WMTools n.ro 13
di Andrea Monti
Da questo mese entra in vigore la normativa che consente la presentazione tramite una rete privata virtuale delle denunce fiscali (al momento questo vale solo per gli intermediari autorizzati – commercialisti, Centri di Assistenza Fiscale, aziende – ma entro il 2000, almeno pare, la possibilità sarà estesa anche ai singoli cittadini). Per risolvere il problema del ritardo nell’aggiornamento dei registri che compongono la cosiddetta “fedina penale” nel Tribunale di Roma si invoca il “cablaggio” e il collegamento degli Uffici Giudiziari con le anagrafi dei comuni (intervista ad un alto magistrato, andata in onda sul TG1 del 14 di questo mese).
Fra poco, si prevede, dovrebbero essere emanate le norme tecniche per la piena attuazione della normativa sulla firma digitale e sul documento informatico.
Per scongiurare le truffe nelle estrazioni del lotto si promette il ricorso a sistemi computerizzati.
Pochi ma significativi esempi di un fatto importante: la Pubblica Amministrazione si sta telematizzando, e lo sta facendo – quantomeno per le componenti centrali – a ritmi assolutamente forsennati.
L’altro lato della medaglia
Questa corsa verso la Rete ha un prezzo che potrebbe rivelarsi molto salato: si sta profilando nel futuro prossimo una società sempre più dipendente da una tecnologia che non capisce, non è in grado di controllare, ma – soprattutto – che appartiene a pochi e ben individuati soggetti.
Purtroppo non è fantascienza, ma un dato di fatto che il tasso di informatizzazione cresce incomparabilmente più in fretta del corrispondente grado di alfabetizzazione (non solo tecnologica) di chi ha il potere di prendere le decisioni. Ma queste iniezioni massicce di telematica nell’organismo del nostro Paese, che dovrebbero rappresentare il vaccino contro il virus dell’inefficienza, rischiano di provocare – al contrario – un incontrollabile shock anafilattico. Quel che è peggio, mettendo la cura della malattia in mano ad un medico-stregone che vive in altri territori.
Chi ha in mano le leve del potere infatti ben difficilmente percepisce in modo corretto il mondo che gli si profila davanti, come dimostra – ad esempio – la paradossale e sconclusionata produzione legislativa nel settore dell’information technology, mentre si diffonde sempre di più il drammaticamente pericoloso equivoco culturale di chi celebra la “tata elettronica” (sottoforma di televisione, internet, videogiochi, servizi pubblici interattivi e via discorrendo). Il risultato concreto è che sempre più spesso le strutture pubbliche sono costrette a diventare “tecnodipendenti” da pusher ovviamente preoccupati soltanto del fatturato.
“Cassandraggini”
Spero che Giancarlo Livraghi mi perdonerà per avere “usurpato” (e deturpato) il titolo di uno dei suoi migliori scritti, ma il titolo di questo capitoletto non poteva essere differente.
Potremo interloquire elettronicamente con la Pubblica Amministrazione, ma nessuno – se non la miserella legge sui dati personali – ci protegge dal più che probabile abuso dell’incremento informativo che deriva dalla digitalizzazione della nostra vita (pensate all’enorme data-base che verrà fuori dalla Rete unitaria della Pubblica Amministrazione)
Con la crittografia renderemo sicure le comunicazioni e inalterabili i documenti, ma alcuni poteri forti stanno cercando di fare in modo che questi sistemi siano – per legge e con la scusa di salvaguardare l’ordine pubblico – dotati di “porte di servizio” che consentono comunque l’intercettazione e la decifrazione anche a chi non possiede la chiave per rendere comprensibili messaggi.
Utilizzeremo software per compiere atti giuridici, ma nessuno ci può guardare dentro per vedere se questi programmi fanno sul serio quello che dicono (o se – più banalmente – sono veramente privi di bug) perché la legge sul diritto d’autore – visto che tutto viene costruito in ambienti proprietari – vieta questa attività di analisi nota come reverse engineering.
Un’unica, grande infrastruttura di rete collegherà Stato e cittadini, ma – se le cose non cambiano – i cavi saranno nelle mani di un solo proprietario.
Privacy, tutela della comunicazione, proprietà intellettuale, antitrust… sono questi i campi sui quali ora si gioca la partita più importante del campionato, quella per il controllo (o la libertà) dell’informazione, ma il risultato non è poi così scontato.
Credo proprio di non poter essere considerato un luddista tecnologico, anzi, sono assolutamente convinto che le macchine null’altro sono se non strumenti inanimati nelle mani di soggetti che non si rendono conto di quello che fanno… almeno lo spero, perché se tutto ciò fosse frutto di un preciso disegno ci sarebbe da essere ancora molto meno allegri. Non sono tuttavia così pessimista, perché ci sono (timidi) segnali, provenienti da uomini in buona fede, di piccole inversioni di tendenza.
E forse, per una volta, la storia ricorderà un Colosso che non è crollato miseramente.
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