di Andrea Monti – 12 gennaio 2021 – Originariamente pubblicato da Diritto di Internet
Le due sentenze del tribunale e della corte d’appello di Milano riscrivono i parametri per la valutazione della duplicazione di software nell’ambito di comportamenti decettivi privilegiando l’apparenza esterna (interfaccia e funzionalità) rispetto al tradizionale approccio basato sulla comparazione dell’analisi (progettazione) e del codice sorgente (realizzazione/modalità espressiva).
L’occasione perduta dalle sentenze, fondate quanto all’an su somiglianze esteriori dei due software oggetto di causa, è quella di indicare in che modo sono stati ritenuti superabili l’articolo 2 comma I n. 8 (che esclude dalla tutela autoriale “le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce. Il termine programma comprende anche il materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso” e l’art. 45 del D.lgs. 30/05 che, al comma II, esclude la proteggibilità dei metodi matematici (cioè degli algoritmi).
Gli effetti di queste decisioni sull’industria del software, storicamente basata proprio sulla replica di funzionalità, e sull’impianto della responsabilità nell’ambito del diritto industriale sono ancora tutti da valutare.
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