Con una lettera dello scorso 10 ottobre il commissario Breton ha informato Elon Musk del fatto che X è utilizzato per diffondere contenuti illegali e disinformazione nella UE, gli ricorda le regole imposte dal Digital Service Act in termini di moderazione dei contenuti e lo avvisa di avere ricevuto da “fonti qualificate” la notizia della circolazione di – cito testualmente – “contenuti potenzialmente illegali” ancora disponibili nonostante la segnalazione da parte delle autorità competenti. Infine, conclude Breton, è obbligatorio (“you need to have in place” dice la lettera) avere adottato misure efficaci per ridurre il rischio per ordine e sicurezza pubblica derivante dalla diffusione di disinformazione, aspettandosi (non auspicando, ma “aspettandosi”) un contatto con le autorità di polizia e con Europol per dare seguito immediato alle loro richieste di Andrea Monti – Inizialmente pubblicato su Strategikon – un blog di Italian Tech
I toni ultimativi adottati da Breton sono senz’altro giustificati dalla gravità della situazione contingente e dalla necessità di intervenire subito, ma il loro fondamento giuridico rimane difficilmente sostenibile e costituisce un preoccupante arretramento sul fronte del rispetto del rule of law, il primato della legge.
Terrorismo e sicurezza nazionale sono materie riservate agli Stati
L’articolo 4 del Trattato dell’Unione Europea dice esplicitamente che ordine e sicurezza pubblica e sicurezza nazionale sono materie sotto la giurisdizione degli Stati membri. Anche la qualificazione giuridica di contenuto illegale penalmente rilevante è del legislatore nazionale perché in materia penale la riserva di legge a favore del Parlamento è assoluta e non può essere limitata da poteri esterni (altrimenti, facendo un esempio volutamente paradossale, la UE potrebbe imporci di adottare la pena di morte ance se la Costituzione non lo consente).
Questo significa, limitandoci all’Italia, che la prevenzione del terrorismo spetta alla Presidenza del Consiglio in forza della legge 124/07 e al Ministero dell’interno che tramite le articolazioni nazionali e provinciali, esercita le attribuzioni dell’autorità per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, secondo i principi della legge 121/81. Completa il sistema di prevenzione e controllo, la normativa sulla sorveglianza speciale istituita dal Codice antimafia, sulla cui applicazione vigila il giudice penale.
I contenuti illegali sono giudicati dai tribunali penali nazionali
Per quanto riguarda i contenuti illegali, trattandosi di “oggetti” la cui creazione, diffusione e promozione sono penalmente rilevanti, solo un giudice nazionale —o in via d’urgenza un pubblico ministero— potrebbero emettere ordini di oscuramento o rimozione di contenuti. Ancora una volta, parlando dell’Italia, questo è possibile applicando la Legge Mancino sui discorsi d’odio o l’articolo 528 del Codice penale sulla diffusione di contenuti osceni o raccapriccianti. Il riferimento al “giudice nazionale” è particolarmente importante perché ogni Paese ha la propria sensibilità giuridica rispetto a temi come la libertà di espressione e quindi non è pensabile che la qualifica di “illiceità” di un contenuto venga decisa senza un procedimento giudiziario e dunque senza le garanzie processuali garantite da ogni ordinamento occidentale.
I limiti dei poteri UE
Di conseguenza, è alquanto difficile che un commissario europeo possa avere qualche titolo giuridico per stabilire la natura di illecito penalmente rilevante di un contenuto, di chiederne la rimozione e di intimare la collaborazione con autorità di polizia (che o hanno il potere giuridico di imporre oscuramenti e sequestri, e allora non hanno bisogno di rinforzi, o non hanno questo potere e quindi non ricevono nuovi poteri dalla lettera di Breton) e con agenzie —come Europol— che a dispetto del nome non hanno lo status di autorità giudiziaria perché non esiste una “polizia europea”.
Il significato politico della lettera di Breton
Se, dunque, la lettera di Breton è giuridicamente priva di valore, dal punto di vista politico suscita molte perplessità perché lascia intendere una visione del diritto come strumento di esercizio del potere e non come limite all’esercizio del potere stesso. Non, dunque, rule of law di fronte al quale anche i governanti (e a maggior ragione chi è privo di sovranità politica) devono inchinarsi ma rule by law, cioè strumento da piegare alle necessità contingenti degli esecutivi (ma la Commissione UE non lo è), a prescindere da regole e limiti.
Un pesante colpo al sistema dei diritti e alla separazione dei poteri
Ma non è tutto, perché il “non detto” di questo messaggio è assordantemente chiaro: la libertà di espressione va limitata quando “dispiace” al potere anche in tempo di pace e prima —e senza— che un giudice abbia potuto esercitare la propria funzione di garanzia.
Questo è lo stesso atteggiamento che l’Unione Europea sta avendo nei confronti di un altro diritto fondamentale —la privacy— con la proposta di rendere obbligatorio il client side-scanning, cioè la perquisizione preventiva e automatica di ogni device alla ricerca di… si, proprio di loro: i contenuti illegali (questa volta, nella forma di materiale pedopornografico). E poco importa se la stragrande maggioranza dei cittadini non ha nulla a che vedere con queste nefandezze. Chi non ha nulla da nascondere, non ha nulla da temere, come diceva qualcuno già alla fine del XIX secolo.
Uno scenario preoccupante
Riassumendo, dunque, in un’area geografico-economica composta da 27 Paesi che si riconoscono nella Carta di Nizza e prima ancora nelle rispettive costituzioni nazionali (la cui impostazione giuridica ne ha, appunto, consentito l’adesione al Trattato UE) e dove diritti fondamentali, primato della legge e separazione dei poteri costituiscono la sacra Trimurti a tutela dei cittadini, un singolo rappresentante di un organismo privo di sovranità politica autonoma si sostituisce nell’esercizio di poteri che spettano agli Stati membri nel decidere quali diritti fondamentali dovrebbero essere limitati e in che modo.
A tacer d’altro, da parte delle istituzioni europee questa non è una bella prova di coerenza.
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