di Andrea Monti – PC Professionale n. 152
Fa discutere l’accordo concluso tra Microsoft Italia e la Pubblica Amministrazione italiana per dare accesso ai sorgenti dei prodotti Microsoft.
Lo scorso 16 settembre 2003 il Ministero per l’innovazione ha annunciato (www.innovazione.gov.it/ita/ comunicati/2003_09_16.shtml) la stipula di un accordo fra il Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (ex AIPA) e Microsoft Italia S.r.l. in base al quale l’Italia, sottoscrivendo un’apposita licenza d’uso, potrebbe, in futuro:
> chiedere di avere accesso – peraltro parziale – ai sorgenti dei prodotti Microsoft entrando a far parte del discusso Government Security Program (GSP)
> ricevere formazione in materia di sicurezza da esperti Microsoft
> proporre a Microsoft modifiche e miglioramenti dei suoi prodotti.
Ai sensi dell’art.1 del protocollo per l’accesso ai sorgenti (www.cnipa.gov.it/site/_files/Protocollo%20CNIPA%20MICROSOFT.pdf) non sono previsti oneri pecuniari anche se ciò non esclude, in ambito civilistico, altre forme di remunerazione. Per le altre iniziative, invece, non si fa riferimento a questioni economiche, e dunque non si può eslcudere che lo Stato potrebbe trovarsi, dopo avere pagato le costose licenze dei software, a dover subire ulteriori costi per renderne sicuro l’utilizzo. Con la conseguenza secondaria ma non marginale di assumersi una parte di responsabilità giuridica per i danni derivanti dall’uso delle applicazioni in questione “alleggerendo” , nello stesso tempo, l’eventuale responsabiltà di Microsoft.
All’art. 2 Microsoft Italia S.r.l. si riserva il diritto di promuovere, limitatamente ai propri prodotti, attività dirette alla verifica di interoperabilità legata ad aspetti di sicurezza in contesti eterogenei e distribuiti, oltre che a valutare congiuntamente le richieste di CNIPA relative alla divulgazione di interfacce, protocolli o formati di file proprietari sull’uso di standard aperti. Mentre al successivo art. 3 si fa riferimento a generiche possibilità di attivare iniziative congiunte in materia di e-government e di promozione della sicurezza IT fra i cittadini (gli ultimi due articoli regolano la durata dell’accordo e la legge applicabile).
La sostanza (quasi impalpabile) di questo accordo è che, da un lato, l’Italia si appresta ad assumere obblighi e oneri giuridici probabilmente unilaterali, diventando licenziataria di Microsoft Usa, mentre Microsoft (Italia e/o Usa) acquisisce potere, know how e ulteriori quote di mercato praticamente senza colpo ferire. È probabile che ciò accada tramite il modello di licenza già proposto alle università e agli OEM, che prevede il divieto di riutilizzo di know how e codice sviluppato grazie all’accesso ai sorgenti Microsoft. Realizzando così il paradossale effetto che tutti gli sforzi (che hanno comunque un valore economico) profusi dalle strutture pubbliche italiane per migliorare questi prodotti diventeranno proprietà esclusiva di Microsoft.
Inoltre – come ha fatto rilevare la Free Software Foundation Europe – gli sviluppatori che accederanno al materiale messo a disposizione da Microsoft saranno sempre esposti al rischio di un’azione legale basata sul fatto che lo sviluppo di un futuro loro programma sia stato possibile accedendo a codice e know how protetto dal GSP. Certo, è curioso che in un momento nel quale la parola d’ordine è “ridurre i conti pubblici” si decida per quella che appare palesemente come un’accelerazione verso l’utilizzo esclusivo del software proprietario e la “dismissione preventiva” del capitale intellettuale a favore di un’azienda privata ed extracomunitaria. Quando invece sarebbe imprescindibile che tutti i diritti di proprietà intellettuale spettino esclusivamente allo Stato italiano, in modo da renderlo del tutto libero di autodeterminare le proprie scelte informatiche e tecnologiche.
Lascia basiti, infine, leggere nel comunicato del Ministero che “l’accordo Government Security Program” è importante anche per la collaborazione tra imprese private e Governi alla luce dello sforzo comune nella lotta al terrorismo”. Ricorrendo al luogo comune della lotta al terrorismo per giustificare persino una scelta politica non certo lungimirante, che leva le castagne dal fuoco a chi produce software, invece di esigere da questi l’assunzione di precise responsabiltà e di garantire un effettiva indipendenza dello Stato da terze parti. Chiunque esse siano.
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