Interlex n. 79
di Andrea Monti
Il corpus normativo che incarna la disciplina del documento informatico e della firma digitale è estremamente complesso e richiede all’interprete una grande prudenza ermeneutica nel coordinare fonti di rango, natura e provenienza diversa.
Le cose sono complicate dal fatto che a fianco di rinvii a provvedimenti di rigorosa matrice giuridica, infatti, il testo del DPCM 8 febbraio ’99 invoca in più momenti l’applicazione di standard tecnici (norme ITSEC, standard ITU e via discorrendo) operando una sorta di “recezione” che li fa diventare oggetto di quel “nemo censetur ignorare legem”.
Fuor di metafora, è evidente che la conoscibilità piena della legislazione in questa materia richiede necessariamente anche la cognizione del contenuto dei documenti di carattere tecnico che invece di essere trascritti nel DPCM (o aggiunti in un allegato) sono semplicemente “linkati”. Si pone dunque il problema di reperire questo materiale che però – a differenza dei testi normativi – non è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, ma può spesso essere ottenuto dietro il pagamento di somme non banali perché, non essendo un testo legislativo, è tutelato dalla legge sul diritto d’autore e quindi non riproducibile liberamente.
Il risultato pratico di questa situazione è che per conoscere integralmente la legge il cittadino non deve più limitarsi alla Gazzetta Ufficiale ma deve iniziare un lungo e costoso pellegrinaggio. Poco importa che i soggetti potenzialmente interessati a conoscere certi elementi tecnici siano aziende in grado di sostenere certi costi, quando non già in possesso della suddetta documentazione. Il problema è più generale e riguarda il tema del libero accesso alle fonti del diritto, argomento che si rivela sempre più attuale e che richiede soluzioni urgenti.
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