di Andrea Monti – Nova Ilsole24ore del 28 maggio 2009
Il 25 maggio 2009 il Garante dei dati personali ha comunicato i risultati dell’indagine sulla banca dati del DNA creata dal Raggruppamento Investigativo Speciale dei Carabinieri e ha evidenziato problemi, in particolar modo sull’accesso alle informazioni; tanto che al RIS è stato ordinato di adottare misure di sicurezza per tracciare con certezza l’identità di chi usa il database . Il provvedimento del Garante ricalca l’impostazione del disegno di legge che il Senato sta per approvare e che istituisce anche in Italia la banca dati nazionale del DNA. E questo DDL dimostra le stesse debolezze culturali che sono costate all’Inghilterra una recente condanna emessa dalla Corte europea dei diritti umani per avere il Regno Unito conservato nel proprio database del DNA anche i profili di persone riconosciute innocenti. Inoltre, ratificando la scelta del RIS (e del DDL) di conservare anche i campioni biologici delle persone coinvolte invece dei soli profili, il Garante ha posto le basi per la più massiccia e invasiva violazione di Stato della privacy dei cittadini. I metodi attuali di profilazione basati sui marker SNP, infatti, possiedono una risoluzione sufficientemente profonda per identificare una persona senza dover ripetere a posteriori l’estrazione del profilo dai tessuti. Decidere di conservare ugualmente i campioni biologici, contro questo dato scientifico, significa accettare la possibilità concreta che analisi di ben altro tipo vengano compiute sul codice genetico di chi abita la biobanca, e che dunque il vaso di Pandora possa, un giorno nemmeno troppo remoto, essere scoperchiato.
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