Il decreto del ministro (con la “o”) Fedeli che impone l’abbassamento sperimentale a quattro anni della durata della formazione superiore è concettualmente sbagliato e pericoloso per studenti e imprese. Grazie alla riforma Fedeli si accentua la concezione della scuola come nozionificio e si pregiudicano le possibilità per gli studenti di entrare adeguatamente formati (anche sotto il profilo umano) nel mondo del lavoro.
Il ministro ha una concezione del sapere di tipo puramente quantitativo e, con l’obiettivo di far risparmiare soldi alla pubblica amministrazione, stabilisce di insegnare agli studenti in quattro anni ciò che fino ad ora imparavano in cinque.
Quello che, evidentemente, il ministro (sempre con la “o) ignora è che imparare non significa soltanto riempirsi il cervello di nozioni (per quello ci sono i computer e la cosiddetta intelligenza “artificiale”) ma capire come usarle, come integrarle e trasformarle in qualcosa di nuovo, diverso e utile.
Raggiungere questo obiettivo richiede tempo e maturazione, ma per il ministro (con la “o”) il tempo non conta. Egli non si pone il problema di cosa significhi formare ed educare una persona che sta attraversando la fase più importante della sua vita: quella nella quale si stacca dall’alveo familiare, costruisce una propria individualità, decide quali sono i valori importanti nei quali riconscersi per la vita.
Ma la scuola non fornisce soltanto nozioni perché – ed è la cosa più importante – insegna ad imparare. E come sa qualsiasi formatore (dall’insegnante, all’allenatore sportivo, a chi “trasmette” la propria esperienza professionale all’apprendista o al “praticante”) solo il tempo consente di mettere a frutto le nozioni ricevute. E sorvolo sul fatto che la scuola, oltre a fornire nozioni e a insegnare a imparare, dovrebbe anche “educare”.
Sarebbe stato utile che il ministro (con la “o”), a prescindere dalle convinzioni personali, avesse letto l’Ecclesiaste (3. 1-15),
Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo
E questo, signor ministro (con la “o”), non è il tempo di schiacciare l’educazione degli studenti italiani in una scatoletta di sardine stipata di lettere e numeri, perchè quando fosse necessario aprirla, ci sarebbe il concreto pericolo che tutto sia andato a male.
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