di Andrea Monti – Nova Ilsole24ore n. 168
La legge Olivennes (dal nome del suo ispiratore), la cui approvazione definitiva da parte del Parlamento francese sembra oramai solo una formalità, stabilisce per la prima volta il principio che – in materia di diritto d’autore – la sanzione degli illeciti non è più un’esclusiva del potere giudiziario. L’utente sospettato di violare la proprietà intellettuale altrui, infatti, dopo essere stato avvertito “bonariamente” per due volte, subirà il distacco della linea per l’accesso alla rete. Il tutto, sotto il controllo di una autorità specificamente costituita ( HADOPI – Haute Autorité pour la diffusion des ouvres et la protection des droits sur Internet) che svolge a tutti gli effetti una funzione analoga a quella di un tribunale.
Questo modello è particolarmente gradito ai titolari dei diritti d’autore che premono perchè un sistema analogo venga adottato anche in Italia; ma è basato su presupposti tecnici e giuridici che – almeno nel nostro Paese – lo rendono inapplicabile se non addirittura illegale. L’omologo italiano della Legge Olivennes, infatti, sarebbe viziato almeno da tre difetti strutturali.
In primo luogo, violerebbe l’obbligo di garantire la network neutrality previsto dall’art. 4 c. I lettere f) g) e h) del Codice delle comunicazioni elettroniche. L’imposizione agli operatori di obblighi di filtraggio – o di misure che limitano la funzionalità della rete pubblica di comunicazioni – si tradurrebbe in quella che il Codice qualifica come “discriminazione tra particolari tecnologie” e “imposizione dell’uso di una particolare tecnologia rispetto alle altre”.
In secondo luogo, costringerebbe gli operatori di accesso a denunciare i propri utenti all’autorità giudiziaria, per via dell’effetto combinato del D.lgs. 70/2003 e degli articoli 171 bis e seguenti della legge sul diritto d’autore. Il D.lgs. 70/2003, infatti, stabilisce due principi: il primo è che l’operatore non è automaticamente responsabile per le azioni commesse dagli utenti (a meno che non ne sia volontariamente parte), il secondo è che l’operatore, ricevuta effettiva conoscenza di attività illecita, deve segnalare il fatto all’autorità pubblica, causando l’avvio automatico di un procedimento penale. Questo accade – e veniamo alle norme sulla tutela penale del diritto d’autore – perché gli articoli in questione prevedono la cosiddetta “perseguibilità d’ufficio”. In altri termini, ciò significa che una volta ricevuta la notizia di reato l’indagine della magistratura deve procedere obbligatoriamente. Si creerebbe dunque, e veniamo al terzo problema, un conflitto di poteri istituzionali nel momento in cui lo stesso fatto (duplicazione abusiva di opere protette) è di competenza di una autorità indipendente e – nello stesso tempo – di un tribunale penale.
L’unica possibilità di aggirare questi problemi – come ha chiaramente evidenziato l’Associazione italiana internet provider (AIIP) in sede di audizione presso il Comitato antipirateria della Presidenza del Consiglio – sarebbe quella di rendere gli illeciti penali della legge sul diritto d’autore perseguibili solo “a querela di parte”. In questo modo, non essendoci l’obbligo di segnalare il comportamento degli utenti all’autorità, si aprirebbero spazi di mediazione con i titolari dei diritti, salvaguardando network neutrality, la libertà di impresa e garantendo il rispetto dei diritti dei cittadini.
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