I nodi della Rete

Computer Programming n.ro 63 del 01-06-97

di Andrea Monti

Il titolo è ambiguo… a quale rete mi sto riferendo, e a quali nodi?

Internet, TIN e Interbusiness

Se c’è una realtà assolutamente instabile e magmatica quella è sicuramente Internet.

Cresciuta disordinatamente come le città del secondo dopoguerra non riesce ancora a raggiungere

una massa critica di utenza che possa farle compiere la maturazione definitiva come fenomeno di massa.

Perché?

E’ una domanda alla quale ciascuno ha dato la propria spiegazione, imputando lo stato di fatto

all’arretratezza culturale degli utenti, ai costi elevati della connettività e via discorrendo

probabilmente ciascuna di queste valutazione si avvicina al nocciolo della questione, ma pecca di

eccessiva astrattezza (chi volesse qualche dato, può trovare utile questa URL http://www.cgil.it/org.diritti/internet/22luglio/22luglio.htm).

Lo particulare, per usare un concetto caro al Guicciardini, è riassumibile in una parola: CAOS.

I provider sputano fuori come funghi, le offerte commerciali sono tutto tranne che trasparenti, i

mezzi di informazione stanno conducendo campagne diffamatorie della Rete senza rendersi conto

dell’enorme danno commerciale causato, i servizi praticamente inesistenti… non stupisce che i

potenziali clienti si tengano ben lontani da un maelstrom di questa natura.

Con l’acquisizione di VideOnLine (poi TOL e infine TIN) molti speravano che le cose sarebbero

drasticamente cambiate. Essendo TIN di fatto il più grosso Internet Service Provider italiano, era

ipotizzabile che avrebbe dettato prassi commerciali conformi alle indicazioni dell’Unione Europea e alla recente normativa nazionale, forzando con l’esempio gli altri operatori all’adozione di standard

qualitativi più elevati rispetto agli attuali.

Non è accaduto.

L’offerta contrattuale dei servizi TIN è allineata, quanto a strutturazione a quella degli altri concorrenti ed è intrinsecamente carente. Non che questo costituisca un problema insormontabile, in assenza di previsioni specifiche si applica il Codice Civile e quindi l’utente potrebbe comunque avere buon gioco nel far valere i propri diritti più di quanto farebbe se vincolato da un contratto ma proprio questa considerazione evidenzia un limite fondamentale: l’assenza di chiarezza.

L’utente non sa – in effetti – per cosa effettivamente paga: IRC è o no un servizio incluso

nell’abbonamento? A quali newsgroup posso accedere tramite TIN? Dove è scritto che il numero e il tipo delle newsgroup sono liberamente ed insindacabilmente modificabili dal provider? Quali standard di sicurezza – al di là della semplice password vengono offerti all’utente professionale per evitare che i propri dati finiscano in altre mani? Come è regolato l’uso della crittografia? Come vengono gestiti i dati di cui alla legge 675/96 (quella sulla riservatezza?) e col Garante per le Comunicazioni?

Problemi analoghi  (trasparenza, buona fede nell’adempimento e via discorrendo) affliggono anche le offerte di connettività, cioè INTERBUSINESS.

Forse non molti sanno ( anche perché nel contatto non c’è scritto) che prima di potere assegnare in proprio i domini di secondo livello (es: pippo.it) il cliente INTERBUSINESS deve registrarne almeno trenta rivolgendosi a TELECOM (peraltro sembra essere una precisa disposizione del GARR).

Il fatto è che contrattualmente TELECOM si impegna appunto a svolgere questa funzione, ma senza fornire né tempi né indicazioni precise sulle modalità con l’effetto di porre in seria difficoltà il provider (caso concreto) che dovesse necessitare di un dominio .it costringendolo  (in casi di urgenza) a richiedere l’assegnazione di un dominio con estensione .com!

Un altro degli esempi più macroscopici è l’impossibilità di sapere  (ad esempio) se e in che misura la normativa sulle agevolazioni all’editoria si applichi anche alla CDN, CDA e simili.

La domanda non è balzana, perché un numero sempre maggiore di operatori sta cercando di offrire servizi editoriali e di informazione proprio tramite la Rete, subendo però degli aggravi di costi che i loro omologhi cartacei non soffrono proprio per via dell’applicazione della legge in questione che prevede una riduzione del cinquanta per cento sulle tariffe telefoniche e più in generale relative alla comunicazione.

Ovviamente in poche righe è difficile, se non impossibile, dare conto di queste problematiche in modo esauriente ciò non toglie che i termini della questione non cambiano: le aspettative derivate dall’ingresso di TELECOM nel mondo Internet erano veramente parecchie ma allo stato sembrano essere state disattese.

C’è da augurarsi che le cose cambino a breve perché se così non fosse il mercato in Rete sarà solamente una bella astrazione teorica.

 

Il decreto ministeriale 8 maggio 1997 n.197

Qualche rigo fa – a proposito della documentazione del traffico – ho accennato al regolamento di servizio per le condizioni di abbonamento al servizio telefonico. Si tratta di un provvedimento tanto importante quanto trascurato che contiene indicazioni interessanti anche per chi utilizza i modem più frequentemente della cornetta.

Vediamone alcune e cominciamo dall’annosa questione dei simpaticoni che usano il telefono per scopi “non istituzionali”.

Il precedente regolamento di servizio già si occupava del fenomeno anche se in modo abbastanza ponziopilatesco: se qualcuno vi infastidisce utilizzando il telefono (magari inviandovi la bollettaJ) segnalate la cosa alle autorità competenti e tanti saluti.

Oggi questa risposta – almeno sulla carta – non può più essere data, vediamo perché.

L’art.26 del D.M. 197/97 afferma esplicitamente che il responsabile dell’utilizzo di una linea è solo ed esclusivamente l’abbonato al quale spetta anche l’obbligo di controllare che altri non usino la stessa a fini molesti: L’abbonato non può servirsi del proprio impianto per effettuare comunicazioni che arrechino molestia o che violino le leggi vigenti (comma 1). L’abbonato non può utilizzare il servizio in modo da creare turbativa ad altri abbonati (comma 2).

Si. ma cosa c’entra tutto questo con la telematica?

In primo luogo questi commi, letteralmente passati inosservati, possono avere un’importanza fondamentale nell’emanazione di future norme sulla responsabilità di chi inserisce informazioni critiche in rete, questione sulla quale l’Unione Europea ha imposto di discutere e di trovare soluzioni in tempi molti brevi.

I termini sono noti: da una parte c’è chi ipotizza la responsabilità oggettiva (cioè automatica) del provider o del fornitore di videoinformazioni, dall’altra i sostenitori del principio “ognuno è il solo responsabile delle proprie azioni”.

Nella normativa di settore (TLC intendo) fino ad ora esisteva, anche se per le sole realtà commerciali operanti su videotex e audiotex, una norma che appunto responsabilizzava il fornitore di informazioni, fornendo agli interpreti della legge più di un argomento per estendere questo principio anche ad altre categorie come quella degli ISP. Ora – per fortuna – con l’art.26 le posizioni sono quantomeno tornate in equilibrio.

Questo, per quanto riguarda i massimi sistemi, ma anche a livello quotidiano questo articolo riserva qualche sorpresa.

Siccome la lettera della legge nulla dice in proposito, si può affermare che l’articolo 26 si applichi a prescindere da cosa transita sui cavi (voce o dati, intendo) per cui ne conseguirebbe che, ad esempio, sia l’invio di fax non sollecitati che di e-mail non richieste (spamming in altri termini) potrebbe essere sanzionato ricorrendo a questa norma (il come lo vedremo dopo). Molto intelligentemente, il testo dell’articolo non si sovrappone alla normativa esistente (perché altrimenti sarebbe ridondante) ma la integra riferendosi con tutta evidenza a quei casi “grigi” nei quali non si raggiunge ad esempio la soglia del penalmente rilevante.

Affermato questo principio per quanto riguarda l’utilizzo di una linea telefonica, non mi sembra che

esistano ostacoli a ribadirne la validità anche in ambito Internet, garantendo peraltro una certa omogeneità normativa nei vari settori.

Il comma 3 recita testualmente: L’abbonato si impegna a non consentire ad altri di utilizzare il suo telefono per telefonate moleste e sul punto non credo ci siano molti dubbi interpretativi cosa che invece accade a proposito del successivo comma 4: Il gestore ha la facoltà di sospendere immediatamente il servizio senza preavviso qualora l’abbonato ne faccia l’uso improprio indicato nei casi precedenti dandone, se del caso, idonea comunicazione alle autorità competenti.

TELECOM dunque ha il potere di intervenire direttamente… rivoluzionario, pensate a quanto sarà più facile ottenere il rispetto della propria privacy: una diffida per raccomadata ar e via!

Quando si passa dalla teoria alla pratica, tuttavia, la situazione non è più così rosea come poteva sembrare, considerando inoltre che difficilmente il legislatore nell’emanare questo decreto avrebbe potuo avere in mente lo spamming e che quindi siamo di fronte ad una possibile interpretazione (ma non sicuramente l’unica). Ciò non toglie che se il ragionamento dovesse tenere, questo caso di serendipity potrebbe rendere felici molte vittime del telefono.

Facciamo ora l’esempio concreto della pubblicità non richiesta.

Ipotizzo inoltre di conoscere il responsabile dei fastidi.

Procediamo con la dichiarazione delle variabili: in astratto sono possibili queste due ipotesi:

a – TELECOM si accorge da sola del comportamento scorretto dell’utente (difficile, molto difficile)

b – Un utente molestato si rivolge alla compagnia per avere giustizia (frequente, molto frequente)

Per comodità espositiva e pragmatismo occupiamoci solo della seconda che ho dettoJ.

Ora possiamo cominciare la simulazione: scrivo dunque a TELECOM – ovviamente una raccomandata a/r – per chiedere in primo luogo di accertare l’esistenza della molestia e, se ne dovessero trovare conferma, di adottare il provvedimento di sospensione del servizio.

Dal momento però che non sarebbe ragionevole aspettarsi di essere creduto solo sulla base delle mie dichiarazioni (frutto in ipotesi anche di semplici fantasie o bischerate J) immagino che TELECOM deva svolgere alcuni accertamenti, innanzi tutto per verificare se ciò che io ritengo essere molestie o uso improprio della linea sia effettivamente tale.

Sia che si tratti di fax non richiesti o di spamming o di qualsiasi altra cosa, l’unico mezzo che mi viene in mente per arrivare ad una soluzione è mettere sotto controllo il telefono chiamato per verificare se efettivamente ha inviato o continua ad inviare faxx al mio numero o – nel caso della posta elettronica – andare a vedere da quale provider (se lo spammer è un connazionale, altrimenti ciccia J) sono partite le e-mail incriminate per avere una prova certa del fatto.

Peccato che queste cose le possa fare soltanto l’Autorità Giudiziaria e solo in determinati casi vista la pericolosità intrinseca delle intercettazioni, con la conseguenza che per ogni richiesta di applicazione dell’art.26 sarebbe necessario denunciare il fatto alla Procura della Repubblica, contraddicendo la chiusura del comma 4 che lascia alla compagnia la facoltà di rivolgersi alla magistratura. Difficoltà a parte, credo che valga la pena di provare, in fondo al prezzo di una semplice raccomandata e del tempo necessario a spedirla, potreste ottenere soddisfazioni insperate!

Un ipotesi di raccomandata è la seguente:

Spett.

TELECOM ITALIA s.p.a.

 

OGGETTO:Richiesta di intervento ai sensi dell’art.26 D.M. PPTT 197/97

 

Egregi signori,

da qualche tempo ricevo pubblicità non sollecitata (tanto per fare un esempio) che sembra provenire dal numero ………… Tale comportamento crea notevoli fastidi e incrementi di costi, pertanto vi invito ad effettuare i dovuti riscontri e ad adottare i provvedimenti di cui alla norma richiamata.

Data

Firma

 

Fra le domande destinate a rimanere senza risposta ce n’è una in particolare che riguarda (ma è un problema più generale) la documentazione del traffico telefonico.

Il numero di utenti che invece di giocare con il WEB si rivolge preferibilmente alla posta elettronica sta crescendo sensibilmente con una conseguenza non trascurabile: collegamenti brevi ma frequenti

Il problema sta in ciò: la documentazione del traffico telefonico fornita da TELECOM in ottemperanza peraltro all’art.32 (intitolato Calcolo del traffico e documentazione degli addebiti)

inizia dalle telefonate la cui durata è superiore ai quattro scatti, proprio il tempo che più o meno si impiega per vedere se c’è posta.

Tanto per essere pratici, in un caso del quale mi sto occupando la bolletta telefonica di un’utenza sulla quale è stata chiesta la documentazione del traffico rivela una differenza sensibile fra il quello documentato (superiore a quattro scatti) e quello non documentato. L’utente, se i calcoli effettuati sono esatti, oltre alle telefonate “normali”, ne avrebbe dovuto effettuare una media di undici al giorno per un intero bimestre… non che questo non possa essere accaduto, il problema però è che non c’è la possibilità di controllare e se – nei termini prospettati dal Ministero e di cui parlerò fra poco – dovesse essere emanato il provvedimento per le agevolazioni tariffarie di cui tanto si parla si creerebbe una contraddizione difficilmente sanabile.

Tariffe agevolate

Ricorderete che qualche numero fa – a seguito dell’emanazione di un decreto ministeriale del 28 febbraio 1997 – mi occupai diffusamente del problema delle agevolazioni tariffarie per l’utenza Internet raccontando di quello che accadeva nelle varie riunioni che si sono tenute a Roma.

Ci eravamo lasciati al punto in cui il decreto avrebbe dovuto essere sostituito da un nuovo provvedimento che recepisse i suggerimenti e le critiche avanzate da molte associazioni telematiche, preoccupate ad esempio di dover consegnare a TELECOM il proprio abbonamento ad Internet per ottenere le agevolazioni, o del fatto che le offerte erano particolarmente farraginose e poco parametrate sulle esigenze reali degli utenti.

Il 15 settembre scorso c’è stata l’ennesima riunione per fare il punto della situazione indetta dal Ministero delle Poste… cosa è successo?

Alla presenza di tutti, o quasi, gli esponenti convocati fin dalla prima ora, l’On.Vita e il Dr. Rao hanno illustrato i passi avanti compiuti in questi mesi di faticose trattative e mediazioni con TELECOM.

Da quanto si è potuto capire la struttura del nuovo provvedimento – forse addirittura già approvato quando leggerete queste righe – dovrebbe essere questa:

·      l’utente indica un numero telefonico (quello del provider per esempio)

·      su quella linea – dietro il pagamento di un canone aggiuntivo – viene effettuato uno sconto direttamente in bolletta

·      destinatari del decreto dovrebbero essere le utenze provate e quelle utilizzate da associazioni non-profit,

·      per le aziende sarà necessario attendere futuri provvedimenti e mentre stanno per essere ritoccati verso il basso i costi delle CDN e della CDA.

La novità più significativa tuttavia è che le agevolazioni dovrebbero applicarsi – e speriamo che sia veramente così – a qualsiasi numero telefonico e non solo a chi chiama un provider.

In effetti, a pensarci un po’ su, agevolare i soli utenti di Internet – ancora una minoranza, quattro gatti, dice qualcuno – a scapito di categorie ben più estese e bisognose come quella degli audiolesi è fortemente discutibile… c’è da sperare che questa impostazione venga confermata.

Chi vivrà vedrà ma a parte tutto è evidente che il cardine del successo di questa iniziativa è costituito dall’importo del canone e dalla consistenza dello sconto; in altri termini, se per ammortizzare il canone devo rimanere attaccato al telefono un’ora in più al giorno tutti i giorni, l’effetto sulla bolletta potrebbe essere paradossale, per cui alla fine e in assoluto, pur risparmiando sui differenziali vado a spendere di più.

Per questo motivo le associazioni hanno – di comune accordo – richiesto l’applicazione di un canone minimo e di uno sconto abbastanza consistente in modo da scongiurare quel tipo di effetti collaterali. Rimane tuttavia il fatto, e qui mi ricollego al discorso della documentazione del traffico (art.32 D.M.197/97), che agli utenti che utilizzano frequentemente la posta elettronica, sarà impossibile controllare se lo sconto venga o meno applicato correttamente, visto che dovranno fidarsi ciecamente della parola del gestore pubblico. Se a questo aggiungete che quando c’è di mezzo un computer si può fare tutto e il suo, avete un quadro abbastanza chiaro della situazione.

Ciò nonostante forse questa è la volta buona per “migliorare” il nostro rapporto con il telefono e i “telefonisti”… speriamo! 

Un Autorità a mezzo servizio

In questo vorticoso giro di valzer fatto di tariffe, autoregolamentazioni, direttive comunitarie il ruolo di maestro di cerimonia spetta al Garante per le comunicazioni.

Di cosa si tratta? Sì, avete intuito bene, è l’ennesima Authority con la quale – dopo Antitrust, Editoria e Dati personali – i provider e gli utenti dovranno fare i conti… ma è bene cominciare dall’inizio e ricordare che nel nostro paese il settore delle TLC è vissuto per anni in condizioni molto particolare, con l’interesse dei più concentrato verso l’emittenza televisiva e la trasmissione di voci e dati soffocate da un monopolio che solo l’Unione Europea è riuscita ad incrinare.

In funzione dei nuovi scenari che sono di fatto già pronti per ospitare i nuovi attori era necessario ristrutturare il comparto a partire dalle fondamenta e quindi emanare una legge che ponesse fine alla selva normativa nella quale ci si è dibattuti.

Dovrebbe – o avrebbe dovuto – assolvere a questo scopo la legge 31 luglio 1997 n.249 Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo nota ai più come “Legge Maccanico” o, come ebbe a definirla un giornalista del settore, Maccanicum.

Prima di entrare nel merito vorrei fare alcune annotazioni formali: una legge di 26 pagine non può essere organizzata in soli SETTE articoli (due dei quali, il 6 e il 7, nella stessa pagina), e non è solo una questione di “ecologia del diritto” – come è stato definito questo rilievo – ma un fatto di sostanza e buon senso.

Mi ha favorevolmente impressionato, invece, che il legislatore sia riuscito quasi sempre a resistere alla tentazione di inserire in una Legge dello Stato termini da spot pubblicitario generalista come “multimedialità” (il teatro greco di Aristofane era più multimediale e interattivo di qualsiasi CD-ROM oggi in commercio) , usata solo tre volte e che non compaia affatto la parola Internet, fatti questi che sono invece stati esecrati da altri commentatori (vedi gli articoli di M.Cammarata su http://www.interlex.com)

Venendo al pratico, lo schema della legge è il seguente:

·      Art. 1 (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni)

·      Art. 2 (Divieto di posizioni dominanti)

·      Art. 3 (Norme sull’emittenza radiotelevisiva)

·      Art. 4 (Reti e servizi di telecomunicazioni)

·      Art. 5 (Interconnessione, accesso e servizio universale)

·      Art. 6 (Copertura finanziaria)

·      Art. 7 (Entrata in vigore)

La sensazione che si ricava leggendo i titoli di questi sette articoli è quella di essere di fronte non ad un progetto organico ma ad una serie di norme particolari che vanno a tappare questa o quella falla del sistema, attribuendo alla nascitura Autorità non solo poteri regolamentari ma anche di indirizzo politico.

Anche se in questa legge la parte del leone spetta all’emittenza radiotelevisiva, il settore dell’informatica – a partire dallo sviluppo di applicazioni fino alla prestazione di servizi on line – sarà fortemente condizionato (in bene o in male è ancora troppo presto per dirlo, anche se qualche idea in proposito me la sono già fatta).

Andando per ordine sparso (tenetevi forte, è dura anche per chi – come me – vive in mezzo a queste cose J), il n.5 lett. a) comma 6 dell’art.1 l.249/97 attribuisce alla Commissione per le infrastrutture e reti il compito di curare il “registro degli operatori della comunicazione” al quale si devono obbligatoriamente iscrivere …i soggetti destinatari di concessione ovvero di autorizzazione in base alla vigente normativa da parte dell’Autorità o delle amministrazioni competenti, le imprese concessionarie di pubblicità da trasmettere mediante impianti radiofonici o televisivi o da diffondere su giornali quotidiani o periodici, le imprese di produzione e distribuzione dei programmi radiofonici e televisivi, nonché le imprese editrici di giornali quotidiani, di periodici o riviste e le agenzie di stampa di carattere nazionale, nonché le imprese fornitrici di servizi telematici e di telecomunicazioni ivi compresa l’editoria elettronica e digitale; nel registro sono altresì censite le infrastrutture di diffusione operanti nel territorio nazionale

Tradotto ad uso dei telematici (ed escludendo categorie non “digitalizzate”) significa:

·      i provider

·      chi non essendo provider offre servizi telematici

·      chi pubblica in rete (con il particolare che allo stato – però – i Tribunali non concedono la registrazione alle testate telematiche) e non, anche in digitale (una curiosità, la legge parla di editoria elettronica e digitale… qualcuno mi spiega la differenza tecnica?)

Alla Commissione per i servizi e i prodotti il n.2 lett. a) comma 6 dell’art.1 il compito di emanare direttive concernenti i livelli generali di qualità dei servizi e per l’adozione, da parte di ciascun gestore, di una carta del servizio recante l’indicazione di standard minimi per ogni comparto di attività;

Tradotto per gli sviluppatori:

Nel realizzare un’applicazione (almeno di quelle destinate ai settori di cui sopra) si deve tenere conto:

·      degli standard di sicurezza previsti dalla legge sui dati personali (regolamento atteso per fine novembre 97)

·      degli standard fissati dalla Commissione per i servizi e i prodotti

·      delle indicazioni dell’Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione

per cui c’è da sperare che queste strutture si coordinino nel migliore dei modi altrimenti non si venderà un software manco a morire, oltre a rischiare – come già per la legge sui dati personali – di vedersi chiedere i danni da software sviluppato fuori legge.

Un rapido cenno al fatto che l’art.5 attribuisce all’Autorità il compito di far rispettare – con regolamentazioni apposite – i seguenti principi:

a) promozione di un mercato competitivo delle reti e dei servizi;

b) garanzia dell’interconnessione tra le reti e i servizi sui mercati locali, nazionali e dell’Unione europea;

c)garanzia di comunicazione tra i terminali degli utenti, ove compatibili, di non discriminazione e di proporzionalità di obblighi e di diritti tra gli operatori ed i fornitori.

E qui sarà interessante vedere cosa succederà con i vari gestori…

A completare il quadro, va ricordato che questa Autorità non è ancora stata materialmente messa in piedi e quindi le sue funzioni, almeno quelle urgenti, sono attualmente esercitate dal Ministero delle Comunicazioni (non più PPTT, dunque).

Sui contenuti mi fermo qui e passo rapidamente ad alcune considerazioni.

Francamente non invidio le persone che dovranno occuparsi di questo sforzo titanico, cercando di sopperire con l’impegno personale all’ennesima deficienza del legislatore Scrivendo della legge sui dati personali mi sono espresso in modo estremamente critico, segnalandone incoerenze ed astrusità difficilmente riscontrabili altrove… bene ora ho trovato quell’altrove ed è appunto ciò di cui stiamo parlando ora.

Non so se fra voi ci sia qualche appassionato di meteorologia, ma vorrei concludere raccontando una storia abbastanza nota in quell’ambiente che parla di una farfalla il cui battito d’ali mette in moto una serie di reazioni a catena per le quali dall’altra parte del pianeta si scatenano uragani.

Piuttosto che ad una farfalla questa legge la paragonerei ad un pterodattilo e quindi, se tanto mi da tanto…

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