La Commissione affari giuridici dell’Unione Europea pubblica un rapporto sulla robotica palesemente ossessionato da luddismo e sindrome di Frankenstein, mentre un ricercatore italiano, evidentemente ignorando o facendo finta di non conoscere i romanzi di Isaac Asimov, si inventa – e viene premiato per – la “roboetica”.
Manco a dirlo, la Commissione affari giuridici auspica “nuove leggi” e l’ennesima “agenzia europea” per regolare le questioni etiche e giuridiche relative all’uso dei robot, alla perdita di posti di lavoro che queste macchine provocheranno e addirittura al fatto che gli umani potrebbero preferire le bandati robot a quelle vere ecc. ecc.
Siamo di fronte all’ennesima reiterazione delle posizioni apocalittiche dei luddisti avversari della macchina a vapore, e poi di quelli dell’automobile, e poi degli elettrodomestici e ancora dell’internet e dei servizi online. Ogni progresso causa una variazione del mondo del lavoro e bisogna semplicemente accettarlo: non voglio vivere nell’età della pietra perché questo garantisce la “massima occupazione”. Ma, questa volta, il luddismo si coloro di un “tocco” di Sindrome di Frankenstein, quella che affligge chi ha paura di essere minacciato dalla propria “creatura”. Tanto che il “pregevole” studio raccomanda che queste diavolerie infernali siano dotate di un bottone che consenta il loro spegnimento immediato. Ignorano, gli esperti della Commissione, che già ogni macchinario industriale potenzialmente pericoloso per l’uomo è dotato di meccanismi del genere. Pochi lo sanno, ma il camion utilizzato dall’attentatore di Berlino – uno Scania – era dotato di un meccanismo per arrestare il mezzo in caso di urto, il che ha ridotto fortemente il numero di vittime causato dal terrorista.
I robot non sono che macchine e – come tali – sono già ampiamente regolati dalle norme sulla sicurezza (ambientale, individuale e industriale) che regolano la produzione di oggetti che interagiscono con gli esseri umani e dunque non c’è bisogno di “inventarsi” proprio nulla in proposito.
Men che meno la “roboetica”.
Dichiara il dott. Veruggio, ricercatore del CNR e inventore appunto della “nuova” disciplina che applica l’etica agli aspetti legali e sociali della robotica e delle sue delle applicazioni, che:
La tecnologia applicata alla vita degli umani suscita sempre problemi etici … Noi robotici dobbiamo assicurare il nostro impegno per aumentare la consapevolezza del pubblico e senz’altro il mondo dei media ci può aiutare nel processo di creazione di una coscienza collettiva, in grado di individuare e prevenire un uso errato della tecnologia. La speranza è che si possa giungere a un’etica condivisa da tutte le culture, tutte le nazioni e le religioni.
Mi rimane difficile capire come si possa premiare qualcuno che è portatore di una visione pre-illuminista del diritto, nella quale la legge è sottoposta all’etica (leggere Montesquieu, Beccaria e Hans Kelsen non sarebbe mai sbagliato quando si parla di norme). Ma se proprio ci si vuole occupare dell’impatto che un tipo di macchine (ancora lontanissimo da venire) può avere sulla società, è molto meglio leggere gli scritti di Isaac Asimov nel Ciclo dei Robot e nei tanti racconti che avevano come protagoniste della macchine “animate” dai “cervelli positronici”. Quelle pagine trattano praticamente tutti i temi dell’interazione uomo-macchina: l’uso di organi artificiali negli umani e di organi biologici nelle macchine, la superiorità dei robot nel governo dell’umanità, le regole per la relazione fra macchine e genere umano (e dei relativi aggiramenti), la nascita di un sentimento fra un essere umano e una macchina, l’evoluzione di una intelligenza artificiale in forme che la rendono superiore all’essere umano.
Poi, si può discutere quanto si vuole di “intelligenza artificiale” di robot umanoidi e dell’arrivo della Death Star carica di Sith. Basta ricordare sempre che si tratta – purtroppo – di fantascienza, e non di dura realtà.
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