di Andrea Monti – PC Professionale n. 128
Cambiano radicalmente le politiche di licensing dei prodotti Microsoft che si basano ora sul principio della “temporaneità” del diritto all’uso del software.
Fino a ieri le licenze software attribuivano all’utente un diritto di utilizzo pressoché illimitato nel tempo. In altri termini l’utente pur avendo “affittato” il software di fatto si trovava nelle condizioni di poterlo utilizzare “fino alla fine del tempo” (salva la violazione del contratto di licenza che legittima la Microsoft a “riprendersi” i prodotti). Dal punto di vista dell’azienda che acquista un certo volume di licenze questo sistema aveva il vantaggio di consentire la pianificazione di (eventuali) migrazioni a seconda delle proprie necessità e strategie.
Con il nuovo metodo, questo principio viene sostanzialmente accantonato, per essere sostituito dall’attribuzione di diritti d’uso “a tempo” o comunque destinati ad essere gestiti direttamente dalla casa di Redmond piuttosto che dalle scelte dell’utilizzatore finale. L’adesione ai nuovi programmi non è consentita a chi possiede licenze della famiglia “2000” o precedenti, tanto che è previsto un “periodo transitorio” (che scadrà il prossimo 28 febbraio) durante il quale effettuare l’acquisto delle licenze XP. Per poi entrare “a regime” nel corso del 2002.
Benché Microsoft prometta sconti – su prezzi peraltro comunque elevati – dal punto di vista dell’azienda che deve decidere se “fare il salto”, il prezzo non è l’unica variabile da tenere presente. Ogni volta che si deve installare un nuovo applicativo – specie se la cosa coinvolge un gran numero di postazioni – si generano sistematicamente effetti collaterali che possono essere riassunti come segue:
> 1. gestione operativa degli upgrade
> 2.conversione e recupero dei dati
> 3. soluzione di eventuali conflitti fra applicazioni
> 4. formazione all’impiego dei nuovi applicativi
> 5. accantonamento di una parte del budget per il continuo rinnovo del parco software
> 6. pianificazione dell’aggiornamento del parco hardware
Tutto questo si traduce in costi indiretti che andrebbero quantificati in anticipo per verificare se il total cost of ownership rappresenti un impegno accettabile in rapporto a quello che si ottiene. Il fatto è che a ogni uscita di un nuovo applicativo corrisponde la cessazione prossima ventura della release appena superata. Il che pone gli utenti aziendali – che non possono evidentemente fare a meno del supporto – nella condizione di dover aderire necessariamente ai “contratti collaterali” di assistenza e manutenzione.
Lo scopo dichiarato di questa scelta è (o dovrebbe essere) quello di fornire alla clientela le versioni più aggiornate e innovative dei prodotti Microsoft (anche se le esigenze degli utenti rimangono sostanzialmente immutate). Ma se è così, non si capisce perché su queste piattaforme di licenza sia stato per così dire “istituzionalizzato” il downgrade (www.microsoft.com/italy /licenze/novita_open2.htm). Cioè il diritto di usare una versione precedente di un’applicazione o di un sistema operativo (poco importa la provenienza) a condizione di acquistare un corrispondente numero di licenze del prodotto più recente.
La scelta di istituzionalizzare il downgrade sembrerebbe ispirata dalla volontà di fornire un’occasione di “ravvedimento operoso” a chi utilizza software duplicato (anche se non c’è nessuna dichiarazione ufficiale di Microsoft a proposito). Ma attenzione, perché se fosse così, il downgrade potrebbe costituire un’arma a doppio taglio.
Seguendo questo ragionamento infatti, se acquistassi una serie di pacchetti XP per “coprire” precedenti copie irregolari, stando ai termini della licenza open sarei “a posto” per il futuro. Non così per il passato, dato che il reato previsto dall’art. 171 bis, duplicazione o detenzione a scopo di profitto di software non bollinato, non viene cancellato dall’essersi “messo in regola” con l’acquisto della nuova licenza. Per cui, dato che i procedimenti penali in questa materia non richiedono una querela per essere attivati, basta l’accertamento autonomo di un agente o ufficiale di polizia giudiziaria per far scattare l’indagine relativamente al periodo precedente l’acquisto della nuova licenza. In altri termini, si correrebbe il rischio di cadere dalla padella nella brace e pertanto l’opzione downgrade sembra piuttosto destinata a rimanere poco più di una clausola di stile.
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