In questa dichiarazione il vicepresidente del Consiglio parla di Rousseau come di un software del Movimento5Stelle (dice “un software che non abbiamo più”). Al di la, dunque, dell’apparenza formale, se ne dedurrebbe che non l’Associazione Rousseau ma il Movimento5Stelle sia il “proprietario” della piattaforma – che peraltro è una personalizzazione di MovableType, se non ricordo male – e dunque pure titolare del trattamento.
Ma è veramente così?
Per dare una risposta sarebbe utile capire – ma dal provvedimento del Garante non emerge – chi sia a determinare le finalità del trattamento eseguito tramite la piattaforma che, evidentemente, ha natura meramente strumentale rispetto all’obiettivo ultimo: determinare la volontà politica di un partito.
Se questo è corretto, si può affermare che mentre la gestione tecnica è – così pare – di pertinenza dell’associazione (il che sarebbe compatibile con un contratto ex art. 28 GDPR), le scelte sostanziali sui trattamenti devono necessariamente essere del partito. Se così non fosse, il “vero” M5S sarebbe Rousseau.
Secondo questa linea di pensiero, dunque, il M5S sarebbe quantomeno contitolare del trattamento anche nel regime pre-GDPR e come tale tenuto a obblighi e responsabilità.
La conseguenza immediata di questa impostazione è che si configurerebbe una responsabilità autonoma del partito politico in quanto tale e non solo dei singoli eventuali responsabili materiali del mancato rispetto della normativa. E dunque si (ri)proporrebbe il tema della responsabilità dei partiti che emerse con prepotenza ai tempi di Mani Pulite, quando la difesa standard (più politica che giuridica) era “non ho gestito finanziamenti illeciti per me, ma per il partito”.
Il punto diventa, allora, chiedersi se la violazione della normativa sul trattamento dei dati personali consenta di sanzionare direttamente un partito politico con tutto quello che ne deriva in termini di pericolo per il libero esercizio dell’attività politica stessa. E, questo, anche se l’Associazione Movimento5Stelle si dichiara un “non partito” titolare del trattamento dei propri associati.
Con questo, ovviamente, non intendo sostenere l’impunità per qualsiasi corpo intermedio in nome della tutela della libertà di partecipazione alla vita istituzionale. Ma solo che il caso Rousseau fornisce uno spunto importante per capire se, specie di fronte alle nuove forme di partecipazione diretta alla vita dello Stato, sia ancora sostenibile un modello di partito politico pensato e concepito oltre cento anni fa.
In breve: il potere implica responsabilità. Invocare il primo senza accettare la seconda si chiama arbitrio.
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