di Andrea Monti – PC Professionale n. 138
L’articolo pubblicato sul numero di giugno di PC Professionale, relativo all’entrata in vigore della nuova normativa sulla garanzia per i prodotti consumer, ha suscitato notevole interesse fra i lettori. Abbiamo dunque pensato di approfondire il tema. È importante determinare lo spazio di applicazione della nuova normativa che si riferisce ai beni di consumo oggetto di contratto di vendita, permuta, somministrazione, appalto, opera e, più in generale, a tutti quei contratti finalizzati – a prescindere dalla forma – a fornire all’utente finale i beni in questione (non tutti, però, visto che ci sono delle eccezioni). Un altro elemento importante è sapere esattamente con chi “bisogna prendersela” in caso di problemi.
A questo proposito, la legge stabilisce che il consumatore deve rivalersi direttamente verso il venditore, cioè verso l’ultimo anello della catena che dalla produzione porta il bene nella disponibilità dell’utente. A sua volta, poi, il venditore potrà rivalersi verso l’importatore, il distributore o il produttore. Ma non può sicuramente “chiamarsi fuori” dalla controversia. In terzo luogo bisogna avere chiari i limiti operativi della garanzia legale che opera esclusivamente in rapporto alla presenza di “difetti di conformità”. “Difetto di conformità” che non è un valore assoluto perché viene definito in relazione al contenuto del contratto di vendita.
Secondo quanto dice la legge, se ne presume la sussistenza se i beni di consumo:
a) sono idonei all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo;
b) sono conformi alla descrizione fatta dal venditore e possiedono le qualità del bene che il venditore ha presentato al consumatore come campione o modello;
c) presentano la qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto della natura del bene e, se del caso, delle dichiarazioni pubbliche sulle caratteristiche specifiche dei beni fatte al riguardo dal venditore, dal produttore o dal suo agente o rappresentante, in particolare nella pubblicità o sull’etichettatura;
d) sono altresì idonei all’uso particolare voluto dal consumatore e che sia stato da questi portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto e che il venditore abbia accettato anche per fatti concludenti. La garanzia legale minima per i soli difetti di conformità è di due anni dalla consegna del bene (attenzione, dalla consegna, non dall’acquisto).
Nulla vieta ai produttori e ai venditori di offrire un’ulteriore garanzia, che la legge definisce come: “qualsiasi impegno di un venditore o di un produttore, assunto nei confronti del consumatore senza costi supplementari, di rimborsare il prezzo pagato, sostituire, riparare, o intervenire altrimenti sul bene di consumo, qualora esso non corrisponda alle condizioni enunciate nella dichiarazione di garanzia o nella relativa pubblicità”. Può rientrare quindi nella garanzia convenzionale non solo l’estensione temporale della durata minima prevista dalla legge, ma anche l’adozione di tempistiche di riparazione definite, la concessione di un componente sostitutivo per la durata della riparazione.
Veniamo ora ai diritti dei consumatori. In presenza di un difetto di conformità si può ottenere a propria scelta la riparazione o la sostituzione gratuita del bene a meno che la scelta operata sia oggettivamente impossibile o eccessivamente onerosa rispetto all’altra. Ciò vuol dire che si dovrà scegliere, di volta in volta, la meno onerosa fra riparazione e sostituzione. Si può invece reclamare la riduzione del prezzo o addirittura la risoluzione del contratto, qualora la riparazione e la sostituzione siano impossibili o eccessivamente onerose; o se il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro un termine accettabile o se la sostituzione o la riparazione effettuata ha arrecato inconvenienti. La contestazione del difetto di conformità va fatta entro due mesi dalla data in cui si è scoperto il difetto (anche se il difetto era già presente ma non era possibile accorgersene).
È opportuno inviare una raccomandata con avviso di ricevimento (magari anticipata via fax) sia al venditore sia al produttore, facendo attenzione, a scanso di equivoci, di spedire il tutto presso le sedi legali delle aziende in questione. Nella comunicazione è bene indicare che si sta agendo ai sensi del decreto legislativo 2 febbraio 2002, n. 24, allegando fotocopia di eventuali scontrini, ricevute, fatture, documentazione originale che comprovano l’acquisto e in la data dello stesso. È opportuno indicare di quale rimedio si invoca l’applicazione (riparazione, sostituzione) oltre ai propri riferimenti per essere contattati.
L’eventuale azione giudiziaria per far valere il difetto di conformità deve essere iniziata entro 26 mesi dalla consegna del bene. Quindi, a scanso di equivoci, se il difetto si manifesta a pochi mesi dalla scadenza di questo termine sarebbe opportuno valutare l’ipotesi di “fare causa” direttamente. Tenendo presente, però, che la completa operatività del decreto legislativo decorre dal 30 giugno 2002 (termine a partire dal quale si applicano anche le norme sulla garanzia convenzionale di cui all’art. 1.591 septies del codice civile).
Possibly Related Posts:
- Chi ci protegge dal dossieraggio tecnologico?
- Webscraping e Dataset AI: se il fine è di interesse pubblico non c’è violazione di copyright
- Perché Apple ha ritirato la causa contro la società israeliana dietro lo spyware Pegasus?
- Le sanzioni UE ad Apple e Google aprono un altro fronte nella guerra contro Big Tech (e incrinano quello interno)
- La rottura tra Stati e big tech non è mai stata così forte