PC Professionale n. 154
Internet e minori: passano filtri e controlli
di Andrea Monti
Il 19 novembre 2003 è stato approvato il codice di autoregolamentazione Internet@minori, , predisposto da alcuni gruppi di lavoro della Commissione RadioTV presso il ministero delle Comunicazioni e firmato, oltre che dai ministri Gasparri e Stanca, dai più rilevanti Internet provider e associazioni di categoria. L’obiettivo dell’iniziativa è offrire una maggiore tutela al minore che accede ai servizi on line.
La sua attuazione pratica consiste nell’applicazione di un “bollino” sui siti degli aderenti, indice della possibile adozione di navigazione differenziata, filtraggi, inibizione della raggiungibilità di contenuti, sistemi di controllo dell’età di chi accede alle risorse dall’esterno e di controllo dell’identità di chi accede alla rete anche tramite Internet point; tracciamento degli IP che accedono ai servizi di pubblicazione. Chi non rispetta le regole verrà giudicato da una commissione interna che, nei casi più gravi, potrà disporre la rimozione del “bollino di qualità”.
Ai componenti di questa commissione interna appartenenti alle associazioni per la tutela dei minori, verranno riconosciuti dei rimborsi spese finanziati dalle associazioni firmatarie con un contributo annuo massimo e complessivo di 32.000,00 euro. In un lungo preambolo (ben 5 pagine su 16) il codice si diffonde sulla necessità di tutelare il minore dall’accesso a contenuti illeciti o nocivi, sull’importanza del corretto utilizzo delle risorse presenti sulle reti telematiche “al fine di aiutare i minori a conoscere progressivamente la vita e ad affrontarne i problemi e i pericoli” (testuale), di provvedere alla tutela generalizzata del minore nell’ambito dell’uso sicuro della rete.
Tutto ciò si legge per raggiungere finalità come: proteggere la riservatezza del minore, predisporre tutele “atte a prevenire il pericolo che il minore venga in contatto con contenuti illeciti o dannosi per la sua crescita”, garantire maggiore supporto in fase di investigazione alle autorità competenti (che, stranamente, non sono chiamate con il loro nome: magistratura e polizia giudiziaria). Vale a dire, in sintesi: adozione generalizzata di logging, filtri e classificazione di contenuti e risorse di rete. E dunque creazione di un enorme database distribuito che contiene dati e informazioni sul comportamento degli utenti, da mettere “a disposizione” di chiunque indaghi (o dichiari di indagare) per “proteggere i minori” a tempo indeterminato; visto che non trattandosi di dati qualificabili come “traffico telefonico”, verrebbe meno il limite dei trenta mesi fissato dalla nuova legge sui dati personali per il trattamento dati a fini di polizia. Con questo codice le forze di polizia non avranno bisogno, come pure si ventilava qualche tempo fa, di accentrare il controllo sulla navigazione, perché ci penseranno direttamente i provider (peraltro, a costo zero per l’amministrazione).
Sempre in tema di questioni giudiziarie, manca invece qualsiasi riferimento al rispetto e al supporto del diritto di difesa di chi si trova coinvolto in procedimenti giudiziari (anche e soprattutto come vittima) e che non troverà alcun aiuto nei provider per lo svolgimento delle indagini difensive. È evidente come questo codice sia abbastanza lontano da quello che, normalmente, si intende per “codice di autoregolamentazione” (come, per esempio, quello di autodisciplina pubblicitaria) che non è una legge ma una specie di “supercontratto” fra operatori di un certo settore, e ha la funzione di stabilire limiti più precisi là dove la normativa vigente lascia spazi discrezionali, integrandola su quei punti che non vengono presi in considerazione.
Per esempio, se la legge dice che si può scegliere il “foro competente” (vale a dire la città nella quale si dovrà per forza “fare causa”), gli operatori potrebbero volontariamente impegnarsi a lasciare al cliente la scelta. Oppure, se la possibilità di “liberarsi” dal contratto a certe condizioni favorevoli fosse prevista dalla legge solo per i professionisti e le aziende, potrebbero estenderla anche ai consumatori. In questi termini, il codice di autoregolamentazione è un potente strumento di gestione del rapporto con l’utenza e di miglioramento dell’operatività aziendale.
Ma non sembra questo lo scopo di Internet@minori.
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