La convergenza delle ricerche nei settori dell’IA, delle neurotecnologie e della soft robotics fa intravedere la possibilità di realizzare qualcosa che somiglia molto a Andrew, il protagonista di Bicentennial Man scritto da Isaac Asimov nel 1976, che annulla le differenze fra esseri umani ed artificiali di Andrea Monti – Inzialmente pubblicato su MIT Technology Review Italia
“Robotica” e “intelligenza artificiale” sono temi che, al di fuori degli ambiti della ricerca e dell’industria di settore, sono invariabilmente trattati con ottimismi sfrenati o toni apocalittici che pur essendo privi di senso generano percezioni distorte ad ogni livello, anche decisionale.
Tuttavia, il fatto che in questi ambiti i risultati siano ancora a livello embrionale, non toglie che i proof of concept pubblicamente disponibili lasciano capire abbastanza chiaramente dove si stanno dirigendo ricerca e mercato: la costruzione di interfacce con il cervello, con il sistema scheletrico e con quello neuromuscolare, realizzando non soltanto protesi di materiale “duro” ma anche utilizzando tessuti biologici che rendono fruibili le protesi in determinati settori che implicano l’interazione diretta con l’essere umano.
Su questi temi MIT Technology Review Italia ha intervistato il professor Shoji Takeuchi, del Department of Mechano-Informatics, Graduate School of Information Science and Technology, dell’Università di Tokyo esperto di robotica bioibrida, microfabbricazione ingegneria dei tessuti. Con il suo team di ricerca il Prof. Takeuchi sta studiando come componenti biologici (ad esempio, tessuti muscolari e neuroni), possano essere integrati con sistemi artificiali per sviluppare robot, attuatori bioibridi e protesi di nuova generazione.
Professor Takeuchi, lei e il suo gruppo avete appena pubblicato su Science Robotics uno studio molto interessante che dimostra la possibilità di usare tessuti muscolari umani per far muovere arti bioibridi. Cosa ha ispirato questa ricerca?
Ci ha interessato la possibilità di replicare il movimento naturale grazie all’adattabilità e all’efficienza energetica di tessuti muscolari biologici riprodotti artificialmente. Gli attuatori robotici convenzionali non possono replicarne completamente il funzionamento. Dunque il nostro obiettivo è colmare questo divario tra biologia e robotica integrando i tessuti muscolari in sistemi robotici più realistici e reattivi.
Quali sono le sfide principali nell’integrare più tessuti muscolari in un arto protesico?
Direi innanzi tutto il mantenimento della funzionalità dei tessuti, la prevenzione della necrosi nelle strutture muscolari e la possibilità di ottenere una forza contrattile sufficiente. Nel nostro studio abbiamo dimostrato che si può fornire un’attivazione lineare con un’elevata forza contrattile (~8 millinewton) e un’elevata lunghezza contrattile (~4 millimetri), che può essere convertita nella flessione di dita multiarticolate mediante un meccanismo azionato da cavo. Un altro ostacolo da superare è stata certamente la coordinazione di più attuatori muscolari per ottenere un movimento preciso e sincronizzato.
Potrebbe spiegare in che modo gli attuatori bioibridi differiscono dagli attuatori robotici tradizionali in termini di robustezza, efficienza e adattabilità?
Gli attuatori bioibridi sono morbidi, flessibili e in grado di autoripararsi, ma richiedono un ambiente controllato per sopravvivere, mentre gli attuatori robotici tradizionali sono più resistenti dato che sono meccanici. Un’altra differenza è che i muscoli biologici generano energia tramite processi chimici di scomposizione del glucosio e di utilizzo del ATP, il che li rende più efficienti dal punto di vista energetico rispetto agli equivalenti meccanici che si basano su fonti di energia esterne.
Come è possibile garantire la funzionalità e la durata a lungo termine del tessuto muscolare in ambienti artificiali?
Utilizziamo la somministrazione microfluidica di nutrienti, supporti in biomateriale e la stimolazione elettrica per mantenere i tessuti attivi e funzionali. Stiamo anche studiando tecniche di vascolarizzazione per imitare la circolazione sanguigna e migliorare la longevità dei tessuti.
Si riesce a controllare e coordinare la contrazione muscolare all’interno di questi sistemi bioibridi?
Si. La contrazione muscolare è controllata mediante stimolazione elettrica che imita i segnali neuromuscolari naturali. In futuro, miriamo a sviluppare un sistema che incorpori giunzioni neuromuscolari per pilotare l’attivazione muscolare direttamente tramite reti neurali.
Pensa che sia necessario collaborare con i neuroscienziati per migliorare l’integrazione neurale degli arti bioibridi?
Anche in questo caso la risposta è positiva. La collaborazione con i neuroscienziati è fondamentale per sviluppare interfacce neurali che consentano il controllo diretto del cervello o dei nervi dei sistemi bioibridi.
Ci sono progressi nell’interfacciamento dei tessuti biologici con sistemi di controllo elettronici o basati sull’intelligenza artificiale?
I recenti progressi nella soft bioelectronics, nell’optogenetica e nella decodifica dei segnali neurali hanno migliorato il modo in cui possiamo interfacciare i tessuti biologici con i sistemi elettronici. Queste tecnologie potrebbero consentire un controllo maggiormente preciso e tempestivo della contrazione muscolare.
L’IA ha un ruolo nell’ottimizzazione del movimento e del controllo negli arti bioibridi?
Certamente. L’IA può essere utilizzata per analizzare i segnali muscolari, prevedere le intenzioni di movimento e regolarne il controllo in tempo reale.
Quanto siamo vicini alla creazione di arti bioibridi che eguagliano o superano le capacità di quelli naturali?
Lo sviluppo di arti bioibridi è ancora in una fase iniziale e presenta ancora ostacoli da superare in termini di resistenza, forza e feedback sensoriali che al momento sono ancora limitati. Tuttavia, in futuro, la ricerca sull’ingegneria dei tessuti, sul controllo basato sull’intelligenza artificiale e sulle interfacce neurali dovrebbe colmare gradualmente questo divario.
A lungo termine, prevede che gli arti bioibridi supereranno le protesi robotiche sintetiche o pensa che entrambe le tecnologie continueranno a coesistere per applicazioni diverse?
Credo che coesisteranno. Gli arti bioibridi funzioneranno meglio in termini di biocompatibilità e naturalezza del movimento, mentre le protesi sintetiche rimarranno probabilmente superiori in termini di durata, potenza e precisione.
In che modo ritiene che la leadership del Giappone nella tecnologia bioibrida influenzerà l’industria robotica globale?
Il Giappone ha una solida base nella robotica, nella microingegneria e nella biotecnologia, il che lo posiziona ai vertici della ricerca in questi settori. La capacità di integrare tecnologie del genere consentirà al Giappone di guidare l’innovazione nelle protesi di nuova generazione, nella sensoristica ad alta sensibilità e nella soft robotics.
Pensando a ciò che Mori Masahiro ha scritto nel suo famoso articolo Uncanny Valley sulla difficoltà di accettazione sociale dei robot troppo simili agli esseri umani, pensa che la società giapponese sia pronta per accettare le protesi bioibride?
In Giappone abbiamo una percezione culturale generalmente positiva dei robot, il che potrebbe facilitare l’accettazione diffusa delle protesi bioibride. Tuttavia, non vanno sottovalutate le questioni etiche e l’impatto psicologico di questi ritrovati sulle persone. Questi saranno i fattori principali da considerare per capire come la nostra società accoglierà le tecnologie bioibride.
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