Celebrata dalla stampa l’azione di “hackback” compiuta da una società italiana contro la botnet di un gruppo criminale, con il giornalista che applaude all’iniziativa.
Cosa avrebbe scritto il giornale in questione (Repubblica.it) se invece di avere “bucato” una rete, dei soggetti avessero preso mazze, bastoni e tirapugni e fossero andati in qualche zona periferiche ad arrestare spacciatori di droga e altri criminali?
Avremmo – giustamente – tutti gridato allo scandalo e allo squadrismo, invocando pene esemplari.
In un altro articolo che commenta la vicenda si legge:
L’attuale contesto normativo è palesemente indietro, non è pronto a giudicare coloro che eticamente operano con l’intento di proteggere le strutture colpite, anzi il rischio è che da paladini ci si trovi ingiustamente criminalizzati.”
Questa affermazione dell’autore dell’articolo e’ basata su una scarsa conoscenza di come funzionano i sistemi giuridici occidentali.
La “azione etica” e’ gia’ contemplata dal codice penale come attenuante (avere agito per motivi di particolare valore morale e sociale), ma questo non fa venir meno il reato (se commesso).
Non entro nel merito del caso specifico, ma il richiamo all’etica come causa di giustificazione è semplicemente non configurabile nel nostro sistema giuridico. Riformarlo come richiede l’articolo significa trasformare un sistema democratico in un sistema teocratico (non solo in senso religioso).
E’ un cattivo servizio alla comunità degli esperti di sicurezza – oltre che a chi cerca di orientarsi in questo settore – sostenere tesi del genere.
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