Nessuno, di questi tempi, ha voglia di ascoltare spaccamenti di capello in quattro da azzeccagarbugli. Ma quando questa vicenda sarà finita, i sopravvissuti dovranno farsi qualche domanda sul modo in cui la legislazione dell’emergenza (NON) ha funzionato, del rischio che hanno corso le istituzioni democratiche e di quanto il mostro della burocrazia non abbia rinunciato a pretendere i sacrifici che lo tengono in vita.
Il caso dell'”autocertificazione” del percorso e dei motivi che giustificano l’allontamento da casa è il caso più lampante.
Innanzi tutto, non si tratta di una “autocertificazione” perchè questo istituto serve a informare la pubblica amministrazione che determinate informazioni sono gia a sua disposizione. Basta leggere l‘art. 46 del DPR 445/00 e confrontarlo con il modulo reso disponibile per capirlo.
Ma, si potrebbe dire, alla fin fine quando dichiaro le mie generalità e il mio indirizzo sto autocertificando la mia data di nascita e la mia residenza. Certo, ma allora l’operatore di polizia che esegue il controllo non dovrebbe chiederci il documento di identità perchè “dovrebbe fidarsi”. Dunque, semmai e sempre stando al modulo, siamo di fronte a un'”autodichiarazione” che rientrerebbe nell’art. 47 del DPR 445/00 il cui testo recita
Articolo 47 (R) Dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorieta’
1. L’atto di notorieta’ concernente stati, qualita’ personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato e’ sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalita’ di cui all’articolo 38.
2. La dichiarazione resa nell’interesse proprio del dichiarante puo’ riguardare anche stati, qualita’ personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza.
…
Ma, tocca osservare innanzi tutto: che vuol dire “auto” dichiarazione? Una dichiarazione è tale, senza bisogno di prefissi. Forse che nel sistema giuridico esistono “eterodichiarazioni” e dunque si pone la necessità di distinguerle dalle prime?
In secondo luogo: la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà rileva nell’ambito del procedimento amministrativo, cioè se “chiedo qualcosa” alla pubblica amministrazione, e questa – per rispondermi – ha bisogno di avere informazioni. Quindi, nemmeno l’art. 47 del DPR 445/00 si può applicare.
Ma allora che senso – e che valore ha – questa “autodichiarazione” imposta per i controlli?
Intanto, non è “imposta” da una legge, ma in ogni caso non può sostituire la verbalizzazione che l’operatore di polizia è obbligato a predisporre nel corso del controllo, perchè il “verbale” è un atto “a fede privilegiata” dei fatti che documenta.
E già che parliamo di “documentazione” dei fatti, il famigerato “modulo di autodichiarazione” contiene dichiarazioni superflue e/o impossibili da rendere:
- la legge non ammette ignoranza, quindi tutte le “dichiarazioni di scienza” relativa alla normativa in vigore e ai relativi obblighi sono inutili,
- l’unico modo di sapere “di non essere sottoposto alla misura della quarantena” e di “non essere risultato positivo al COVID-19” è quello di avere fatto il tampone e di essere risultato negativo (alla data del prelievo, peraltro). Non è possibile, dunque, dichiarare quanto “richiesto” dal modulo.
Per concludere, qualche nota di colore sul burocratese del modulo.
L’urgenza è urgenza senza se e senza ma. Qualificarla come “assoluta” è inutile perchè se posso evitare di fare qualcosa, allora questo qualcosa non è “urgente”. Sento riecheggiare il famoso “obbligo flessibile di vaccinazione” concepito nell’era – speriamo oramai definitivamente conclusa – NoVax.
Il COVID-19 è definito dalla medicina e non dalla legge. Ma il modulo tuona:
dichiara di non essere risultato positivo al COVID-19 di cui all’articolo 1 comma 1 lettera c) del Decreto del Preidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2020.
Come se, à la Lysenko, la legge potesse plasmare la realtà e non il contrario (e lo scoprirono tragicamente i Russi, dopo che il Partito applicò le teorie scientifico-marxiste dell’agronomo di Stalin).
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