Con una discutibile decisione, relativa alla causa C-136/17, il cui merito atteneva alle funzioni di de-listing di contenuti dai motori di ricerca, la Corte di giustizia europea dichiara che
il gestore di tale motore di ricerca in quanto soggetto che determina le finalità e gli strumenti di detta attività deve garantire, nell’ambito delle sue responsabilità, delle sue competenze e delle sue possibilità, che detta attività soddisfi le prescrizioni del diritto dell’Unione, affinché le garanzie previste da quest’ultimopossano spiegare pienamente i loro effetti e possa essere realizzata una tutela efficace e completa delle persone interessate, in particolare del loro diritto al rispetto della loro vita privata.
ma non ha speso una sola parola sul ruolo e sui i doveri di chi originariamente ha pubblicato l’informazione.
In altre parole: un motore di ricerca recupera ciò che è stato reso pubblico da qualcun altro. Se il contenuto deve essere aggiornato per soddisfare il requisito di “correttezza”, questo dovrebbe essere in primo luogo un obbligo giuridico per il creatore di contenuti.
Imporre, al contrario, doveri su un motore di ricerca senza contemporaneamente fare lo stesso con chi rilascia informazioni online invia un messaggio sbagliato: fate quello che volete, perché qualcun altro sarà responsabile delle vostre azioni.
Per quanto questa affermazione possa sembrare forte, è l’ennesima iterazione della teoria giuridica della “responsabilità dell’intermediario” che mira a spostare gli oneri e le sanzioni sul fornitore di servizi di comunicazione elettronica piuttosto che colpire il vero colpevole di una violazione: l’utente.
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