Non c’è bisogno di sapere di cosa si parla quando si scrive di computer. Basta seguire queste dieci regolette per catturare l’attenzione di media e aziende!
- sbandierate un’affiliazione accademica anche se non ha relazione con l’argomento di cui state parlando. Un’aura universitaria fa sempre figura,
- mettete in uno shaker le parole “AI”, “Cyber”, “virtuale”, “futuro”, “cinetico” e “minaccia” insieme a Vodka, Gin e Kina Lillet e agitate (per l’amore di Dio, non miscelate!). In questo modo otterrete un cocktail di parole meravigliosamente armonizzato che soddisfa tutti i gusti… e non dimenticata la fetta di limone, naturalmente!
- tenetevi alla larga dai fatti e basate le vostre peregrinazioni su ciò che i signori del marketing ICT scaricano sul mercato,
- scrivete in inglese, anche se a malapena parlate la vostra lingua madre. E se non potete permettervi un traduttore professionista per esprimere le vostre idee (?) usate Google Translate. E’ il messaggio quello che conta, non il modo in cui è espresso. D’altra parte, non vi piacerebbe sembrare come uno di quegli scienziati russi o tedeschi che, ai bei tempi, erano presi sul serio in Occidente anche per via dello forte accento nativo?
- cominciate (e continuate) a parlare di “scenari strategici”, “intelligence” e “lezioni apprese” dal vostro (e ovviamente autorevole) punto di vista,
- cercate, a tutti i costi, di comparire in fotografie insieme a chiunque indossi un’uniforme (meglio se ufficiale superiore). Non c’è bisogno di conoscerlo,
- utilizzate solo parole vuote, alle quali ciascuno può attribuire il significato che preferisce. D’altra parte, non è quello che vi hanno insegnato al seminario di programmazione neurolinguistica?
- Parlate solo ed esclusivamente del passato e del futuro. Mai, per nessuna ragione, occupatevi del presente,
- Violentate le statisitiche. Meno ne sapete, meglio riusicirete a far si che i numeri mentano al vostro posto,
- Utilizzate il paralogismo Post hoc come strumento standard per le vostre analisi. Correlazione non significa Causazione, ma… a chi importa?
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