Pubblico impiego – Casella di posta elettronica dell’amministrazione concessa in uso al dipendente – domicilio informatico soggetto a jus excludendi – sussiste
La casella di posta elettronica concessa in uso al dipendente pubblico, ove protetta da password, costituisce “domicilio informatico” e come tale non è accessible nemmeno dal superiore gerarchico.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sezione II penale
composta da
dott. Antonio Prestipino Presidente
dott. Gallo Domenico
dott. Giacomo Fumu
dott. Margherita B. Taddei Relatore
dott. Roberto Maria Carrelli Palombi di Montrone
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
TIZIA, nata il XXXXXXXXX
avverso la sentenza 2434/15 della Corte d’appello di Milano, 5a sezione penale;
- visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
- udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
- udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, Francesco Mauro
- Jacoviello , che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata
- udito per l’imputata, l’avv. Lorenzo Giua, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
MOTIVI della DECISIONE
1.
Con sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Milano in riforma della sentenza del Tribunale di Busto Arsizio del 17 novembre 2014, assolveva TIZIA dal reato di cui all’art.615 ter cod.pen. perché il fatto non sussiste rideterminando la pena per il reato di cui all’art.635 bis cod.pen.
1.1
La difesa della TIZIA ha proposto ricorso per cassazione deducendo :
a) violazione dell’art.606 comma 1 lett.c) ed e) c.p.p. e degli artt.516,520,521 per la mancata correlazione tra l’imputazione e la sentenza;
b) violazione dell’art.606 comma 1 lett. b) ed e) per mosservanza ed erronea applicazione dell’art.635 bis cod.pen. e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla natura delle e-mail cancellate e alle modalità di recupero delle stesse;
c) violazione dell’art.606 comma 1 lett.b) ed e) per inosservanza del disposto di cui all’art.533 cod.proc.pen. per il ragionevole dubbio sulla sussistenza dell’art.635 bis cod.pen.
2.
Il ricorso è fondato e deve essere accolto : la sentenza va,pertanto, annullata senza rinvio con conseguente eliminazione delle statuizioni civili.
2.1
L’art.635 bis del codice penale prescrive,come elemento essenziale della fattispecie criminosa ,che le informazioni,i dati o 1 programmi informatici interessati dalle condotte manipolative siano “altrui” ovvero appartengano ,in esclusiva, ad un soggetto diverso da chi pone in essere la condotta illecita : pertanto, preliminare alla disamina di ogni altro aspetto della vicenda manipolativa dei dati informatici, è il rilievo dell’ effettiva “altruità” dei dati informatici che si assumono cancellati.
2.2
A tale proposito g10va ricordare in quali termini la Corte territoriale ricostruisce la condotta dell’imputata ,affermando che ” il fatto storico è stato proprio quello di “soppressione” di corrispondenza di carattere professionale destinata all’Edam e a lei ( alla P J pervenuta nell’ambito delle sue mansioni, sul presupposto pacifico tra le parti che il giorno del licenziamento l’imputata si era introdotta con la propria password nel p.c. a lei destinato dall’azienda per lo svolgimento del lavoro affidatole….. ” (vedi pag.2) .
2.3
Ciò porta ad escludere la natura di altruità ,intesa, in termini penalistici , come appartenenza esclusiva,dei dati di posta elettronica ricevuti dalla P nello svolgimento della personale attività lavorativa , sia pure quale dipendente della ”E ” Milita a favore della condivisione dell’appartenenza con il dipendente, dei dati informatici di posta elettronica, il particolare regime giuridico che ,la condivisibile giurisprudenza di questa Corte ,riconosce al particolare ambito del sistema informatico ,riservato al dipendente come propria casella di posta elettronica – protetta da password individuale : a tal proposito é stato già affermato che integra il reato di cui all’art. 615 ter cod. pen. la condotta di colui che accede abusivamente all’ altrui casella di posta elettronica trattandosi di una spazio di memoria, protetto da una password personalizzata, di un sistema informatico destinato alla memorizzazione di messaggi, o di informazioni di altra natlli’a, nell’esclusiva disponibilità del suo titolare, identificato da un account registrato presso il provider del servizio. In motivazione la Corte di cassazione ha precisato che anche nell’ambito del sistema informatico pubblico, la casella di posta elettronica del dipendente, purché protetta da una password personalizzata, rappresenta il suo domicilio informatico sicché è illecito l’accesso alla stessa da parte di chiunque, ivi compreso il superiore gerarchico ( n.13057 del 2015 rv 266182 ) . Proprio il potere di “esclusiva” ed “escludente” riservato al titolare della casella di posta elettronica avvalora la appartenenza dei dati informatici con conseguente esclusione della fattispecie di cui all’art.615 bis cod.pen. in caso di cancellazione degli stessi.
La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rmv10 e ,quale conseguenza dell’annullamento, vanno eliminate le statuizioni civili
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non sussiste ed elimina le relative statuizioni civili.
Così deciso in Roma , il 29 aprile 2016
Il Consigliere estensore Il Presidente
M.B. Taddei A. Prestipino
Depositato in cancelleria oggi, 15 settembre 2016
Il Cancelliere
Daniele Colapinto
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