T-209/21 è il numero della causa che —a prescindere dal vincitore— cambierà se non il mondo, almeno l’industria basata sui dati personali. Il primo novembre 2021, infatti, WhatsApp Ireland ha impugnato davanti alla Corte europea di giustizia una binding decision del Garante europeo che, in sintesi, mette in discussione il modo in cui l’azienda informa gli utenti oltre alla natura e all’estensione del legitimate interest per profilare gli utenti senza il loro consenso. La difesa della piattaforma di messaging è basata su sette punti, dei quali i più rilevanti sono: l’avere il Garante europeo interpretato in modo estensivo (e non consentito) la definizione di “dati personali” e la violazione della “presunzione di innocenza” imponendo a Whatsapp di dimostrare l’effettiva efficacia dei processi di anonimizzazione dei dati degli utenti invece di lasciare alle autorità competenti il dovere di accertare le violazioni. Sono due colpi micidiali perché sono diretti ai due talloni d’Achille del GDPR di Andrea Monti – Inizialmente pubblicato su Strategikon – un blog di Italian Tech
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