Internet fa male ai bambini?… Si, secondo l’Unione Europea

di Andrea Monti – PC Professionale n. 86

Povero signor Internet, per lui la condanna è senza scampo: come già le ortiche, una bibita ghiacciata e il tamagotchi, egli fa male ai bambini.

Il verdetto è contenuto fra le righe di una proposta di decisione (98-C 48-08) pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee il 14 febbraio 1998 e intitolata “Proposta di decisione al Consiglio che adotta un Piano pluriennale d’azione comunitaria per promuovere l’uso sicuro di Internet” (per chi fosse interessato il testo è reperibile all’indirizzo http://giuriweb.unich.it)

Ufficialmente è un documento improntato ad un ottimismo che definirei quasi sfrenato: si parla di realizzare le potenzialità delle reti globali di informazione” si parla delle conseguenze positive soprattutto per l’istruzione e della creazione di una via europea alla società dell’informazione, poi – messa da parte l’aria fritta – si arriva al pratico e tutte le fanfare tacciono all’improvviso.

Lo schema del provvedimento

La proposta di decisione è divisa in tre parti: i “considerando” cioè le motivazioni che spingono all’adozione di certi provvedimenti, il testo della decisione (quello che contiene gli articoli) e infine un allegato con le linee d’azione per promuovere l’uso sicuro di Internet.

Paradossalmente la parte meno interessante è la seconda, perché altro non è se non la cristallizzazione delle altre due che invece riservano da subito amare sorprese rappresentando il concentrato di molti luoghi comuni e leggende urbane – internet è globale e multimediale – che fino a quando sono argomento di chat su IRC per quanto fastidiosi sono innocui, ma se arrivano sul tavolo del legislatore allora possono fare enormi danni… tanto tuonò che piovve.

I “considerando” sono ventotto (ventisette, escludendo l’ultimo che non è significativo occupandosi di questioni amministrative) oltre un quarto dei quali è dedicato alla pedofilia, altri sette (un altro quarto dunque) riguardano i contenuti illegali con l’esplicito avviso che PICS et similia dovranno presto o tardi essere adottati, quattro la necessità di regolamentazione internazionale) mentre i restanti stabiliscono come e quanto bisogna investire per realizzare tutto ciò.

Nessuna traccia della necessità di migliorare la formazione del personale delle forze dell’ordine per evitare che lo scandalo dei sequestri di hardware continui a ripetersi nell’indifferenza generale, nessuna traccia dell’opportunità di migliorare il livello dei software in commercio in modo da evitare “spiacevoli contrattempi” per qualche attacco da denial of service, nessuna presa di posizione sul ruolo delle compagnie di telecomunicazione, nessuna indicazione sul problema della tutela del consumatore, ma che significa allora “promuovere l’uso sicuro di Internet”?

I contenuti

La risposta è nelle linee d’azione allegate alla proposta di decisione che – non essendo possibile riportare integralmente – cito in ordine sparso.

· Istituzione di una rete europea di hot-line. Il meccanismo è semplice: se navigando trovate casualmente (?) qualcosa che urta la vostra sensibilità, alzate il telefono, denunciate il fatto e poi qualcuno si occuperà di valutare se – nel rispetto delle differenze culturale delle varie etnie che vivono in Europa – quel contenuto è oppure no illegale. Lascio alla vostra intelligenza qualsiasi commento sui rischi enormi di una scelta del genere. Vorrei soltanto evidenziare il pericolo più che concreto dell’istituzione di una sorta di struttura investigativa parallela (non vorrei dire di “vigilantismo”) e il più che possibile diretto coinvolgimento dei fornitori di connettività e contenuti nelle attività di indagine… chi si fiderà più della Rete?

· Incoraggiare l’autodisciplina. Fornitori di contenuti, carrier e utenti si devono mettere d’accordo e predisporre codici di autoregolamentazione. E’ una delle cose più folli mai concepite da mente umana. L’autodisciplina non può che riguardare gli operatori commerciali che – come già è successo per la pubblicità – si danno delle regole comuni nel rispetto delle leggi vigneti. Per esempio: la legge non mi obbliga a concedere un termine per la disdetta di un certo contratto, ma l’autodisciplina stabilisce che – a tutela del cliente – un certo tipo di contratto deve prevedere necessariamente la possibilità di sciogliere l’accordo in qualsiasi momento (il caso è volutamente paradossale). Fin a questo punto non ci sono problemi, ma quando si dice che questa autoregolamentazione dovrebbe riguardare anche gli utenti allora mi preoccupo. Le azioni dei privati cittadini sono soggette soltanto alla legge. Se faccio qualcosa di sbagliato allora ne risponderò, ma non è tollerabile che qualcuno – diverso dal legislatore – decida al posto mio; la cosa è ancora più grave se queste decisioni sono adottate con l’avallo di fantomatiche associazioni di utenti che non hanno nessuna rappresentatività. Non a caso alcune delle associazioni più attive su questo fronte si sono ritirate dal gioco.

· Individuare e finanziare gli “organismi moltiplicatori” cioè soggetti in grado di amplificare n volte i messaggi di invito all’adozione di filtraggi e rating. Chissà quante associazioni non-profit che – manco a dirlo – avranno a cuore “lo sviluppo di una consapevolezza nell’utilizzo della rete” nasceranno a seguito dello stanziamento dei fondi, o quante di quelle che già hanno pesantemente sponsorizzato questo approccio otterranno qualche liretta…

Molto altro i sarebbe da dire sul punto ma non cambierebbero i termini della questione: al di là delle belle dichiarazioni di principio dunque il senso (nemmeno tanto) profondo della posizione dell’Unione Europea si riassume in una parola: censura.

Certo, da nessuna parte compare esplicitamente questa parola, però è difficile interpretare diversamente un documento che nella composizione indicativa delle spese consiglia di stanziare il 37-43 % per lo sviluppo di sistemi di filtraggio e valutazione e il 35-41% all’incoraggiamento di azioni di sensibilizzazione; morale: da un lato vengono finanziati i siti col profilattico e dall’altro si organizza una caccia alle streghe.
Le conseguenze

Si potrebbe pensare che queste iniziative siano destinate al fallimento: quale provider o quale associazione si ficcherà in un vespaio così enorme?

Io sono pessimista.

L’effetto concreto di questo documento sarà essenzialmente quello di immettere un consistente flusso di denaro nel mondo internet ed è chiaro – viste anche le condizioni del mercato interno di settore – che a prescindere dalle personali convinzioni molti troveranno economicamente conveniente adattarsi alle indicazioni dell’Unione Europea.

D’altra parte c’era da aspettarselo, a furia di ripetere che la Rete è pericolosa, che ci vogliono leggi internazionali ed altre amenità di sorta non si potevano che produrre questi risultati.

Già qualche tempo addietro qualcuno trovò sconvenienti le nudità delle statue greche e pensò bene di risolvere il problema con degli efficacissimi mutandoni… chissà che taglia porta Internet.

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