Computer Programming n.ro 75 del 01-12-98
di Andrea Monti
Una sentenza americana mette sul tappeto la questione dello shareware: è proprio vero che lo si può distribuire come si vuole senza incorrere in nessun problema? E qual’è la situazione dalle nostre parti? Decine di editori rischierebbero – più o meno inconsapevolmente – di trovarsi le forze dell’ordine in casa, ma i diritti dei programmatori indipendenti non sono tutelati quanto quelli delle major.
Si tratta di soggetti potenti e radicati nel territorio, che operano alla luce del sole e nella più totale immunità. Ogni mese centinaia di migliaia di CD inondano i mercati violando spudoratamente i diritti dei programmatori e causando danni economici di portata clamorosa.
Stranamente una situazione così palese non ha mai suscitato l’interesse e poi l’attenzione delle forze dell’ordine e dunque riviste, periodici, internet provider, continuano ad abusare del lavoro di tanti ignoti sviluppatori allegando a giornali e kit di accesso alla rete raccolte di programmi shareware.
Queste affermazioni possono sembrare paradossali, ma al di là della (voluta) enfasi evidenziano un problema di una certa consistenza che può essere sintetizzato come segue: è legale distribuire delle raccolte di programmi sharware o freeware?
“Ma come” potrebbe dire qualcuno “le raccolte che trovo in edicola, negli Internet Kit e praticamente dovunque sono fuori legge? Ma se lo fanno tutti!”
No, non sono improvvisamente uscito di senno, per lo meno non tanto da cominciare a pormi domande prive di senso, il fatto è che
Questa è l’interpretazione che si può dare di una recente sentenza emanata da una corte distrettuale dell’Illinois che ha condannato un’azienda che commercializza raccolte di programmi uscieri west per violazione dei diritti d’autore di una casa di cui i giochi erano stati inclusi appunto in una delle raccolte.
Il fatto
La Storm Impact distribuisce le versioni shareware di due giochi secondo i il noto meccanismo della limitazione funzionale dei programmi, che viene rimossa con l’acquisto di una chiave di registrazione. Queste versioni dei giochi sono messe a disposizione degli utenti senza alcun costo aggiuntivo, ma ne è vietata la distribuzione o l’uso a scopo commerciale. In particolare la policy della software house stabilire il divieto di copiare i programmi che su una pc di. La software of the month club una produttrice di raccolte di programmin shareware nonostante questo di digito e include ugualmente i giochi della storm impact in una raccolta che poi viene liberamente venduti.
A questo punto la storm impact si rivolge alla corte distrettuale del distretto settentrionale dell’Illinois sostenendo di avere subito la violazione dei propri diritti d’autore e quindi di avere diritto ad un risarcimento dei danni. La tesi è che sinteticamente la seguente: poiché includere un programma fino una raccolta su CD crea disagio agli utenti i quali prima pagano il prezzo è che poi scoprono che per utilizzare pienamente i programmi i contenuti devono pagare nuovamente. A questo inoltre si aggiunge il fatto che la storm impact aveva esplicitamente vietato la redistribuzione su CD.
La difesa del produttore della raccolta è basata sull’assunzione, tanto frequente quanto sbagliata, che se una cosa è liberamente disponibile sulla rete allora se ne può fare ciò che si desidera e che quindi il divieto della storm impact in questo caso non opera.
Il giudice riconoscendo che fondate le ragioni della casa produttrice di videogiochi ha condannato il produttore della raccolta.
Qualche considerazione
Questo caso offre diversi spunti di riflessione.
In primo luogo, con buona pace dei sostenitori del ciberspazio, metaverso, realtà separate di varia e natura, il giudice americano ha ritenuto pienamente applicabile la leggi anche al caso in questione contribuendo a ribadire ancora una volta come la rete tutto sia, fuorché una dimensione parallela.
In secondo luogo vengono dirottati molti dei dubbi che affliggono la mente di molti quando si parla di modalità alternative di utilizzo dei diritti d’autore. Accanto troppo spesso l’affermazione secondo la quale il software shareware può essere distribuito al solo prezzo di costo dei supporti o addirittura gratuitamente, viene travisata fino a far rientrare i automaticamente all’interno di questo limite anche la distribuzione su periodici o alla commercializzazione tramite raccolte.
Normalmente infatti gli autori di consentono la distribuzione gratuita del software a patto che chi lo fa non ne tragga alcun utile diretto o indiretto; è evidente questo non accade quando questi programmi finiscono in una raccolta e a maggior ragione quando questa raccolta viene venduta insieme ad una rivista.
In primo luogo bisogna considerare che una raccolta di programmi acquista un valore ha avuto una rispetto ai singoli programmi, come nel caso in cui gli trovarsi di fronte ad una selezione ragionata di programmi da impiegare in rete. Invece di impazzire cercando qua e là l’applicativo che mi occorre che poi occuperà comunque spazio su disco o sui supporti removibili sarei molto più vantaggioso che qualcuno mi fornisce in un colpo solo client di posta elettronica, chat, FTP, crittografia, internet phone e via discorrendo.
Anche facendo finta di ignorare che il costo di questa raccolta non corrisponde al semplice costo di produzione dei supporti rimane il fatto che “l’effetto collezione” consente un chiaro impiego commerciale.
Questo è ancora più ovvero quando si passa alle riviste sia il caso in cui il prezzo della testata è differenziato a seconda della presenza o meno della raccolta di programmi, sia, ed è peggio, nel caso in cui formalmente e il CD di non provoca alcun aumento di prezzo. In quest’ultimo caso si manifesta ancora più pesantemente l’utilizzo commerciale e dei programmi che infatti vengono usati per attirare clientela o lettori. Non ci vuole molto a capire che fra due riviste di pari costo verrà privilegiata quella con il CD allegato.
Identico discorso vale a IRC fornitori di accesso ad internet che insieme agli abbonamenti distribuiscono spesso centinaia di mega in programmi.
In qualche caso c’è stato chi si è preoccupato di leggere preventivamente tutte le licenze d’uso dei programmi che andava a distribuire per verificare l’se l’inclusione in una raccolta potesse creare problemi oppure no, o addirittura chi si è preoccupato di stipulare apposito accordi di licenza ma quanto pare si è trattato dei si tratta ancora di vere e proprie mostre di anche.
Le conclusioni che si possono trarre da questo ragionamento sono abbastanza chiare (e tristi): la battaglia per la tutela dei diritti dei programmatori sembra essere combattuta solo in favore delle grandi case, mentre i programmatori indipendenti sono letteralmente abbandonati a loro stessi. Eppure la struttura della legge sul diritto d’autore non richiede che qualcuno denunci la duplicazione abusiva, dato che la magistratura potrebbe attivarsi anche autonomamente, ma ciò a quanto pare accadde esclusivamente a favore delle major.
“campagne di guerra”
Ho fatto queste considerazioni durante l’annuale pellegrinaggio allo SMAU quando ho avuto modo di intrattenere abbastanza a lungo con a una responsabile della ditta s a, l’associazione che in Italia riunisce quattro o cinque case produttrici di software e che si occupa di coordinare la lotta alla duplicazione abusiva.
In è più di un’occasione anche su queste pagine ho espresso critiche molto serrata al modo di operare di questa associazione (che in alcuni casi mi hanno portato ad essere oggetto di attenzioni poco “simpatiche”) con particolare riferimento ai sistemi adottati per a raggiungere lo “scopo sociale”.
Forse è non c’è bisogno di ripeterlo ancora una volta, ma scanso di equivoci vorrei che fosse chiaro che in nessun modo sostengono il diritto di provocare danni economici ai programmatori i cui guadagni dipendono. Dal fatto che si percepiscono le royalty sui prodotti realizzati, altro trasformare una causa in una crociata e be in nome di questa addotta comportamenti e usino istintivamente divisibili “e preoccupanti”.
Mi riferisco in primo luogo alla campagna di delazione sistematica organizzata dalla PDS a che consiste come fosse saprete nelle distribuire moduli contenenti l’invito a segnalare i casi di duplicatore abusivi nei confronti dei quali poi far intervenire l’autorità giudiziaria. A tacere d’altro siamo di fronte ad una palese violazione della legge sui dati personali che sarebbe interessante sapere cosa ne pensa il relativo Garante.
Un altro punto all’dolente è la comunicazione parziale e imprecisa che viene diffusa verso gli utenti finali l’anno scorso facevano bella mostra di sé manifesti con navi delle manette che campeggi davano in primo piano le scritte del tipo “rischi la galera se copy software”. Quest’anno allo SMAU i creativi della BSA hanno cambiato tono con l’immagine di un mirino telescopico sul quale c’è scritto in “Pronto fa sparare” puntato su una mano che regge un dischetto la dicitura che poi veramente inquietante: “aziende e professionisti che duplicate illegalmente il software, si mette nel mirino.”
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