestati con spirito di servizio a dare una mano “a mandare avanti la baracca” ora sono stati estromessi con una manovra dai contenuti molto discutibili. Se questo è il modello di gestione che ci aspetta non si preparano tempi felici per le imprese, per gli utenti e per la internet governance italiana.
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