di Andrea Monti – PC Professionale n. 119
Il 7 dicembre 2000, a meno di due mesi dall’entrata in vigore della L.248/2000 i senatori Pieroni e Semenzato del gruppo parlamentare Verdi-Ulivo al Senato hanno presentato un disegno di legge che si fa carico delle polemiche suscitate dall’aggravamento sanzionatorio della duplicazione abusiva di software. In pratica, della sostituzione, nell’art.171 bis della legge sul diritto d’autore, dello “scopo di lucro” con il “fine di profitto”. Che consente di applicare la sanzione penale prevista per la duplicazione abusiva anche ai casi che – sotto la vecchia legge – non erano considerati reato.
L’attenzione degli estensori si è infatti focalizzata essenzialmente sul problema del cosiddetto “uso personale” – che meglio sarebbe definire “uso libero” – di software e musica. Con una esplicita denuncia delle attività di pressione delle multinazionali del settore che sono intervenute pesantemente nella scrittura della normativa della quale si chiede la modifica.
“Nonostante lo stesso relatore della legge abbia più volte precisato che essa non si rivolge a coloro che duplicano per uso personale e senza fine di lucro” – dicono Pieroni e Semenzato – “sono presenti, nel testo approvato, delle formulazioni che invece sembrano equiparare la copia individuale alla duplicazione di massa e al commercio abusivo”; in un momento storico nel quale non conviene più “chiudere un occhio” sulla circolazione “alternativa” del software. E’ quanto scrivono i due politici (usando peraltro toni di insolita durezza):“ è noto che le maggiori aziende di software hanno per anni fatto una politica di incentivazione delle copie non originali al fine di conquistare con i loro prodotti posizioni dominanti sul mercato. Non si dimentichi che una delle principali aziende di software, la Microsoft, è finita nel mirino dell’antitrust statunitense proprio per una politica di questo tipo.”
Proseguendo nell’analisi delle modifiche da apportare alla legge, si evidenzia poi la necessità di uniformare la disciplina dell’uso libero di materiale audiovisivo a quella del software. Secondo quanto affermato nella relazione al ddl “la legge 93 del 5 febbraio 1992 già prevede un aumento del 10 per cento del prezzo di vendita come copertura preventiva della riproduzione privata per uso personale e senza scopo di lucro dei CD musicali. Non è perciò accettabile il tentativo di molte case discografiche di criminalizzare tale riproduzione. In particolare non può essere criminalizzata la riproduzione di brani musicali quando essa avviene tramite Internet.” In altri termini, i minori introiti derivanti dallo scambio di MP3 musicali non a fine di lucro sarebbero già compensati dal costo dei supporti vergini e di quelli incisi.
In conclusione, le proposte di modifiche sono dirette da un lato a ripristinare la precedente formulazione dell’art.171 bis l.d.a. e quindi riaffermare la punibilità solo per i casi di duplicazione non personale a scopo di lucro. Dall’altro si propone di ribadire la liceità dell’uso di sistemi di duplicazione (videoregistratori, masterizzatori e simili) per uso personale.
Questo ddl è sicuramente apprezzabile per avere portato in sede politica le istanze provenienti dal mondo degli utenti e delle associazioni che si occupano di tutela dei diritti civili (i cui documenti sono stati chiaramente utilizzati per la predisposione del testo). Tuttavia è anche da evidenziare che l’iniziativa parlamentare ha mancato di occuparsi di altri temi di pari gravità come, tanto per citarne alcuni, quello del “bollino SIAE” e dei sequestri di materiale informatico (di cui pure si parla nella relazione).
Da un punto di vista concreto c’è da verificare se questo disegno di legge sarà sorretto da una effettiva volontà politica che lo tradurrà (magari con ulteriori integrazioni) in legge, o se, invece, siamo di fronte ad una semplice “estemporaneità” elettoralistica.
Chi vivrà, vedrà.
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