Repubblica.it diffonde un articolo firmato da Jaime D’Alessandro, sulla scoperta di un pianeta resa possibile dall’uso di intelligenza artificiale. Ma leggendo la notizia si scopre che, al contrario, il risultato è stato possibile grazie allo stupido stakanovismo delle macchine.
Secondo il giornalista di Repubblica.it, infatti, il pianeta in questione
è stato scovato dal sistema di intelligenza artificiale di Google, che ha vagliato i dati rlativi a 675 stelle raccolti dal telescopio Kepler. …
l sistema di intelligenza artificiale di Google, grazie alla tecnologia dell’apprendimento delle macchine, è stato addestrato a riconoscere le variazioni di luminosità della stella registrate da Kepler che indicano il transito di un pianeta percependo quel che era sfuggito agli astronomi.
Dunque, la scoperta astronomica è stata resa possibile dal fatto che un software (grazie, non dimentichiamolo mai, al relativo hardware) ha fatto quello che fanno da sempre i software: maneggiare grandi quantità di informazioni e fare cose che non tutti gli umani riescono a fare, o comunque farle più in fretta. Un braccio meccanico che esegue saldature industriali non è “intelligente” solo perchè non sbaglia mai ed è più veloce di un operaio.
Inoltre, tornando all’articolo, secondo D’Alessandro il “merito” della “intelligenza artificiale” sarebbe quello di avere “percepito” qualcosa che era sfuggito agli astronomi. Dunque, in questo caso, più che di intelligenza si dovrebbe parlare di pedanteria artificiale.
In altri termini, questa scoperta astronomica è stata possibile perchè un software stupido ha analizzato stupidamente una quantità di dati che nessun essere intelligente avrebbe potuto maneggiare in modo altrettanto efficace.
Con questo non voglio sminuire la portata delle capacità di chi ha programmato questo software e concepito gli algoritmi di analisi dei paramentri rilevati dal telescopio Keplero.
Ma non posso accettare che la definizione di “intelligenza” venga affidata – in termini di paragone – a un esercizio di forza meccanica e bruta e, soprattutto, che notizie del genere siano acriticamente propagate da chi dell’informazione ha fatto un’attività professionale.
Ma questa, come diceva la voce fuori campo alla fine di Conan il barbaro, è un’altra storia.
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