Il cambio di approccio del governo alla gestione organizzativa del Covid-19 ha riportato in auge nel dibattito pubblico parole d’ordine come “credere nella Scienza” e “fidarsi degli Scienziati”. Non differentemente da un qualsiasi (rispettabilissimo) credo religioso, dunque, la “Scienza” è elevata al rango di divinità da venerare acriticamente, tramite una schiera di santi e predicatori. In Suo nome vengono promosse beatificazioni, scomuniche, autodafé e processi (culturali) che ricordano quelli che condannarono come untori Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora. Non sono mancati, dall’altro lato, ciarlatani, eredi di Alessando di Abonutico, e una miriade di “culti” individuali frutto dell’arroganza, questa sì segno dei nostri tempi, di “sapere quello che non ci dicono” in puro stile Napalm 51 di Andrea Monti – Inizialmente pubblicato su Strategikon – un blog di Italian Tech.
Forse, pragmaticamente, questa scelta (se è stata una scelta e non il frutto di spregiudicate necessità) era l’unica possibile nella condizione di emergenza permanente nella quale versa l’Italia. Non c’era il tempo di portare tutta la nazione ad un livello di conoscenza tale da far maturare una consapevolezza tale da capire cosa fosse necessario fare, e perché ci si dovesse assumere un rischio – quello della vaccinazione – non effettivamente calcolabile ma che era necessario correre nonostante tutto.
Ora è il tempo dell’emergenza energetica e, dopo quella russo-ucraina, il copione si ripete: nucleare, fracking, sostenibilità di lungo periodo di un sistema basato sulle batterie… temi complessi che, ancora una volta, sono celebrati con riti pubblici dalla nuova schiera di santi, predicatori e ciarlatani che hanno preso il posto di quelli che c’erano prima.
Da un lato, come detto, questo fenomeno è agevolato dall’ arroganza individuale del pretendere di sapere senza conoscere. Dall’altro è giustificato dalla constatazione fattuale che di fronte a problemi complessi nessuno può sapere tutto quello che serve per assumere decisioni informate, nemmeno i vari “comitati di esperti”. Il che non legittima, tuttavia, il trasformare la Scienza nel suo contrario, cioè in un sistema di credenze sostanzialmente non verificabili, da accettare perché ipse dixit.
Questo non accadrebbe se abbandonassimo il paradigma idealista che trasforma le persone in fantasmi evanescenti ai quali attribuire virtù sapienziali e poteri divinatori. Esistono, in altri termini, i “politici” non la “politica”, i “governanti” non il “governo”, gli “scienziati” non, appunto, la “Scienza”, anzi, la scienza, scritta con la minuscola.
Spogliati del velo sacrale che attribuisce loro un’apparenza trascendente, questi celebranti rimangono “solo” persone, e come tali deve essere valutato il messaggio che veicolano. Questo significa, in altri termini, che, come scriveva Francesco Carrara nel suo Programma del corso di diritto criminale pubblicato nel 1867 a proposito degli “esperti” nel processo penale: “… la loro credibilità dipende non tanto dalla persona o dal detto, quanto dai criteri maggiori o minori di verità che porge la scienza od arte da loro professata”.
Le parole di Carrara fanno da eco a quelle di Platone, quando nel Gorgia fa dire a Socrate: “… quando ci si trovi in disaccordo su qualche punto, e quando l’uno non riconosca che l’altro parli bene e con chiarezza, ci si infuria, e ciascuno pensa che l’altro parli per invidia nei propri confronti, facendo a gara per avere la meglio e rinunciando alla ricerca sull’argomento proposto nella discussione. E certuni, addirittura, finiscono col separarsi nel modo piu? disonorevole, dopo essersi insultati e aver detto e udito, su di se?, cose tali che anche i presenti si pentono di aver creduto che sarebbe valsa la pena venire a sentire gente del genere.”
Dunque, una possibile soluzione al dilemma fra “credere” e “sapere” sta non solo nell’aumentare le proprie conoscenze in termini di quantità informativa. Ciò che serve è anche padroneggiare un metodo di lettura della realtà che consenta di comprenderla riuscendo ad attraversare le cortine fumogene innalzate dall’ignoranza, dalla necessità politica e dal partigiano interesse individuale.
Il metodo scientifico – inteso come approccio critico ai problemi – non è l’unico ad offrire questa possibilità e non necessariamente deve essere applicato sempre e comunque. Tuttavia, costituisce uno strumento indispensabile nella cassetta degli attrezzi del pensiero per costruire ragionamenti in grado di resistere ai colpi della superstizione e della malafede, contribuendo a farci rimanere liberi, non solo nella mente.
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