di Andrea Monti – PC Professionale n. 72
E’ il titolo dell’evento organizzato da “Le conferenze di Repubblica-Affari&Finanza” il 26 e27 febbraio scorsi presso il Centro Congressi Milanofiori di Assago.
Il tema di quello che oramai si può considerare un appuntamento fisso nell’agenda di ogni operatore del settore delle tecnologie dell’informazione era particolarmente attuale ed interessante e può essere sintetizzato in questo modo: quale futuro ma anche quale presente per il commercio elettronico?
La internettizzazione (brutto ma efficace neologismo) del terziario comincia ad acquistare maggiore concretezza ed inevitabilmente cominciano a sorgere una serie di problemi che aspettano risposte in tempi brevi.
Nelle due sessioni plenarie pur se da prospettive differenti è emerso un dato comune: è finito – per ricorrere ad una metafora gastronomica – il tempo del fumo e comincia quello dell’arrosto.
E’ vero che, come pure è stato detto, sono anni che si ripete questa frase ma da questo momento in poi il passaggio non è più rinviabile.
Le questioni sul tappeto.
La massa di utenza privata (la domanda) e di presenze aziendali (l’offerta) in rete aumenta sempre di più, anche se non esponenzialmente come molti amano dire senza rendersi conto del significato esatto del termine; ma per compiere il passo ulteriore, quello della creazione di un mercato digitale, è necessario mettere a punto alcuni meccanismi sia tecnici che giuridici.
Il commercio elettronico è stato proprio il catalizzatore dei vari interventi che hanno animato le due sessione plenarie, interventi dei quali cercherò di sottolineare, in ordine sparso, gli aspetti più interessanti.
La sicurezza tecnica delle transazioni digitali è il cardine attorno al quale ruota qualsiasi progetto di e-commerce ma senza uno standard – come in qualsiasi ambito informatico – non è certo possibile fare alcunché ed infatti si è parlato di quelli che stanno per acquisire tale status nel settore, guardando con occhio preoccupato la vacuità degli aspetti normativi. Un esempio per tutti: è stata ventilata l’ipotesi che l’intera gestione (anche quella parte che coinvolge l’invio degli estratti conto all’utente finale) della carta di credito utilizzata in rete venga gestita informaticamente, con inevitabili difficoltà, tanto per dirne una, quando si deve andare ad attribuire valore fiscale ad un form ricevuto via e-mail.
Questa è però solo una faccia della medaglia. Che senso ha preoccuparsi della sicurezza delle transazioni digitali non sapendo se i rapporti giuridici messi hanno validità o meno?
In altri termini: tecnicamente comprare una casa o un libro attraverso la rete è la stessa identica cosa.
Non è così per la legge, infatti nel caso del libro non è necessaria alcuna formalità particolare, mentre nel primo è essenziale la documentazione per iscritto dell’accordo. Si aprono delle vere e proprie voragini nel codice civile e nella legge in generale che devono certamente (ma quando? Campa cavallo!) essere colmate altrimenti il giocattolo si romperà prima ancora di cominciare a funzionare.
A dire la verità questa medaglia ha almeno una terza faccia che quella dell’atteggiamento mentale di chi opera dal lato dell’offerta. Se escludiamo quelli che lavorano nell’informatica, per i quali Internet è IL mercato, rimangono tutti quegli operatori per i quali la Rete è un mezzo, non un fine. E’ quindi necessario capire che non è una panacea o il mezzo per chissà quale incremento di fatturato, ma solo uno strumento che si affianca, e in alcuni casi sostituisce, quelli più tradizionali. Un dato interessante che è emerso dalle relazioni: quanti di quelli che vogliono Internet in azienda usano al meglio gli strumenti (telefono, fax, mailing) che già hanno a disposizione? Il punto è che la Rete non è migliore nè peggiore di altri sistemi, è semplicemente diversa, funziona bene per vendere certi prodotti, molto meno bene per altri…
In breve: essere su Internet è facile, rimanerci guadagnandoci lo è molto meno se non si sviluppa una mentalità e una coscienza diverse.
Un protagonista inaspettato: il pubblico
Un altro dei periodi che è finito è quello del pubblico che “beve” qualsiasi cosa gli venga raccontato.
Da un po’ di tempo a questa parte gli operatori – temprati dalla dura realtà – hanno sviluppato dei robusti anticorpi contro discorsi astratti o strumentali: le magnifiche sorti e progressive che erano state loro magnificate anche solo l’anno scorso ora si sono rivelate molto meno magnifiche e altrettanto poco progressive. I dibattiti sono stati sempre molto animati (in qualche caso si è trattato di veri e propri flame) e molte volte proprio gli interventi della platea hanno consentito di integrare – se è possibile – ancora più concretamente relazioni dai contenuti già fortemente user-oriented.
La percezione in somma, è ancora una volta quella di una situazione sì fluida, ma rapidamente diretta a mutare stato in tempi non prevedibili ma certamente non remoti.
Possibly Related Posts:
- Così Big Tech ha imparato a monetizzare la nostra fuga dalla realtà
- Il caso Crowdstrike rivela le cyber-debolezze Ue
- Cosa significa il bando cinese di Whatsapp, Telegram e Signal dall’App Store di Apple
- Il duello tra Usa e Cina sui processori va oltre l’autonomia tecnologica
- Quali conseguenze potrebbe avere il possibile bando di TikTok negli Usa