di Andrea Monti – PC Professionale n. 84
Ricorderete che l’anno scorso suscitò scalpore la sentenza con la quale il Pretore di Cagliari aveva assolto il legale rappresentante di un’azienda dall’accusa di avere duplicato abusivamente del software in violazione dell’art.171 bis della legge sul diritto d’autore.
In sintesi, il giudice si è basato su questo ragionamento: la norma punisce la duplicazione a scopo di lucro, cioè la riproduzione finalizzata al conseguimento di un utile patrimoniale. L’uso di una copia non autorizzata consente invece soltanto un risparmio di spesa che giuridicamente si qualifica “profitto”; ne consegue che se non viene dimostrato l’incremento positivo della sfera economica dell’imputato (in altri termini se non si prova che ci guadagna vendendo copie) il reato in questione non si può configurare.
Sulla stessa lunghezza d’onda si pone ora il Pretore di Bologna, che il 24 febbraio scorso ha assolto per le stesse ragioni un imprenditore nella cui azienda erano stati utilizzati molti pc con del software irregolare.
Si tratta di una decisione molto importante perché segna di fatto il recepimento di un indirizzo interpretativo della legge sulla tutela del software che ne tempera la formulazione troppo rigida e penalizzante.
A scanso di equivoci, è bene ribadire anche in questa sede che nessuno sta affermando il diritto (paradossale) di privare gli sviluppatori dei loro sacrosanti diritti sui programmi, ma è altrettanto vero che non è concepibile che la duplicazione abusiva venga punita con pene superiori a quelle comminate per l’omicidio colposo plurimo.
Nonostante queste due sentenze, tuttavia, rimangono ancora molte zone oscure da illuminare come la possibilità di contestare insieme all’art.171 bis l.d.a. anche l’art. 171 della stessa legge (che non prevede né il fine di lucro né quello di profitto) o il reato di ricettazione (punito con una pena che va da due a otto anni).
Altra nota dolente riguarda i metodi di acquisizione della notizia di reato (cioè il modo in cui l’Autorità Giudiziaria viene a conoscenza della commissione di un illecito) con particolare riferimento al ruolo di associazioni di categoria (come bsa) delle quali sarebbe opportuno conoscere esattamente il modus operandi.
In attesa che atri processi consolidino definitivamente – almeno si spera – le importanti decisioni della magistratura cagliaritana e bolognese, non resta che tirare un sospiro di sollievo per la sconfitta di quanti hanno condotto una vera e propria campagna di terrorismo psicologico diretta a far prevalere gli interessi economici sulle ragioni del diritto.
Qualche volta la giustizia funziona.
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