Interlex n. 191 – PuntoCom
C’è gente che non si ferma veramente davanti a nulla e persino davanti ad un evento gravissimo come l’attentato agli USA cerca comunque di “portare acqua al proprio mulino”. E anche la rete si trova coinvolta in questo gioco al massacro.
Si è parlato di fallimento dell’internet come strumento di comunicazione perché – nei momenti di maggior criticità – i siti di alcune testate (principalmente italiane) erano inaccessibili. Dal che si vorrebbe far derivare la conservazione del primato dei mezzi tradizionali di comunicazione.
Il ragionamento non sta in piedi.
In una ipotetica “graduazione funzionale”, radio e televisione (in quest’ordine)informano in tempo reale, la stampa approfondisce e l’internet consente la “verifica” e il confronto. Ma con un approccio peculiare che, pure per ragioni tecnologiche, non può essere quello dei mezzi tradizionali. In altri termini, ci sono contenuti informativi – trasmissioni radiotelevisive – che devono per forza andare in broadcast e altri, come la comunicazione interattiva, che hanno bisogno di strumenti differenti e non sovrapponibili.
Se di fallimento si deve parlare, allora lo si dovrebbe fare a proposito della scelta di usare la rete per fare qualcosa che non le compete: trasmettere servizi televisivi e veicolare contenuti che appesantiscono inutilmente la banda (larga per alcuni fortunati, strettissima per la maggior parte del resto del mondo). E mentre i server dei quotidiani italiani si autoparalizzavano cercando di spedire agli utenti banner sul fantacalcio invece delle notizie, dall’altro lato dell’oceano accadeva il contrario. CNN e ABC hanno immediatamente stravolto lo proprie pagine, eliminando ogni orpello grafico ed informatico (animazioni, controlli ActiveX)che potesse appesantire la fruibilità dell’informazione.
L’occasione è buona anche per chiedere nuovamente maggiori poteri di polizia. Secondo un copione che comincia qualche ora dopo il diffondersi della notizia dell’attentato.
Su RaiUno, nel corso di UnoMattina, Andrea Margelletti, esperto di terrorismo afferma laconicamente che Bin Laden è “il terrorista dell’era di internet”.
Altri commentatori si chiedono quale fine avesse fatto Echelon (la cui esistenza era stata da poco “ufficializzata” in un rapporto dell’Unione Europea). Dando quindi per scontato che l’internet dovesse necessariamente aver giocato un ruolo in questa vicenda.
Il passo successivo – notizia del 13 settembre – è la ricerca di una fantomatica e-mail nei server di America Online e di EarthLink, che – insieme a Microsoft (?) si sono “messe a disposizione” per cercare account di posta con le parole Allah (fonte ZDNet – Wired). Poco o nulla serve far notare che non è affatto detto che siano stati usati propri quei provider. Ma tanto basta agli inquirenti per invocare la maggiore diffusione di strumenti di intercettazione e l’aumento dei budget per risorse che hanno dimostrato – tragicamente – la propria inutilità.
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