Interlex n. 393 del 4 settembre 2009 – di Andrea Monti
L’accusa di abuso di posizione dominante formulata dalla FIEG nei confronti di Google – come ho sinteticamente dichiarato in un’intervista rilasciata all’ANSA – sembra proprio reggersi su gambe malferme.
In primo luogo, gli utenti si servono di Google semplicemente perché funziona. Non appena un altro motore di ricerca dovesse dimostrarsi più efficiente, gli utenti si comporterebbero di conseguenza.
In secondo luogo, Google non è certo l’unico motore di ricerca a fornire servizi relativi all’informazione. Gli utenti non sono affetti dalla sindrome “locked-in” (come accade nel mercato dei sistemi operativi, per esempio) e nessuno ha puntato una pistola alla tempia di nessuno per costringere all’impiego di Google.
In terzo luogo, l’economia della rete è basata sulla convergenza di sforzi distinti e i motori di ricerca non fanno eccezione. Gli editori hanno i contenuti, Goggle la tecnologia per renderli raggiungibili. Se entrambi congiungono le loro forze, gli editori ottengono traffico (cioè pubblicità) e Google la propria parte della torta. Se gli editori sono di diverso avviso, perdono traffico e introiti. Questa è l’internet.
Quarto. Anche ammettendo che Google abbia effettivamente fatto ciò di cui è accusato. Fino a quando rispetta la legge, Google è libera di fare quello che vuole. E’ un’azienda privata, e gli unici a potersi lamentare della eventuale correttezza delle scelte commerciali sono i soci e gli azionisti. Se gli editori sono in disaccordo, possono semplicemente rivolgersi a dei concorrenti per dare loro le notizie in esclusiva, costringendo così gli utenti ad abbandore Google perchè troverebbero altrove contenuti di valore, posto che li ritengano tali.
Ma questo è un altro paio di maniche.
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