di Andrea Monti – WebMarketing Tools n.28/00
Il considerevole aumento delle vendite a distanza (e la proporzionale crescita del numero di “pacchi” – nell’etimo partenopeo della parola – rifilati ai clienti) ha indotto il legislatore comunitario prima, e quello italiano poi, ad emanare delle normative a tutela dell’”ignaro” consumatore. Ovviamente anche l’internet è stata “messa in mezzo”: vediamo come.
Per i giuristi (ma soprattutto per le aziende) la gestione dei contratti a distanza è sempre stata fonte di dubbi e complicazioni. Il contratto si conclude quando il cliente ha inviato l’ordine, o quando quest’ultimo ha ricevuto conferma dell’accettazione? Che succede se chi ordina non è chi dice di essere? Come ci si garantisce (da ambo le parti) da consegne di beni difettosi o non conformi?
Questi sono solo alcuni dei problemi che affliggono storicamente il B2C e che sono destinati ad aumentare in dimensione e peso con l’impiego dell’ internet come strumento di comunicazione.
Fino a quando, infatti, i rapporti commerciali hanno luogo fra aziende o comunque fra soggetti che operano professionalmente in un certo settore, tutto sommato questi rischi sono abbastanza gestibili. Ma che succede quando il cliente è la “zia Fenarete”, poco tecnologica, ancor meno capace di parlare con un customer care e per nulla disposta a rinunciare a quelle fantastiche sottocoppe di peltro viste in TV?
Scherzi a parte, è evidente che la situazione di disparità che si crea fra un’azienda e un cliente privato espone quest’ultimo ad un numero eccessivo di potenziali vessazioni. Ecco perchè il legislatore ha ritenuto di inserire una sorta di handicap (come quelli delle corse di Dorando Petri) che riequilibrasse la situazione e mettesse la zia Fenarete in condizione di reagire ad eventuali inadempienze contrattuali.
Recedere è (quasi) sempre un diritto
Il “diritto di recesso” istituito dal d.lgs 185\99 – che nasce proprio per le vendite a distanza e si applica esplicitamente anche all’internet – si inquadra in questa cornice e stabilisce in modo estremamente chiaro che per alcune tipologie di prodotto, entro 10 giorni dalla conclusione del contratto il cliente ha il diritto insindacabile di restituire la merce (purchè non rovinata) senza che il venditore possa rifiutarsi di riprenderla indietro.
Il vendor ha un obbligo generale di “sottomettersi” alla volontà del cliente che intende recedere dal contratto, mentre, a meno di non avere assunto uno specifico impegno contrattualein questo senso, non è tenuto a ritirare:
- beni o servizi il cui prezzo è legato a fluttuazioni dei tassi del mercato finanziario che il fornitore non è in grado di controllare
- beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati o che, per loro natura, non possono essere rispediti o rischiano di deteriorarsi o alterarsi rapidamente
- prodotti, audiovisivi o di software informatici sigillati, aperti dal consumatore
- giornali, periodici e riviste
- servizi di scommesse e lotterie
Ci sono inoltre dei prodotti per i quali l’utente non può avvalersi della tutela in questione e precisamente:
- generi alimentari, di bevande o di altri beni per uso domestico di consumo corrente forniti al domicilio del consumatore, al suo luogo di residenza o al suo luogo di lavoro, da distributori che effettuano giri frequenti e regolari
- servizi relativi all’alloggio, ai trasporti, alla ristorazione, al tempo libero, quando all’atto della conclusione del contratto il fornitore si impegna a fornire tali prestazioni ad una data determinata o in un periodo prestabilito.
Organizzare un servizio di vendita online
Fatte queste premesse, ecco qualche consiglio per rispettare nel migliore dei modi possibili le indicazioni di questo decreto
- Verificare se i prodotti venduti rientrano fra quelli a “recesso obbligatorio” o a “recesso facoltativo” e adattare di conseguenza i contratti
- Indicare chiaramente che il contratto a distanza è regolato dal d.lgs. 185\99
- Inserire nel contratto una specifica sezione dedicata alla tutela del consumatore
- Fornire in modo chiaro e preciso le informazioni relative all’aziende e in particolare quelle sulle modalità di esercizio del diritto di recesso
- Tenere presente che la prestazione deve essere eseguita entro 30 giorni dall’ordine (a meno che il contratto non preveda esplicitamente un termine differente)
- Dare sempre all’utente – prima della conclusione – la possibilità di annullare la transazione online
- Fornire al consumatore una conferma scritta dell’ordine (inviandogli una mail, o invitandolo a stampare la form di accettazione dell’ordine)
- Formare lo helpdesk a gestire i casi di recesso
Conclusione (?)
L’applicazione pratica di questo decreto legislativo (sul quale molto altro ci sarebbe da dire) potrebbe sembrare quantomeno “farraginosa”, ed in effetti è esattamente così. Ma in confronto a quello che vi aspetta quando si parlerà di dati personali, tutto questo è soltanto rose e fiori… alla prossima puntata!
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