Il microprocessore da un nanometro che può cambiare tutto nella sfida tecnologica tra Usa e Cina

Un nuovo studio cinese e il progetto europeo DARE rilanciano RISC-V come alternativa strategica alle tecnologie proprietarie. Ma la pressione americana rischia di bloccare la corsa dell’Europa verso l’autonomia digitale – di Andrea Monti – Inizialmente pubblicato su La Repubblica – Italian Tech

Uno studio pubblicato il 2 aprile 2025 su Nature, da un gruppo di ricercatori guidato da due scienziati della Fudan University di Shanghai ha dimostrato la possibilità, utilizzando l’architettura RISC-V, di costruire microprocessori da un nanometro con materiali diversi dal silicio e con tecnologie diverse dalla litografia a luce EUV (Extreme Ultraviolet) impiegata normalmente in questi processi produttivi.

Attualmente le prestazioni di questo processore non sono ancora al pari di quelle sviluppate con le tecnologie sulle quali l’Occidente detiene un primato tecnologico e che sono oggetto di bando verso la Cina. Tuttavia, il risultato descritto nello studio è destinato ad indebolire le strategie basate sull’uso dei dazi  tecnologici come sanzioni non dichiarate e formalmente presentate come strumento per la tutela del mercato interno.

A parte, infatti, l’interesse scientifico per un risultato del genere — costruire chip di questo spessore è uno dei traguardi più ambiti della chip race alla quale partecipa anche il colosso taiwanese TMSC— la notizia è importante sopratutto per le sue ricadute geopolitiche e industriali. Questo, non solo nei rapporti fra USA e Cina, ma anche e soprattutto per come la UE e gli Stati membri dovranno decidere di affrontare la guerra commerciale dichiarata dagli USA.

Cos’è RISC-V e perché è importante

RISC-V è un progetto avviato oltre dieci anni fa nell’università di Berkeley, già protagonista della battaglia per “liberare” UNIX dal codice proprietario di AT&T che culminò nella creazione della Berkeley Software Distribution (BSD) totalmente libera da proprietà intellettuale, per lo sviluppo di architetture di processori altrettanto liberi da restrizioni legali. Nel corso del tempo, il progetto è cresciuto al punto da essere gestito da un’entità autonoma, la RISC-V Initiative, alla quale nel corso del tempo hanno aderito una settantina di Paesi fra i quali India e Cina.

RISC-V è importante perché fa con i processori quello che il free software —Linux, ma soprattutto BSD— ha fatto per i programmi: realizzare un ambiente precompetitivo per sviluppare strumenti che poi ciascuno utilizza e migliora condividendo i risultati senza restrizioni legali —e dunque, senza posizioni dominati che possono alterare l’ecosistema.

Che un modello libero da vincoli di proprietà intellettuale possa funzionare è sotto gli occhi di tutti: senza il movimento del software libero l’internet come la conosciamo oggi e una miriade di tecnologie e applicazioni non sarebbero mai nate. Dunque, non ci sono limiti pregiudiziali all’impiego dello stesso approccio libero anche alla progettazione di hardware, come dimostra anche il successo di Arduino.

Unendo sistemi operativi e applicazioni libere a processori RISC-V, dunque, è possibile avere un intero sistema di elaborazione sganciato da vincoli monopolistici e geopolitici.

Non è un caso che l’India abbia puntato moltissimo su questo progetto per la creazione di un’intera filiera della trasformazione digitale, dalle foundry per i processori allo sviluppo di software, e la Cina se ne stia avvalendo per aumentare la propria indipendenza tecnologica dall’Occidente, già sensibilmente ridotta con lo sviluppo di chip “tradizionali” in grado di competere con quelli usati da Apple negli smart device.

Qual è il ruolo di RISC-V nella guerra dei dazi USA-UE

Nell’ambito delle misure ritorsive contro le aggressioni commerciali USA, la UE continua a minacciare dazi su Big Tech. Se adottate senza una strategia complessiva di medio lungo periodo per il decoupling tecnologico, queste controsanzioni sarebbero un clamoroso autogoal. La loro applicazione, infatti, implicherebbe un aumento molto consistente dei costi per l’utilizzo di prodotti e servizi digitali nelle pubbliche amministrazioni e nelle imprese, oltre a provocare possibili ulteriori ritorsioni consistenti, per esempio, nella revoca delle licenze d’uso dei software USA e dunque nella loro disattivazione automatica da remoto.

Da un lato, dunque, è un’ottima notizia quella della recentissima nascita di una coalizione europea finanziata dalla UE, la Digital Autonomy with Risc-V in Europe (DARE), che ha avviato la partecipazione al progetto RISC-V e della quale anche l’Italia è parte. Dall’altro lato, la recentissima data di nascita di DARE, primi mesi del 2025, è la prova provata dell’incapacità strategica della UE di pensare a strategie efficaci di lungo periodo. La partecipazione europea a RISC-V era in ballo da almeno tre anni, e chissà quanti altri ne sarebbero passati se la situazione internazionale non avesse fatto suonare la sveglia e spinto a mettere in piedi in fretta e furia, a partire dal primo marzo 2025, una apposita linea di finanziamento.

Una partecipazione morta sul nascere?

Per quanto la (tardiva) partecipazione europea alla RISC-V initiative sia da salutare positivamente, l’entusiasmo potrebbe durare lo spazio di un mattino perché gli USA hanno già espresso riserve sulla partecipazione cinese al progetto, e la UE dovrà decidere se accettare la richiesta di Washington di applicare sanzioni alla Cina.

L’intersezione di questi due percorsi porta chiaramente al rischio di dover fare un passo indietro e rinunciare ai vantaggi derivanti dall’accesso a tecnologie libere e avanzate che, come dimostra lo studio cinese di cui si è detto, possono rivaleggiare con quelle proprietarie e geopoliticamente controllate.

Le conseguenze di lungo periodo dell’abbandonare RISC-V

Per gli USA, RISC-V rappresenta non solo un problema tecnologico ma soprattutto un paradosso politico. Se le aziende USA, per scelta o per ordine esecutivo, dovessero boicottare l’iniziativa dei processori liberi, si condannerebbero all’autoesclusione da un progetto che potrebbe condannarle ad una minore competitività. Se, invece, dovessero partecipare attivamente, si troverebbero a dover condividere i risultati anche con Paesi, come la Cina, nei cui confronti sono attive politiche di limitazione tecnologica. Inoltre, quanto più la UE si avvicina all’indipendenza tecnologica, tanto più si alleggeriscono i costi per fruire di prodotti e servizi USA, ma soprattutto i controlli tecnopolitici.

Non stupirebbe, dunque, che l’interesse USA potrebbe spingersi al punto di richiedere alla UE l’uscita da qualsiasi progetto tecnologico internazionale che avvantaggi la Cina —ma anche i Paesi europei stessi.

Dunque, se nell’ambito delle trattative sui dazi la UE dovesse accogliere la richiesta di boicottare anche la partecipazione a RISC-V, oltre al danno diretto per i Paesi membri si creerebbe un precedente pericolosissimo per tutte le tecnologie basate su licenze “libere” che prevedono la messa in comune dei risultati e il diritto di riutilizzarli in autonomia.

Indebolire la forza della gestione libera della proprietà intellettuale nell’ecosistema digitale significherebbe balcanizzarlo, così creando, nuovamente, un sistema bi o multipolare che inevitabilmente riporta alla creazione di blocchi contrapposti.

Questa non un’ipotesi ma un fatto, come ha dimostrato la limitazione all’uso di Android imposta dal governo USA a Huawei, che ha dato origine ad HarmonyOS Next, la riposta cinese al bando, e a una sua versione libera, in diretta concorrenza con il core di Android.

Hic Rhouds, hic salta

Per quanto di non immediata percezione pubblica, la partita sull’indipendenza tecnologica giocata sul campo della partecipazione a progetti internazionali non si può perdere e dunque è altamente sconsigliabile cedere alle pressioni USA su questo punto. Ma proprio perché RISC-V e altre iniziative libere rappresentano una minaccia per la supremazia tecnologica USA, è difficile pensare che non saranno oggetto di attenzione da parte dell’amministrazione Trump.

Qui c’è lo scoglio, Unione Europea. Adesso salta.

Se sei in grado.

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